Classificare il dominio della comunicazione
secondo la teoria dei livelli di integrazione

Enzo Cesanelli



Estratto e adattato dalla tesi discussa dall'autore all'Università di Trieste il 18 aprile 2008 per la laurea in Scienze della comunicazione, relatore prof. Anna Rosa Rugliano, correlatore dott. Claudio Gnoli, anno accademico 2006-2007. Studio realizzato nell'ambito del progetto Integrative level classification <ilc@mate.unipv.it>.


Sommario

Introduzione
Organizzazione e rappresentazione della conoscenza
Le teorie e i sistemi della classificazione
I sistemi di classificazione sociale
Interdisciplinarità e unità informativa
Teoria dei livelli di integrazione
I livelli estesi e ramificati di Feibleman
La stratificazione del mondo reale di Hartmann
La classificazione a livelli d'integrazione
Il luogo di definizione univoca
La teoria dei livelli di integrazione e l'analisi a faccette
Il progetto di ricerca ILC
Il dominio della comunicazione
La comunicazione nelle classificazioni esistenti
Gli articoli di Undicom
Conclusioni
Ringraziamenti
Bibliografia

 



Introduzione

Alcuni anni fa, quando ancora ero uno studente universitario a tempo pieno, ero coinvolto in un'esperienza di associazionismo studentesco in cui mi occupavo, insieme ad altri colleghi, dell'edizione di Undicom, un periodico dedicato alla comunicazione. Trattandosi di un'iniziativa non profit, non mancava occasione in cui non cercassi di coinvolgere altri studenti.

Per spiegare di cosa si occupasse il giornale, ero solito argomentare con un semplice "di comunicazione".

Non passò molto tempo, però, che un altro studente mi fece notare come "tutto può essere comunicazione". A seguito di questa semplice e condivisibile osservazione, perfezionai la formula in un più articolato "il giornale si occupa di qualunque argomento, purché ne siano indagati gli aspetti o i processi comunicativi sottesi e, in generale, possa interessare i comunicatori, ovvero studenti, docenti o professionisti che si occupano di comunicazione".

Avevo quindi trovato una perifrasi con cui evitavo di spiegare che cosa si intendesse per comunicazione, spostando l'attenzione sulle dinamiche implicite e i conseguenti effetti della comunicazione e sul target dei potenziali destinatari. Indicavo la comunicazione senza parlarne direttamente.

Questa formula era comunque sufficientemente chiara da rendere possibile un dialogo con gli altri collaboratori permettendo così di avere una comune, benché approssimata, linea editoriale.

Questo breve e romanzato stralcio di vita personale serve ad illustrare le motivazioni che mi hanno portato a questo lavoro di ricerca. Infatti, proprio l'incapacità di dare una rappresentazione, al tempo stesso, esaustiva e sintetica della comunicazione, mi ha avvicinato alle problematiche dell'organizzazione della conoscenza. A guardare in questa direzione, in verità, mi ha spinto anche una questione molto più concreta: poter classificare coerentemente e mettere in relazione semantica gli articoli del sito web di Undicom, evoluzione e controparte digitale del periodico cartaceo.

 



Organizzazione e rappresentazione della conoscenza

"Una corretta rappresentazione [di qualunque fenomeno o complesso di fenomeni] richiede sia di sapere come le cose sono, sia di rilevare le modalità in base alle quali sappiamo che le cose sono fatte in un certo o in certo altro modo". [Roberto Poli, 2000]

Una teoria della rappresentazione necessita quindi sia di un ancoramento ontologico sia di un ancoramento cognitivo, dove il termine ancoramento è preferibile ad un più tradizionale fondamento o fondazione per due motivi: il ricorso a strutture di natura ontologica e cognitiva è indispensabile ma non singolarmente sufficiente (serve infatti un ulteriore livello che li metta in correlazione) cosicché il legame che s'instaura tra fenomeni e loro rappresentazione e diverse rappresentazioni dello stesso fenomeno risulta essere un legame debole che non giustificherebbe appunto l'uso del termine fondamento. In secondo luogo perché l'ancoramento può essere di natura molteplice mentre il fondamento è per sua stessa natura esclusivo e univoco.

Possiamo pertanto delineare due diversi spazi di rappresentazione.

Lo spazio cognitivo è contenutisticamente caratterizzato e formalmente dotato di una natura topologica: è uno spazio di descrizione dove gli oggetti sono intesi come interi e dove prevale un punto di vista sintetico e olistico.

Il secondo spazio si caratterizza invece come spazio di modellazione in cui gli oggetti vengono analizzati mediante un processo di scomposizione in tratti, elementi o aspetti costitutivi che li compongono e di una successiva ricostruzione di quegli stessi interi dati nello spazio di descrizione. In questo caso la struttura formale è prevalentemente di tipo logico.

Questi due spazi, di descrizione e di modellazione, non sono tra loro indipendenti ma costituiscono uno strumento teorico più maneggevole con cui analizzare la stessa situazione.

Nell'affrontare la questione dell'organizzazione della conoscenza si tratta cioé di porre l'accento rispettivamente sull'oggetto e sul soggetto della conoscenza. Due opposte prospettive che la riflessione filosofica ha affrontato sin dalle sue origini e che può essere sintetizzata nelle due tesi di:

  1. Analisi ontologica, dal basso in alto della conoscenza, dove l'ontologia si risolve in una teoria degli oggetti.
  2. Sintesi funzionale, dall'alto in basso, dove l'oggetto si riduce a terreno e risultato dell'applicazione degli schemi cognitivi.

Ad accomunare entrambe le prospettive è la capacità interna di vedere lo stesso oggetto da molteplici e differenti punti di vista che hanno bisogno di una qualche organizzazione.

Nel caso dell'analisi ontologica degli strati della realtà, in termini molto generali, è possibile distinguere quattro strati ontologici fondamentali (materiale, psicologico, sociale, ideale). Ogni strato è divisibile in diverse regioni teoretiche, ciascuno con sue categorie, e fra i diversi strati ci sono specifiche forme di dipendenza e di sovraformazione.

Per definire, invece, il modo in cui la conoscenza si costituisce e si organizza nell'esperienza soggettiva è indispensabile partire dal riconoscimento di alcune abilità generali dell'essere umano sulle quali si sviluppano poi le procedure cognitive di oggettivizzazione della realtà.

La capacità di stabilire relazioni, per fare confronti o per effettuare schematizzazioni (ovvero utilizzare una struttura per categorizzarne un'altra). La capacità di effettuare raggruppamenti per similarità, vicinanza, contiguità e di manipolare come entità unitarie i gruppi così formati. La capacità di "scanning" mentale, sia esso sequenziale, sommatorio, direzionale, riguarda il modo in cui ci rivolgiamo alla scena osservata. La capacità di elaborare "pattern" schematici come strutture di tipo sorgente-percorso-destinazione, contenente-contenuto, centro-periferia. La capacità di elaborare metafore, ovvero la strutturazione e la comprensione di un dominio in riferimento a qualche altro dominio più basilare.

La descrizione cognitiva, che tutte queste capacità coinvolge, si fonda sul requisito preliminare della geometrizzazione della descrizione stessa: si pensi alle espressioni metaforiche di "spazio semantico" o "spazio di rappresentazione". Il requisito della spazialità, per dirla alla Musatti, è quindi condizione necessaria della rappresentabilità degli oggetti tale da permettere che l'oggetto divenga sinonimo di regione in uno spazio di rappresentazione. Geometrizzazione che coincide con le condizioni di costruzione di una topologia. In entrambi i casi diventano fondamentali le condizioni che esprimono la prossimità tra due oggetti quali punti, indici, qualità.

Proprio per il suo punto di vista sintetico e olistico, l'impostazione topologica sembra essere più sensibile e intuitivamente più vicina ai fenomeni sotto osservazione. Purtroppo, sempre per questa natura sintetica in grado di cogliere l'insieme dei fattori in un'unica immagine, la descrizione cognitiva soffre di una forte ineffettualità.

Allo stato attuale della ricerca, nessuna delle due prospettive sembra essere riuscita a prevalere sull'altra permettendo di giungere a conclusioni univoche. Non è pertanto dato sapere se sarà possibile ricorrere esclusivamente ad un approccio logico-ontologico o uno cognitivo-topologico. Se mai si potrà effettuare una scelta di questo tipo, non potrà sicuramente prescindere da una descrizione fenomenologica dei fenomeni quanto più ricca ed esaustiva possibile.

In quest'ottica un coinvolgimento di entrambe le prospettive non può che risultare di indubbia utilità.

 



Le teorie e i sistemi della classificazione

Uno schema di classificazione bibliografica è composto da riferimenti sintetici (indici) ai documenti interi, organizzati in alberi gerarchici (tassonomie) che ne esplicitano le relazioni, prevalentemente di tipo gerarchico ma anche di altro tipo nel caso di classificazioni "a faccette". La notazione è l'aspetto che contraddistingue uno schema di classificazione da una semplice tassonomia e consiste nel far corrispondere ad ogni voce un simbolo costituito da cifre, lettere e segni di punteggiatura, allo scopo di produrre una successione conveniente, ovvero in grado di esprimere correttamente la correlazione dei concetti coinvolti.

Nei sistemi di classificazione tradizionali (detti anche tassonomie tradizionali o sistemi enumerativi), ogni elemento è classificato sotto una e una sola categoria. Esso possiede una corretta e univoca collocazione all'interno di un unico schema, ampio e gerarchicamente molto profondo, e può essere ritrovato attraverso un percorso a gradini categoria padre > categoria figlio. (Giovanni M. Sacco definisce le tassonomie tradizionali come dei codificatori di proprietà che, partendo dalla categoria-padre generano via via categorie-figlie mediante l'aggiunta di nuove proprietà). Si tratta quindi di un approccio alla classificazione di tipo top-down.

Un sistema di questo tipo è quindi monodimensionale (il criterio di classificazione è unico), e molto esteso in verticale -- seppure sia possibile cercare al suo interno attraverso più modalità (comunque limitate: essenzialmente, titolo, soggetto, autore).

Questi sistemi costituiscono una sorta di `recipienti' chiusi, disposti in sequenza, e concepiti in forma di matrioska (sistema di scatole nelle scatole, con forte gerarchizzazione). Rappresentano "a universe of knowledge which is divided into successively narrower and more specific subjects" [The Web Librarian] ed è proprio per questo che mostrano una certa inadeguatezza nell'esprimere soggetti composti e nel saper rendere con prontezza nuovi soggetti. Esempi di schemi gerarchico-enumerativi sono la Classificazione Decimale Dewey (DDC), la Classificazione Decimale Universale (UDC) e la Classificazione della Library of Congress (LC).

Uno schema è detto sintetico, invece, quando i soggetti possono essere espressi per combinazione di elementi. La Classificazione Decimale Dewey, anche se principalmente è da considerarsi enumerativa, fa passi verso uno schema maggiormente sintetico.

La classificazione a faccette è uno schema analitico-sintetico. È analitico perché suddivide gli elementi più estesi in singoli concetti che sono chiaramente definiti attraverso l'analisi a faccette. Ed è sintetico in quei nuovi elementi che possono essere sviluppati.

Alla verticalità dei sistemi di catalogazione tradizionali (ad es. eccessiva ramificazione in profondità delle gerarchie), e alla loro rigidità, la classificazione a faccette contrappone un sistema di classi (faccette) orizzontale e aperto (laddove ciascuna faccetta è descrittiva di una proprietà o faccia dell'oggetto).

 



I sistemi di classificazione sociale

L'alfabetizzazione informatica sempre maggiore e la possibilità di accedere ad Internet da parte di milioni di persone nel mondo ha innestato un processo di produzione di massa di contenuti rendendo disponibile una quantità di testi, foto, musica e video tale che mai si era verificata nella storia dell'umanità.

Dall'anno 2003 circa in avanti, l'umanità è entrata in quella fase della comunicazione digitale ormai comunemente identificata con la definizione di Web 2.0, in cui applicazioni e siti web mettono al centro, rendendolo fulcro dell'interazione, l'utente finale.

Il baricentro si è spostato dall'editore o, in generale da chi eroga il servizio, all'utente finale. Ed è dall'interazione diretta e non filtrata tra gli utenti che deriva l'innovativo valore aggiunto della nuova generazione di applicazioni web, non solo in termini economici ma anche in termini sociali e culturali.

I servizi di Social Networking (MySpace, FaceBook, LinkedIn, YouTube, Last.fm, Diggit, Technorati, Newswine solo per citare i più famosi) testimoniano la tendenza ormai consolidata di un web della partecipazione e dell'interazione sempre più profonde.

Uno degli effetti non secondari di questo nuovo comportamento di massa è stato quello di rendere consapevoli, prima i professionisti e poi gli utenti finali, dell'esigenza di identificare e raggruppare tali contenuti in base all'argomento trattato, insomma, di classificarli a fini di un successivo e agevole recupero delle informazioni (information retrieval).

Abbiamo così assistito alla fulminante diffusione della social classification ovvero della prassi di attribuire ai contenuti digitali alcune parole-chiave (keyword o tag) con cui etichettare (in inglese tagging) ed identificare in maniera sintetica gli argomenti trattati.

Risultato dell'aggregazione dei tag sono le folksonomy (contrazione di folk e taxonomy), ovvero le classificazioni popolari create liberamente dagli stessi produttori/utilizzatori. Questa nuova metodologia di classificazione "dal basso" va così a contrapporsi ai sistemi tradizionali di classificazione (gerarchico-enumerativi o a faccette) dove, nonostante la presunta neutralità e competenza di chi organizza l'informazione per professione, fattori personali e contesto culturale ideologico e sociale si traducono necessariamente in un punto di vista soggettivo imposto "dall'alto". I sistemi standard per l'organizzazione della conoscenza (come la Classificazione decimale di Dewey o i Library of Congress subject headings) sarebbero cioè dei veicoli di imposizione delle strutture del pensiero dominanti -- inevitabilmente quelle dell'Occidente contemporaneo, filoamericano, maschilista e così via.

Se le argomentazioni a favore di questa contrapposizione tra sistemi di classificazione tradizionali e classificazioni popolari siano o meno fondate non rientra tra gli obiettivi di questo studio. Ciò che comunque preme far notare è l'investimento ideologico che la questione va assumendo, a testimonianza del grande interesse che ha suscitato tra gli esperti di organizzazione della conoscenza e non solo.

I primi siti a rendere popolare la classificazione sociale sono stati del.icio.us e Flickr, dediti alla condivisione rispettivamente di bookmark e di foto, dove comunità di utenti possono etichettare i propri contenuti con tag che sono poi raccolti e visualizzati attraverso nuvole di tag (le cosiddette tag cloud) in base alla frequenza complessiva con cui sono stati usati all'interno del sito.

Ormai non si tratta più di un fenomeno passeggero. Poter navigare per tag i contenuti di un sito è diventata pratica comune e diffusa ai blog individuali, alle comunità di vario tipo sino ai siti istituzionali e aziendali.

È interessante capire perché la classificazione sociale abbia avuto tanto successo in ambienti digitali. Una spiegazione plausibile può essere individuata prendendo in considerazione i processi cognitivi che riguardano la categorizzazione. L'attribuzione di tag ai contenuti digitali, infatti, richiede uno sforzo cognitivo inferiore a quello necessario nelle normali categorizzazioni.

Quotidianamente, dopo essersi imbattuti in un oggetto o aver fruito un contenuto di qualche tipo, nella mente umana si attivano quei concetti (categorie) che sono semanticamente più correlati con l'item preso in considerazione.

A questo punto, il secondo passaggio consiste nel dover prendere una decisione scegliendo il concetto tra quelli attivati in cui far rientrare l'item. Soprattutto in ambito digitale, l'assunzione di questa decisione induce l'utente ad una sorta di "paralisi da analisi" successiva all'attivazione. Diversamente, il tagging sembra non aver bisogno di questo ulteriore passaggio, fermandosi al primo: in pratica i concetti attivati possono assumere direttamente la forma di tag.

In ambiente digitale l'utente sembra riscontrare una difficoltà nello svolgere una categorizzazione completa tale da portarlo allo stallo decisionale. Tra i fattori che possono rendere l'ambiente digitale più impegnativo a livello cognitivo rientra senz'altro il minor consenso culturale attorno agli "oggetti digitali" da categorizzare. La categorizzazione, infatti, si basa spesso sul consenso culturale ma nel Web, a causa della sua giovane età e della sua immaterialità, sono ancora poche le convenzioni culturali.

Nel categorizzare un oggetto digitale l'utente avverte anche il bisogno di soddisfare i criteri della sua futura reperibilità (in inglese findability), generando così un potenziale conflitto nel raggiungimento di obiettivi differenti.

L'esigenza di pervenire ad uno schema di classificazione globalmente equilibrato costituisce un ulteriore fattore di complicazione: l'utente sarà preoccupato che i rami della classificazione siano poco o troppo affollati, se sia necessario creare nuove categorie o se questa o quella categoria sia più appropriata ad accogliere quel determinato item.

Il digitale costringe l'utente a confrontarsi con molte problematiche tipiche dell'organizzazione della conoscenza: problematiche di fronte alle quali si scopre impreparato o che richiedono uno sforzo cognitivo eccessivo e, pertanto, si arrende.

 



Interdisciplinarità e unità informativa

Nei sistemi di classificazione bibliografica generale l'intero universo della conoscenza è suddiviso in classi e sottoclassi in base alle discipline accademiche. Anche i sistemi di classificazione speciale spesso si focalizzano su una o più discipline accademiche e analizzano il dominio di conoscenza che ne deriva in base a classi o faccette concepiti per soddisfare la o le discipline coinvolte.

La maggior parte di questi e di altri sistemi di organizzazione della conoscenza (KOS, Knowledge Organization Systems) giustificano la propria struttura basata su discipline partendo dalla considerazione che gli utenti, quando cercano informazioni, seguono l'organizzazione disciplinare con cui hanno familiarità. Questo approccio può indubbiamente risultare efficace nell'assicurare fedelmente la garanzia bibliografica (inglese literary warrant) ma la funzione della Knowledge Organization non è solo quella di rappresentare la letteratura esistente ma anche quella di suggerire nuovi percorsi di ricerca attraverso la scoperta di possibili nuove relazioni nella conoscenza pubblicata. È necessario pertanto rendere rappresentabili e ricercabili le relazioni trasversali che si instaurano tra le discipline.

Analizzare le modalità in cui la questione della multidisciplinarità si è evoluta e le soluzioni che i vari sistemi di classificazione (DCC, LCC, UDC, BC2, ICC, fino alla ILC) hanno cercato di trovare, permette di comprendere quanto questo fenomeno sia strettamente connesso al problema del livello di granularità dell'infomazione analizzata. Sembra infatti esserci un'equazione tra unità di informazione adottata per l'analisi e la classificazione delle pubblicazioni e il numero di connessioni trasversali tra differenti discipline: quando l'unità d'analisi utilizzata è concettualmente più specifica, originata dal basso e coincidente con i singoli fenomeni, le connessioni tra ambiti disciplinari diversi sono più frequenti.

Queste considerazioni hanno spinto molti studiosi dell'information science a cercare un approccio diverso da quello disciplinare di tipo top-down. Già nel 1961 Farradane sosteneva come la classificazione dovesse seguire il metodo induttivo delle scienze, quindi bottom-up, partendo dai concetti più semplici (isolati) e combinandoli insieme mediante operatori. Successivamente Foskett e Austin esploreranno la possibilità di un nuovo schema generale di classificazione basato sui fenomeni del mondo reale piuttosto che sulle discipline.

Sono quindi i fenomeni, intesi in senso lato (processi, oggetti, concetti, emozioni), le unità più adatte con cui misurare l'informazione e favorire la condivisione e l'interconnessione della conoscenza.

Ranganathan aveva identificato ben dodici metodi di formazione del soggetto [Binwal 1992]. Julie T. Klein [1990], semplificando, identifica quattro tipi base di interazione: adattamento, risoluzione dei problemi, incremento della coerenza dei soggetti o dei metodi, comparsa (emergenza) di un'area interdisciplinare.

Ingetraut Dahlberg racchiude nel termine generico "crossdisciplinarity" cinque differenti modi di combinare insieme domini della conoscenza esistenti o emergenti: interdisciplinarietà, lo studio di una disciplina dal punto di vista di un'altra; transdisciplinarietà, l'applicazione dei metodi di una disciplina a un'altra; multidisciplinarietà, lo studio di un fenomeno in diverse discipline; pluridisciplinarietà, lo studio di una proprietà in diverse discipline; condisciplinarità, la collaborazione tra discipline per uno stesso fine.

A partire dagli anni Sessanta in tutte le aree della conoscenza, il materiale multidisciplinare aumenta a tal punto da divenire la norma e non più l'eccezione. La digitalizzazione di massa dell'informazione avviata già dagli anni Settanta e la comparsa di Internet poi ha fatto esplodere questo fenomeno in misura esponenziale.

Tradizionalmente, l'ideale di ogni sistema di classificazione di derivazione aristotelica è di avere classi reciprocamente esclusive, che cioè non si sovrappongano, e unitamente esaustive, che cioé riescano a coprire tutte le evenienze.

Prendendo in considerazione l'intero dominio della conoscenza come punto di partenza su cui fondare un sistema generale di classificazione, il primo livello di suddivisione è quello che determina il fondamentale principio strutturale e che pertanto andrà a governare anche i livelli sottostanti.

Gli esistenti sistemi di classificazione (per lo più enumerativi ma non solo) utilizzano come primo principium divisionis proprio le discipline. Da ciò scaturisce l'impossibilità di raggiungere i desiderata di esclusività reciproca ed esaustività delle classi.

Le discipline, infatti, non sono reciprocamente esclusive ma anzi molto spesso si sovrappongono nella trattazione dei soggetti. L'ormai canonico raggruppamento nelle tre aree disciplinari di scienza, scienze sociali e discipline umanistiche (humanities) sembra soffrire dello stesso limite.

L'incapacità degli attuali sistemi di classificazione, basati proprio su una divisione in discipline accademiche, nel trattare in modo soddisfacente soggetti multidisciplinari sono la riprova dell'altro limite dell'approccio disciplinare ovvero della mancanza di esaustività.

Secondo la moderna teoria della classificazione, da Ranganathan in avanti, il metodo analitico-sintetico è il più adeguato per definire i contenuti delle classi nei sistemi di classificazione, ma il successo di questo metodo dipende fondamentalmente dalla capacità di ottenere raggruppamenti reciprocamente esclusivi e congiuntamente esaustivi ad ogni livello di generalità.

D'altronde, le ricerche sul comportamento umano nell'atto della categorizzazione e lo sviluppo della teoria degli insiemi sfumati (inglese fuzzy logic) di Lotfi A. Zadeh, suggeriscono che la reciproca esclusività e la complessiva esaustività possono essere non solo impossibili da raggiungere ma nemmeno desiderabili.

Il lavoro della Rosch e tutta la ricerca successiva, sviluppatasi a seguito delle sue scoperte, hanno dimostrato che gli esseri umani non cercano di soddisfare questi requisiti quando raggruppano in categorie gli oggetti naturali. Al contrario, le persone sembrano formare intuitivamente le categorie e accettano confini sfumati tra categorie di oggetti naturali (come quelli tra frutti e vegetali).

A medesime conclusioni sono giunte le ricerche di Michael Ranney riguardo la formazione delle categorie concettuali dimostrando, ad esempio, come la distinzione tra ipotesi (teoria) e dati (evidenza), alla base del ragionamento e della ricerca scientifici moderni, non sia interamente chiara né ai novizi né agli esperti oltre ad essere incerta la loro reciproca esclusività.

D'altra parte, essere completamente esaustivi sembra un obiettivo difficile da raggiungere pienamente se si tiene conto dei sempre più veloci ritmi di mutamento dell'attuale conoscenza e dell'aumentare esponenziale delle attività che generano sempre nuova conoscenza.

In una situazione del genere, osserva Clare Beghtol, è lecito chiedersi se i requisiti tradizionali (esclusività reciproca e esaustività delle classi) siano ancora così auspicabili nei moderni sistemi di classificazione bibliografica. Più importanti sembrano diventare allora le proprietà dell'ospitalità e della flessibilità bibliografiche.

L'Information Coding Classification (ICC) di Ingetraut Dahlberg e la classe "fenomeni" della Bliss Classification (BC2) possono fornire, almeno a titolo di esempio, un nuovo tipo di flessibilità e soprattutto offrono la possibilità di introdurre nuovi diversi punti di vista in un sistema standard. Ma quello di cui il nuovo panorama della conoscenza sembra davvero aver bisogno è un nuovo "framework" teorico che permetta di porre le caratteristiche di ospitalità e di flessibilità al primo posto tra gli obiettivi da raggiungere.

Recentemente Jeffrey Parsons [1996], attraverso i suoi teoremi, ha dimostrato che per ogni dominio della conoscenza, può essere costruita una struttura di classi; per ogni relativo universo contenente più di una proprietà, esiste più di una struttura di classi; ad ogni potenziale classe corrisponde una struttura di classi. Così, Parsons è riuscito a far emergere il soggiacente bisogno dei sistemi di classificazione di supportare punti di vista multipli e ha sviluppato il sistema MIMIC riallacciandosi al sistema di classificazione libera a faccette del CRG (Classification Research Group).

Basandosi sulla letteratura della sociologia della scienza, anche Hanne Albrechsten e Elin Jacob [1997] hanno compreso come le complesse ed eterogenee esigenze di comunità di utenti possano essere integrate e soddisfatte in sistemi di classificazione flessibili, scarsamente strutturati ma robusti nella pratica. Albrechsten e Jacob fanno esplicito riferimento ad una struttura classificatoria collegata ad una sorta di lavagna dove gruppi diversi possono comunicare i rispettivi punti di vista. Dalla metafora dell'albero si passa così a quella della lavagna che non è difficile far coincidere con le attuali tag cloud, strumento ormai molto diffuso negli attuali siti internet per la navigazione dei contenuti.

La teoria, la pratica e la ricerca della classificazione del XXI secolo hanno bisogno di saper reagire rapidamente ad una literary warrant multidisciplinare e di saper far convergere le diverse comunità di discorso nel concetto di consenso.

Molte delle considerazioni sopra riportate sono da attribuire a Clare Beghtol a cui va il merito, nel 1998, di aver riacceso il dibattito sull'interdisciplinarità come fenomeno sempre più centrale ed emergente, ravvisando come la strutturazione in discipline non fosse adeguata ad esplicitare e ad esplorare tutti i collegamenti interdisciplinari tra i diversi soggetti.

Nello stesso anno non tardò la risposta di due noti studiosi danesi delle scienze dell'informazione, Birger Hjørland e Hanne Albrechtsen che richiamano invece l'attenzione sulla dimensione sociale e di potere della classificazione della conoscenza (chi decide quali soggetti siano trattati in una disciplina o in un'altra?) e, ancora una volta, sulla visione storicista che sottende al concetto di discipline. Ciò che inizia come area multidisciplinare può svilupparsi in un'area interdisciplinare e finire come disciplina. Per Hjørland e Albrechtsen, quindi, sia le discipline che i campi interdisciplinari sono unità sociali o tipi di "comunità di discorso" e ogni principio di organizzazione deve necessariamente assecondare meglio certe finalità piuttosto che altre.

L'abbandonare le discipline come unità organizzativa implicherebbe, quindi, un avvicinamento ai modelli razionalisti dove la conoscenza è vista come isolata dal suo contesto sociale. La divisione del valore intellettuale, non solo da un punto di vista empirico ma anche critico, con cui una società struttura la propria conoscenza è un valore che non può essere trascurato né, tanto più, abbandonato.

Una classificazione per fenomeni rifletterebbe quindi un sistema teorico e una percezione razionalisti (o ideali) della conoscenza così come un'organizzazione per discipline, e quindi per interessi umani, riflette una visione storicista e pragmatica della conoscenza. Esiste quindi una correlazione tra i metodi fondamentali di classificazione della conoscenza e le teorie fondamentali in epistemologia.

Hjørland e Albrechtsen ritrovano l'accordo con la Beghtol sul suo concetto di "cultural warrant" che sembra riflettere proprio questa attenzione alla dimensione sociale della classificazione.

In conclusione, i sistemi d'informazione non possono essere concepiti per soddisfare allo stesso tempo ognuno e tutti i progetti e gli obiettivi dei differenti utenti. Sicuramente le classificazioni dovrebbero riflettere i nuovi sviluppi sia nelle aree interdisciplinari sia nelle identità delle discipline stesse e nelle relazioni tra di esse. Le discipline non sono statiche né omogenee. Non c'è un modo neutrale di classificare. Una classificazione riflette sempre alcuni valori, priorità e punti di vista di cosa è classificato e quali obiettivi intende sostenere.

Un importante sviluppo nell'epistemologia moderna infatti consiste proprio nell'aver abbandonato l'idea del ruolo neutrale o di un'osservazione indipendente dalla teoria. I fenomeni da classificare non esistono al di fuori delle attività o degli interessi umani. Questa concezione è chiaramente in contraddizione con le teorie classiche dell'empirismo/positivismo e del razionalismo. Pertanto ogni classificazione è teoria-dipendente (teoria intesa nel senso più ampio del termine). Ciò che va evitato è basare una classificazione sulla visione dominante, auto esemplificativa e, a volte addirittura, ideologica di una disciplina.

Il concetto di "cultural warrant" della Beghtol svolge, in questo senso, un ruolo di attività critica e può essere usato per valutare sia lo schema di classificazione che i diversi campi di conoscenza. È insomma un tipo di analisi correlato all'epistemologia e agli studi scientifici e può essere generale o specifico di un dominio o orientato attraverso istituzioni o gruppi di lavoro.

Il problema con le discipline risiederebbe nel fatto che spesso incorporano in se stesse un modo conservativo di guardare la realtà. La scienza non è solo il riflesso della realtà, ma anche un'istituzione sociale con la propria ideologia e, pertanto, può presentare delle difficoltà nell'autorappresentarsi o nell'aprire un dialogo sulla propria immagine. Principi non fruttuosi di metodologia o di classificazione possono far parte di questo tipo di ideologia. Classificare un campo di conoscenza significa così prendere parte al dialogo e alla valutazione degli obiettivi, dei valori e delle conseguenze di fare scienza in un modo o nell'altro. Si tratta appunto di prendere in esame la "cultural warrant" sia della produzione di conoscenza che della sua organizzazione.

Le discipline o le comunità di discorso possono essere in misura minore o maggiore "applicate" o "essenziali" nel loro orientamento. Se a prevalere è il punto di vista "applicato", allora le classificazioni tenderanno ad essere dominate dal pragmatismo nella comprensione ordinaria del mondo (es. classificare i prodotti chimici in base al loro utilizzo). Se a prevalere è, invece, il punto di vista "fondamentale" (o essenziale), allora le classificazioni tenderanno ad essere più "realistiche", ovvero non strettamente correlate a particolari applicazioni (es. gli elementi chimici o le tassonomie biologiche). Ad ogni modo, questo tipo di classificazioni possono anche essere intese come "pragmatiche".

Si tratta quindi di trovare un sistema di organizzazione della conoscenza in grado di saper esprimere al meglio le connessioni interdisciplinari che emergono sempre più frequentemente senza per questo rinunciare, però, alla dimensione storico-sociale che le discipline accademiche riescono ad incarnare nella condivisione e nella trasmissione della conoscenza.

In questa direzione sembrano andare il progetto di Classificazione a Livelli d'Integrazione (ILC) di ISKO Italia e il progetto di classificazione della scienza ad opera di Rick Szostak.

 



Teoria dei livelli di integrazione

Come ho avuto modo di illustrare all'inizio, esistono sostanzialmente due differenti forme di classificazione.

Alcune dipendono dal modo in cui eventi e oggetti sono descritti, in base alla nostra percezione e alle nostre concettualizzazioni (ad esempio in termini di caratteristiche salienti). In questo caso è l'ancoramento cognitivo a prevalere, per cui abbiamo una classificazione di tipo epistemologico.

Se, invece, prevale l'ancoramento ontologico, la classificazione sarà basata sui pattern generali, i cosiddetti "universali", intrinsechi agli eventi e agli oggetti stessi del mondo. In questo caso abbiamo una classificazione di tipo ontologico.

La teoria dei livelli di integrazione rientra decisamente in questa seconda tipologia. Le sue origini, benché non del tutto chiare, ne sono una conferma potendo essere fatte risalire al positivismo di Auguste Comte. La teoria assume tratti più netti e delineati nei First Principles di Herbert Spencer, interessato non solo a mettere in evidenza l'unità sostanziale di tutte le forme della materia, ma anche le relazioni tra queste "entità" e le forze che le producono o le distinguono.

Negli anni 1930, il biochimico Joseph Needham presentò frequentemente la teoria durante le sue lezioni. Nonostante ne siano state date diverse interpretazioni, come quelle di A. B. Novikoff [Austin 1969b] e di Herbert Spencer [Jolley 1973], qui sarà presa in considerazione quella del filosofo James Feibleman e di Joseph Needham perché, come vedremo, fu quella che il CRG decise di adottare.

Ugualmente non trascurabile, però, è il lavoro del filosofo tedesco Nicolai Hartmann sui fondamenti dell'ontologia, la branca della filosofia che indaga la struttura della realtà. La sua stratificazione ontologica della realtà è presupposto imprescindibile per una consapevolezza delle problematiche coinvolte.

Anche il biologo Ludwig von Bertalanffy deve essere stato appassionato alle stesse questioni visto che nel 1967 pubblica la sua Teoria generale dei sistemi (che, in quanto generale, troverà effettivamente applicazione in molti campi): una sorta di super scienza dove materia di studio sono le relazioni tra le scienze, o meglio, le relazioni tra l'intero e le sue parti che insieme costituiscono, appunto, un sistema. Così, se il legame tra le parti non è stretto, queste manterranno una loro identità individuale e il sistema che ne deriva sarà un semplice aggregato. Se, invece, il legame è stretto a tal punto da non permettere più alcuna autonomia delle singole parti, allora ci troveremo di fronte ad un sistema integrato.

Gli integrati che si osservano in natura possono essere disposti in una serie di livelli di integrazione, da quelli più semplici (come particelle subatomiche e atomi) a quelli via via più complessi (come molecole, cristalli, cellule, organismi, ecosistemi, società, culture).

Sullo sfondo si intravede la convinzione, diffusa tra questi studiosi, che la filosofia della scienza possa costituire la fonte di un campo empirico consistente esso stesso di livelli di integrazione, quasi un campo meta-empirico, con le sue proprie entità, processi e leggi.

 



I livelli estesi e ramificati di Feibleman

James Feibleman nel 1954 osservava come dallo studio delle relazioni tra le ricerche in fisica, chimica, biologia, psicologia e antropologia, stesse gradatamente emergendo un certo grado di conoscenza della struttura sottesa.

Feibleman raccolse nelle dodici Leggi naturali dei Livelli e nelle cinque Regole di Spiegazione le sue osservazioni sui livelli di integrazione.

Leggi naturali dei Livelli:

1. Ogni livello organizza il livello o i livelli inferiori più una qualità emergente.

2. La complessità dei livelli aumenta al salire di livello.

3. In ogni organizzazione il livello più alto dipende da quello più basso.

4. In ogni organizzazione il livello più basso è diretto da quello più alto.

5. Per un'organizzazione a qualsiasi livello, il suo meccanismo è situato a livello inferiore e il suo scopo al livello superiore.

6. Una perturbazione introdotta in un'organizzazione a qualsiasi livello riverbera a tutti i livelli che copre.

7. Il tempo necessario ad un cambiamento nell'organizzazione diminuisce salendo i livelli.

8. Più alto è il livello, più piccola è la popolazione di istanze.

9. È impossibile ridurre il livello superiore a quello inferiore.

10. Un'organizzazione a qualsiasi livello è una distorsione del livello inferiore.

11. Eventi a qualsiasi livello influenzano le organizzazioni agli altri livelli.

12. Qualunque cosa sia turbata come organizzazione ha qualche effetto come organizzazione.

Regole di spiegazione:

1. Il riferimento di qualsiasi organizzazione deve essere al livello più basso che fornisce una spiegazione sufficiente.

2. Il riferimento di qualsiasi organizzazione deve essere al livello più alto che la sua spiegazione richiede.

3. Una organizzazione appartiene al suo livello più alto.

4. Ogni organizzazione deve essere spiegata in modo definitivo al suo proprio livello.

5. Nessuna organizzazione può essere spiegata in termini di livello più basso o più alto.

Feibleman stesso ammette che la situazione è ben più complessa di quanto questo insieme di leggi e di regole vorrebbe far apparire e che lo scopo, in questo caso, è quello di esemplificare alcune delle relazioni.

Ogni livello, infatti, è la rappresentazione di un considerevole gruppo di sotto-livelli. I vecchi livelli di integrazione ora sono rappresentazioni generiche di gruppi di sotto-livelli di integrazione. Un'indagine più approfondita comporta quasi sempre ulteriori sottodivisioni: queste, infatti, s'infittiscono laddove la ricerca ottiene successi e avanza. Così la nostra limitata conoscenza della realtà potrebbe indurci a credere, ad esempio, che il livello biologico sia ad un punto morto quando questo potrebbe in realtà estendersi e continuare a costruire nei livelli psicologico e culturale.

L'iniziale modello che vuole i livelli d'integrazione come una semplice serie lineare di complessità crescente, man mano che si sale nella scala, risulta insufficiente a rappresentare la realtà delle cose. Nel tentativo di rendere conto più fedelmente dei fatti osservabili, è necessario ricorrere ad un ulteriore metodo di rappresentazione della conoscenza, già caro a Comte: la ramificazione multipla (branching) dei livelli d'integrazione, consistente nella suddivisione di alcuni livelli in due o più campi distinti, a loro volta ulteriormente suddivisibili. Questo processo può interrompersi all'improvviso dando origine a punti morti nei livelli e quindi ad asimmetrie nel panorama complessivo dei livelli. È presumibile che le funzioni identificate abbiano un prosieguo che ancora non si è in grado di registrare.

La ramificazione dei livelli d'integrazione sembra quindi porre più interrogativi di quanti ne voglia soddisfare ma è un dato inevitabile dal momento che si basa sull'avanzamento delle conoscenze scientifiche di cui disponiamo.

 




La stratificazione del mondo reale di Hartmann

Nelle sue principali opere filosofiche, Nicolai Hartmann propone una concezione della realtà articolata in "strati", in base alla quale il mondo si presenta costituito da più strati sovrapposti, messi reciprocamente in relazione da varie leggi, e governati da differenti strutture categoriali.

Procedere nella descrizione della stratificazione del mondo reale vuol dire andare oltre la comune interpretazione della realtà condivisa tanto dal senso comune quanto dal pensiero filosofico: interpretazione che si limita a rappresentare il mondo in termini di dualismi Natura-Spirito, Anima-Corpo, Materiale-Immateriale. Ma il mondo reale non è così semplice da poter essere risolto in un unico schema oppositivo.

L'obiettivo di Hartmann è quello di sviluppare un'ontologia in grado di combinare l'essere e il divenire come un'unica unità integrale, non trattandoli quindi come concetti separati.

A base dell'ontologia Hartmann pone un sistema di categorie, non intese nel senso kantiano di categorie della mente, ma come "principi costitutivi universali" scoperti empiricamente e non dedotti a priori.

Hartmann recupera insomma le categorie aristoteliche della tradizione classica, cercando però di superare gli errori della tradizione filosofica occidentale, riconducibili alle varie tendenze dell'apriorismo, del deduttivismo e del costruttivismo:

"Hartmann finds a common mistake behind all three methodological approaches in their attempts to develop a complete systematic account of the categories of being -- not only of the ideal but of a real being as well -- by "logico-rational" means, and not by analysing those different specific ways in which being manifest itself." [Cicovacki, 2001]

Benché l'iniziale distinzione della realtà in regno materiale e regno mentale fosse molto simile al dualismo cartesiano, Hartmann offre una visione originale, che lascia affiorare una componente emergentista, quando prende in considerazione gli strati in cui i due regni sono suddivisi.

All'interno di ciò che è chiamato sommariamente "natura", distingue nettamente tra ciò che è vivente e ciò che non lo è, cioè tra l'organico e l'inorganico. Analogamente, in ciò che è chiamato "spirito", possiamo tracciare una distinzione tra i fenomeni psichici e i contenuti obiettivi dati dalla vita comunitaria degli uomini (es. linguaggio, tecnica, scienze, diritto, ecc.). Passiamo così da un'iniziale idea dualistica della realtà, ad una concezione "tetrastratificata".

Hartmann ritiene che gli "strati" che costituiscono il mondo reale intreccino tra loro delle particolari relazioni: lo strato della materia (fisico) è la base di tutti gli altri e sussiste indipendentemente da essi.

Il secondo strato è quello degli esseri viventi (organico), che poggia su quello materiale, ma al tempo stesso se ne distingue. Nella vita degli esseri organici le leggi dello strato precedente continuano ad essere valide, ma sorgono nuove peculiarità, relative all'ambito dello sviluppo, della formazione e dei cicli vitali di tutti gli esseri viventi.

Il terzo strato è quello della psichicità, comune a uomini e animali, che per manifestarsi ha sempre bisogno di un individuo vivente, quindi degli strati precedenti, ma a questo stadio della realtà troviamo dei fenomeni e delle "leggi" estranee ed irriducibili a quelle degli strati precedenti, che questa volta non si conservano nel successivo, pur rimanendo per esso fondamentali.

L'ultimo strato è quello che concerne le peculiarità dell'essere umano (spirituale), le quali fanno in primo luogo riferimento alla spontaneità ed alla libertà, categorie queste, estranee ai precedenti strati di realtà.

Per ogni strato, poi, è possibile individuare differenti e specifici livelli di realtà: ad esempio i livelli fisico e chimico dello strato materiale, i livelli intenzionale ed emotivo dello strato psichico, i livelli produttivo, commerciale e legale dello strato sociale. Ad ogni modo, tutte le distinzioni fondamentali all'interno del mondo reale, che siano esse strati o livelli, assumono la forma di categorie, come a dire che le strutture, i passaggi fondamentali e i contenuti dell'ente sono proprio ciò che costituisce la costruzione del mondo reale.

Roberto Poli sottolinea l'utilità di un approccio di tipo categoriale confrontandolo con un punto di vista meramente "oggettuale", utilizzato da alcuni autori per proporre una teoria dei "livelli" della realtà articolata in maniera più semplice della stratificazione hartmanniana.

Nella prospettiva oggettuale, infatti, i livelli si risolvono in insiemi di oggetti che interagiscono a diversi gradi di "granularità", costruendo una sequenza che va dal semplice alla sempre maggiore complessità. In realtà, avverte Poli, la gerarchia dei livelli di granularità è solo una delle gerarchie della realtà, ma non l'unica, e per questa ragione l'approccio categoriale è preferibile rispetto a quello oggettuale.

Nella prospettiva hartmanniana, quindi, gli strati o i livelli della realtà sono caratterizzati dalle loro categorie, e si distinguono in base ad esse, in modo tale che ogni strato è segnato dalla nascita di una nuova serie di categorie:

"The theme of levels of reality once again raises, from its particular point of view, the problem of ontology, or a categorial structure able to subsume in a general framework the multiple points of view embodied by local scientific theories. In short, what is lacking is ontology, no more, no less." [Cicovacki 2001: 160]

Bisogna precisare che categorie e strati del reale non sono la stessa cosa; esiste anche una stratificazione delle categorie, che però non coincide immediatamente con quella del reale, dal momento che esistono categorie dotate di una tale universalità da non potere appartenere ad un determinato strato del reale.

Queste categorie sono principi comuni a tutti gli strati del reale, e formano il fondamento unitario comune al mondo reale. Esse sono studiate da Hartmann nella "teoria delle categorie fondamentali", e si distinguono in tre gruppi ben distinti:

Oltre ad esse vi sono altre categorie "comuni" a tutti gli strati del reale, che tuttavia non vengono studiate nella "teoria delle categorie fondamentali", ma costituiscono una sorta di fondamento condiviso di tutti gli enti appartenenti al mondo reale. Queste categorie comuni sono: l'esistenza, la temporalità e la processualità.

Ai fini di questo studio, risulta utile prestare particolare attenzione, tra le categorie fondamentali, alle leggi della stratificazione.

Le leggi della stratificazione stabiliscono che la struttura categoriale del mondo reale è stratificata:

A: Ogni livello comprende categorie del livello inferiore ma in nessun caso le categorie di un livello superiore appaiono in uno inferiore;

B: Questa ricomparsa delle categorie è sempre limitata;

C: Le categorie nel passaggio dai livelli inferiori a quelli superiori subiscono trasformazioni;

D: La ricomparsa delle categorie inferiori non è mai un tratto essenziale del livello superiore. Questo scaturisce invece dall'intervento di una "novità categoriale" che è indipendente dalle categorie inferiori e che consiste nell'emergere di nuove categorie.

Hartmann sottolinea l'importanza di porre l'attenzione sulla "distanza categoriale" individuabile tra i quattro strati: si noteranno tre "solchi" che segnano lo stacco tra uno strato e il successivo.

Il solco più visibile è quello tra "Natura" e "Spirito": la realtà fisico-materiale e quella spirituale sono due regioni del mondo reale tra loro separate e impenetrabili, ma confinano rasentando gli ambiti della natura organica e di quella psichica. Tuttavia tra questi, sebbene siano collegati nell'essenza dell'essere umano, esiste uno "iato" strutturale, che non segna una separazione definitiva, ma è indicativo di una distinzione in una connessione. Un altro solco è quello tra natura organica e natura inanimata, mentre il terzo separa gli atti psichici dall'essere spirituale.

La distanza categoriale serve quale antidoto contro le smanie metafisiche di costruire l'unità del mondo a scapito della molteplicità reale. Il riemergere, sia pure parziale e soggetto a modificazioni, di elementi categoriali degli strati inferiori in quelli più alti, garantisce l'unità del mondo contro il frammentario che slega e distrugge senza ritrovare un principio di connessione e di ricostruzione.

Quest'unità viene dunque frammentata dalle scienze particolari e salvaguardata dall'ontologia. È d'altra parte il tratto distintivo dell'ontologia di Hartmann riuscire a combinare la molteplicità dei livelli con l'unità del sistema.

Le distanze tra strati non hanno tuttavia tutte la stessa profondità: nei passaggi che le attraversano, talvolta le categorie dello strato precedente si conservano nel successivo, altre volte ciò non si verifica affatto.

Pertanto quelle distanze caratterizzano in maniera significativa le relazioni fra strati:

Roberto Poli fa notare che, nel caso specifico della relazione di sovracostruzione, lo strato "inferiore" non è la materia di quello ad esso superiore, ma costituisce la sua "external basis of existential support".

Diversamente, all'interno di uno strato, ad esempio quello spirituale, può verificarsi una dialettica tra le forme che lo costituiscono e lo determinano, e questo genere di relazione non sarà più di "sovraformazione", ma di "self-referential dependence".

Sempre Roberto Poli avanza una proposta di interpretazione non "seriale" delle relazioni tra strati superiori; lo strato materiale (includente il livello fisico ed organico) si presenta come "base" degli altri due (psichico e sociale), i quali vengono ora sciolti dal precedente rapporto di sovracostruzione, dal momento che società e "menti" sono reciprocamente indispensabili, oltre ad essere uniti da una "co-evoluzione".

 



La classificazione a livelli d'integrazione

L'ontologia di Hartmann, benché tuttora risulti essere l'elaborazione più sofisticata della teoria dei livelli di realtà, non era probabilmente nota al CRG che si basò, invece, sulla versione della teoria dei livelli di integrazione avanzata da Feibleman.

Assieme alla ricchezza di analisi che la teoria di Feibleman permette, diverse problematiche rischiano però di restare irrisolte. Tra queste, come abbiamo avuto modo di vedere nei precedenti paragrafi, vanno annoverate le forme di dipendenza tra livelli, le forme di autonomia (indipendenza) tra livelli, la coordinazione (integrazione) tra le categorie che governano gli uni o gli altri livelli di realtà, la chiusura categoriale (completezza) dei livelli.

Queste difficoltà non devono aver intimorito gli studiosi inglesi del Classification Research Group (CRG) che negli anni 1960 furono incaricati dalla NATO di studiare un nuovo schema generale di classificazione.

A guidare il CRG verso la teoria dei livelli di integrazione hanno contribuito senza dubbio gli scienziati materialisti J.D. Bernal e Joseph Needham.

Molti membri del CRG fino a quel momento avevano costruito con successo diversi schemi speciali di classificazione facendo ampio uso dei principi e delle tecniche di analisi a faccette di Ranganathan e, inevitabilmente, tutti si erano trovati faccia a faccia con il problema dei campi marginali, ovvero con la constatazione che nessuna parte della realtà può essere completamente isolata, qualunque sia lo sforzo di circoscrivere la materia trattata.

Contemporaneamente diventava sempre più chiaro quanto le ricerche scientifiche convergessero sempre più spesso verso una conoscenza interconnessa e unitaria.

Le classificazioni basate su divisioni in discipline risultavano inadeguate a cogliere un simile panorama lasciando irrisolti molti problemi: la difficoltà nel tenere i sistemi aggiornati, la difficoltà nell'accogliere nuove materie nel sistema di notazione in vigore (questione dell'ospitalità), il dover ricorrere alla classificazione trasversale (cross-classification) perché le combinazioni di idee di molti autori non rientravano in nessuna delle discipline conosciute.

Restava però il problema di individuare quale principio di divisione dovesse sostituire quello disciplinare nella definizione delle classi principali.

Il CRG riteneva che la teoria dei livelli di integrazione fosse la risposta a queste problematiche potendola usare in un sistema di classificazione per dividere una lista di cose in una successione di gruppi, ognuno contenente membri dello stesso livello di organizzazione.

Purtroppo motivi contingenti impedirono che la ricerca proseguisse in questa direzione, costringendo i membri del CRG ad abbandonare. Alcune idee sui livelli sono poi confluite nella seconda edizione della Classificazione bibliografica di Bliss, mentre altre sui sistemi sono confluite nello strumento di indicizzazione alfabetica automatizzata PRECIS, usato per un certo tempo dalla British National Bibliography.

Restano comunque diversi documenti a testimoniare il grande lavoro e sforzo intellettuale compiuti da alcuni membri del CRG nel cercare di individuare la corretta sequenza in cui ordinare i fenomeni, applicando i principi della teoria dei livelli di integrazione.

"The world of things develops from the simple towards the complex by accumulation of new and divergent properties and that at certain points changes occur which transform the `entity' from a member of one group or class into a member of a new group. The new entity has properties of its own, characteristic of the new level of organization within it, and it behaves in a similarly new and characteristic manner." [Douglas Foskett]

Douglas Foskett comprese subito che per applicare la teoria dei livelli di integrazione alla classificazione, mettendo quindi in sequenza progressiva i soggetti dal più semplice al più complesso, era necessario affrontare un'analisi dettagliata dei fenomeni presi in considerazione, che fosse in grado cioè di identificarne le caratteristiche costituenti.

Stando alle leggi naturali dei livelli di Feibleman, un'entità è più della semplice somma delle sue parti perché le relazioni tra le parti sono importanti tanto quanto le parti stesse nel determinare integrità e identità dell'entità. Se queste relazioni vengono meno l'entità smette di essere tale e diventa un ammasso, un aggregato di elementi. Se, invece, le relazioni tra l'entità e l'ambiente circostante si infittiscono e diventano più complesse, l'entità può crescere e legarsi ad altre entità dando origine ad una nuova entità. Trasportando queste considerazioni alla classificazione viene inevitabilmente da chiedersi fino a che punto debba spingersi l'analisi del soggetto.

 



Il luogo di definizione univoca

Secondo Foskett bisogna assegnare ogni specifico termine al suo livello competente, ovvero a quel livello in cui l'unità rappresentata dal termine agisce come entità indipendente in un modo unico.

Ogni termine deve quindi essere assegnato al suo "luogo di definizione univoca" (place of unique definition), dove le relazioni dell'entità con le entità vicine sono costanti, dove tutte le caratteristiche essenziali alla definizione, e nessuna di più, sono disponibili.

In questo modo anche un fenomeno manterrebbe una posizione sempre prevedibile all'interno dello schema (che, ricordiamolo, rispecchia l'ordine ontologico dei fenomeni) e, condividendo gli stessi stabili principi, differenti parti di una classificazione, magari sviluppate dettagliatamente in momenti diversi e per scopi specifici, potrebbero successivamente confluire in uno schema generale coerente.

Questo aspetto permetterebbe di passare dalle discipline ai fenomeni come unità primaria alla base della struttura della classificazione. A tal proposito, Claudio Gnoli suggerisce che fenomeni e discipline possano coesistere in una relazione "a fisarmonica" all'interno di uno schema generale.

Il vantaggio di una classificazione dove i fenomeni occupano un luogo di definizione univoca sta nel fatto che anche la notazione che contraddistingue un fenomeno non cambia più dal momento che quella notazione corrisponde alle intrinseche caratteristiche del fenomeno (che difficilmente cambieranno, ad eccezione di clamorose scoperte) e non alla posizione che occupa nel contesto di una particolare disciplina.

 



La teoria dei livelli di integrazione e l'analisi a faccette

La teoria dei livelli di integrazione e l'analisi a faccette condividono lo stesso "impeto analitico-sintetico" di individuazione dei concetti dal basso e successiva ricomposizione degli stessi in un unico universo di conoscenza. Così la suddivisione dei livelli si traduce in una utile e chiarificatrice guida di riferimento nell'applicazione delle faccette a soggetti specifici.

Le faccette corrispondono alle proprietà che appaiono a certi livelli. Infatti, prendendo in considerazione l'ormai classica formula PMEST, indicante l'ordine di citazione delle faccette, ci si imbatte subito nella faccetta della Personalità, che Ranganathan si è limitato a qualificare come focus principale di interesse. In termini di livelli di integrazione, servirebbero tante faccette della personalità quante sono le cose del mondo reale (particelle fondamentali, atomi, molecole) fino ad arrivare a quelli che Barbara Kyle definì "mentefatti", ovvero i prodotti dell'intelletto umano.

Mentre le faccette generali come tempo, spazio e energia compaiono molto presto nell'evoluzione dell'universo, altre fanno la loro comparsa solo a determinati livelli. La funzione, ad esempio, compare solo dal livello biologico in su. Lo scopo di un prodotto tecnologico appare solo al livello mentale, così può essere applicato ad attività umane come la medicina ma non ad oggetti che crescono spontaneamente come le piante.

Derek Austin nel suo "Prospects for a new general classification" traccia una metodologia ideale per attuare la classificazione di materiale bibliografico in accordo alla teoria dei livelli di integrazione articolata in sei passaggi:

  1. Analizzare il soggetto e identificarne i concetti (distinguendo tra Entità e Attributi) per poi tradurli nella notazione.
  2. Decidere sull'entità principale e le sue relazioni con altre entità, indicando queste relazioni attraverso gli operatori.
  3. Identificare le relazioni che intercorrono tra attributi ed entità.
  4. Identificare i concetti usati come "differenze" posizionandoli dopo l'entità che essi definiscono.
  5. Identificare i concetti usati come foci e collegarli ad un'entità appropriata attraverso l'uso di operatori.
  6. Costruire la stringa del soggetto seguendo le regole per l'ordine di citazione dei concetti.

Per comprendere la portata di questa metodologia è necessario chiarire alcuni assunti. Le Entità sono cose, sia concrete come uomini e pietre, sia astratte come poesie o sistemi filosofici. Tutto il resto sono Attributi, come le proprietà delle cose (colore, peso), o i materiali con cui sono fatte, o le loro attività e i loro comportamenti (muovere, bruciare). Bisogna quindi definire due distinti tesauri da cui poter successivamente attingere, rispettivamente uno con i termini riferiti alle entità e uno con i termini riferiti agli attributi.

Anche Austin rimarca l'importanza vitale di un luogo di definizione univoca, corrispondente ad una altrettanto univoca notazione, spingendosi ad affermarne la necessità per ogni singolo significato che un termine può assumere. Un'impresa del genere, però, concretamente comporterebbe un impegno di svariati anni se si volessero tracciare con precisione tutti i termini che si riferiscono alle proprietà e alle attività di ogni concepibile entità. Viene allora in aiuto il principio del concetto radice (root concept) a cui, nella maggior parte dei casi, è possibile ricondurre diversi termini. Si pensi alle parole "trasferimento" e "flusso" riconducibili al root concept di "movimento continuo da A a B".

I concetti così individuati devono a questo punto essere messi in relazione gli uni con gli altri per poter formare la stringa di soggetto, così come in una normale lingua le parole sono messe in relazione per esprimere un determinato significato. Non dimentichiamoci che un sistema di classificazione è pur sempre una lingua anche se artificiale.

Nel caso dei soggetti composti, in cui si presentano contemporaneamente più entità collegate, ciascuna con le specifiche proprietà, dobbiamo determinare il tipo di relazione che lega insieme i concetti.

Per esprimere chiaramente queste relazioni l'ordine di citazione non sempre è sufficiente e allora ci si rivolge agli operatori di relazione ovvero a dei simboli che, posizionati prima dei concetti da rappresentare, specificano in modo inequivocabile il tipo di relazione implicata. Austin identifica quattro tipi di relazione sostanzialmente differenti:

  1. La relazione generica che identifica di che tipo di entità si tratti
  2. La relazione attributiva che esiste tra un'entità e le sue proprietà
  3. La relazione possessiva che s'instaura tra l'intero e le sue parti
  4. La relazione interattiva in cui due sistemi differenti sono collegati da qualche attività, uno producendo un effetto sull'altro.

La relazione attributiva, in particolare, è dominata dalla regola del "classifica l'entità": in accordo con la teoria dei livelli, infatti, l'elenco degli enti deriva dal grado di progressiva complessità della struttura degli enti stessi. È quindi indispensabile focalizzare l'attenzione dapprima sull'ente piuttosto che sugli attributi.

Austin, nel tentativo di stabilire un ordine logico ed utile di tutte le entità conosciute, si spinge oltre la teoria dei livelli proponendo due principi più generali: il principio di consecutività e il principio di dipendenza causale.

Nel mettere in relazione una cosa con un'altra si posizionano più tardi nello schema quelle entità che sorgono più tardi nel tempo, allo stesso modo in cui le stelle si sviluppano più tardi degli ammassi gassosi e l'uomo più tardi delle lucertole.

Questa impostazione evoluzionista, mutuata dalla chimica e dalla biologia, incontra serie difficoltà se applicata alle cose artificiali, siano esse concrete o astratte, dal momento che presuppongono l'entità vivente (l'uomo) che le ha generate e non sembra quindi logico metterle in una sequenza su base temporale.

Emerge così un altro principio che Austin chiama "spinta primaria" e cioè la motivazione che lega un organismo vivente alle cose artificiali caratterizzandole in base alla funzione o scopo che assolvono. Questi bisogni primari possono poi essere completati da quelle attività e dalle altre entità che servono a soddisfare i suddetti bisogni.

Nel caso in cui due entità siano presenti nello stesso soggetto, il classificatore dovrà operare una scelta per decidere quale tra le due sia il concetto principale. Anche qui è indispensabile indagare il tipo di relazione che sussiste tra le entità e, visto che i primi due tipi di relazione (generica ed attributiva) non ci possono aiutare in questo senso, non resta che fare affidamento ai rimanenti tipi.

Nel caso della relazione possessiva, concernente il rapporto intero-parti parti-sottoparti e così via, la regola è semplice: "classifica il sistema di appartenenza". Così se dobbiamo classificare un libro sulle "ruote delle biciclette", sceglieremo il dominio delle "biciclette" e non un generico "ruote".

Guardando, invece, alla relazione interattiva che si stabilisce tra due entità, possiamo individuare come una svolga il ruolo di sistema attivo (agente) e uno di sistema passivo (paziente). In questo caso la regola ci invita a "classificare il sistema passivo" perché, per esperienza di classificazione, l'entità che subisce l'azione è quasi sempre l'entità su cui l'autore vuole richiamare l'attenzione.

A questo punto entrano in gioco gli operatori di relazione che precederanno ogni ulteriore concetto coinvolto e che possono anche essere combinati l'uno con l'altro per offrire una ampia gamma di permutazioni. Gli operatori hanno lo scopo di mostrare esattamente come il concetto che segue l'operatore sia collegato all'interno del soggetto inteso come un intero.

Austin fa un'ultima distinzione, quella tra focus e differenza. Un concetto, infatti, può agire sia come il focus di un soggetto sia come una differenza, cioè come una classe che ne definisce una caratteristica.

Questa analisi di tipo relazionale dovrebbe metterci in condizione di identificare un soggetto in un modo formale predeterminato, così da poter essere archiviato digitalmente e recuperato, elemento per elemento, in qualsiasi momento, sapendo, attraverso gli operatori, esattamente quale ruolo riveste il particolare concetto che stiamo cercando.

 



Il progetto di ricerca ILC

La Classificazione a livelli di integrazione (ILC, Integrative Level Classification) è un progetto di ricerca nato nel 2004 grazie all'impegno di Claudio Gnoli e di altri soci del capitolo italiano dell'ISKO, e può contare sul coinvolgimento e sulla collaborazione di altri ricercatori esterni.

L'intenzione del progetto ILC è di testare l'applicazione della teoria dei livelli di integrazione all'organizzazione della conoscenza e, in ultima istanza, dimostrare la possibilità di una classificazione che, facendo pieno uso dell'analisi a faccette, sia in grado di liberare sia i classificatori sia gli utenti finali delle limitazioni di un approccio disciplinare.

Come abbiamo avuto modo di vedere nel paragrafo precedente, la teoria in questione implica un approccio di tipo naturalistico-ontologico che sembra sposarsi perfettamente con le attuali tendenze all'interdisciplinarità e all'interrelazione tra differenti campi di ricerca, nonostante altri approcci di ricerca, come quello di stampo cognitivista, appaiano oggigiorno godere di maggiori attenzioni.

Il progetto ILC coinvolge diversi aspetti: l'applicazione della teoria dei livelli di integrazione alla disposizione delle classi; le problematiche sintattiche nella definizione delle faccette; la costruzione di una notazione adeguata per un suo utilizzo in ambiente digitale; lo sviluppo di interfacce usabili.

In questa sede, è utile tornare sul significato di faccette a cui abbiamo già accennato, essendo l'ILC un progetto di classificazione non disciplinare. L'analisi a faccette, finora, è stata solitamente applicata a schemi disciplinari dove ogni faccetta è definita aprioristicamente in riferimento ad una categoria generale (come oggetti, parti, proprietà, materiali, azioni, operazioni, agenti, spazio, tempo) per poi assumere un significato più specifico all'interno di ogni disciplina (ad es. la faccetta "Operazioni" diventa "terapie" in "medicina" e "funzionamento "in "tecnologia").

Le classi della ILC sono basate su fenomeni e non più discipline, e le faccette assumono inevitabilmente un diverso significato. La questione è di grande attualità dal momento che l'analisi a faccette è divenuta un modello molto popolare nell'architettura delle informazioni per strutturare interfacce di ricerca e menù di siti web. Inoltre in molti siti e applicazioni web il tipo di conoscenza indicizzato non è di tipo disciplinare ma consta di oggetti concreti (come vini o automobili) o di informazione fattuale (come i processi di funzionamento in un'impresa). In casi del genere è chiaro che il significato delle faccette non può dipendere da una lista limitata di discipline.

La logica predicativa sembra fornirci un modo più flessibile di intendere le faccette. Se in una classificazione disciplinare è "botanica" la classe principale, in una classificazione per fenomeni saranno le "piante" la corrispondente classe principale. La distinzione non è solo di tipo formale perché alcune faccette definibili per "botanica" (come "metodi" e "storia"), non avrebbero senso per la classe piante. Piuttosto la voce "piante" avrà come faccette "Organi", "Stadi di Crescita", "Malattie", "Habitat". Alcune faccette saranno quindi appropriate sia per "botanica" che per "piante", altre saranno esclusivo appannaggio delle une o delle altre.

La logica predicativa, infatti, descrive gli elementi di una lingua in termini di predicati e loro argomenti. Ogni predicato fornisce alcuni argomenti. Ad es:

muoversi [P] di un oggetto [A1] verso una destinazione [A2] da una provenienza [A3] attraverso qualche mezzo [A4]

Così la frase "vado a Parigi da Venezia in aereo" è tradotta in "muovermi io Parigi Venezia aereo".

Gli argomenti A1, A2 e così via possono essere identificati dalla loro posizione (Parigi sarà intesa come destinazione perché secondo argomento) o, nei casi in cui gli argomenti non siano espressi esplicitamente, da marcatori speciali come, nei linguaggi naturali, le preposizioni o i casi di declinazione.

Per cui, in uno schema di classificazione come l'ILC, ogni classe può essere considerata come un predicato fornito di un insieme di potenziali argomenti che sono le sue faccette. Avremo così una formula a faccette del tipo:

piante [P] con organi [A1] allo stadio di crescita [A2] affette dalla malattia [A3] che vivono nell'habitat [A4]

In questo modo non solo le principali classi disciplinari, ma ogni fenomeno può virtualmente fornire delle faccette. Le discipline possono così essere viste come un tipo speciale di fenomeni che forniscono faccette come "metodi" o "storia".

Permettere che ogni classe possa essere un predicato con i suoi potenziali argomenti è in sintonia con l'enfasi sulle relazioni e sulla dinamica, piuttosto che sulla "sostanza", recentemente palesata in tendenze filosofiche quali l'ontologia processuale [Seibt 2004].

La parola "fenomeno" è sufficientemente neutrale per includere sia gli aspetti sostanziali sia quelli relazionali. Un fenomeno può quindi essere definito da un insieme di relazioni sia interne sia con altri fenomeni, delle quali le più rilevanti e caratteristiche sono espresse dalle sue faccette.

Nonostante gli argomenti di un predicato possano essere definiti liberamente, l'esperienza con alcuni linguaggi logici, come il Lojban, suggerisce l'utilità di dichiarare alcune sequenze convenzionali per "l'ordine degli argomenti" di predicati che coprono significati analoghi, come "muoversi", "andare", "viaggiare" dal momento che "i luoghi tendono ad apparire in ordine decrescente di importanza psicologica" [Cowan 1997: 12.16]. Non è difficile vedere in queste sequenze convenzionali l'equivalente dell'ordine di citazione nella classificazione bibliografica.

In base all'approccio della logica predicativa, quindi, possiamo intendere le faccette come le relazioni tipiche di un fenomeno con altri fenomeni: le automobili, ad esempio, hanno un tipo di carrozzeria (berlina, station wagon, coupé, ecc.), usano un tipo di carburante (benzina, diesel, metano, ecc.) e sono costruite da una determinata casa automobilistica. Queste faccette possono essere espresse da categorie, così le case automobilistiche sono gli Agenti delle automobili.

Nella bozza di classificazione a livelli di integrazione di Austin, le relazioni tra i fenomeni potevano essere espresse attraverso l'uso di operatori che esprimevano più precisamente le relazioni sintattiche intrattenute tra di loro. Austin [1976] a tal proposito parla di classificazione a faccette libere (freely faceted classification), affinamento dalla più semplice classificazione libera (free classification) consistente nella giustapposizione dei concetti, ciascuno dei quali è espresso da una notazione costante [Gardin, 1965].

Il Manifesto di León [ISKO Italia 2007] è la testimonianza di un'attuale convergenza di vedute sulla classificazione. Infatti, durante l'ottavo congresso del capitolo spagnolo dell'ISKO, tenutosi a León nell'aprile 2007, diversi degli intervenuti hanno convenuto proprio sulla necessità di un approccio radicalmente nuovo di classificare la letteratura accademica in termini di una classificazione universale di fenomeni, teorie e tipi di teorie, e metodi.

Le idee di una classificazione generale a faccette, non disciplinare e basata sui livelli di integrazione, tipiche del progetto ILC, trovano così consensi tra gli studiosi di knowledge organization e si arricchiscono dell'approccio di Rick Szostak che, con il suo lavoro incredibilmente complementare all'ILC, mira ad organizzare il sapere scientifico in base ai fenomeni, alle teorie e ai metodi rintracciabili favorendo così, anche in questo caso, un proficuo scambio interdisciplinare di conoscenze. Le teorie, infatti, sembrano svolgere un importante ruolo nella determinazione del soggetto nel contesto delle scienze sociali. D'altra parte, i metodi di ricerca rappresentano un aspetto fondamentale di una consistente parte di lavori relativi alle scienze naturali.

Dall'incontro della ILC e del lavoro di Szostak nasce, così, un nuovo e più completo tipo di freely faceted classification che sembra particolarmente adatto a situazioni di classificazione profonda (documenti specializzati piuttosto che generali), di scienze umane e sociali piuttosto che naturali e tecniche, di contesti interdisciplinari.

 



Il dominio della comunicazione

Tanto al cosiddetto uomo della strada dotato di senso comune quanto allo studente o navigato studioso di comunicazione (naturalmente con diversi gradi di consapevolezza) non può sfuggire il fatto che di comunicazione si tende a parlare in svariate occasioni della vita privata e pubblica, con accezioni molto distanti tra loro.

Ma se tutto è etichettato, spesso a sproposito, come comunicazione risulta difficile allora stabilire in che cosa consista un fenomeno di comunicazione e come distinguerne uno dall'altro. Questa difficoltà di definizione è riscontrabile anche tra i membri della comunità accademica dove le tante materie insegnate nei corsi di laurea in comunicazione spesso non sembrano né condividere un comune denominatore (se non negli intenti della programmazione didattica) né, tanto meno, cercare un dialogo costruttivo.

A livello professionale, infine, le "cento professioni della comunicazione" [Tuzzi 2006] testimoniano del panorama a dir poco variegato dei settori in cui, a vario titolo, sono impiegati i laureati in scienze della comunicazione e in cui, direttamente o indirettamente, le mansioni professionali richieste hanno a che fare con conoscenze e capacità legate alla sfera della comunicazione. Non sono presi qui in considerazione coloro che intraprendono, per scelta o per necessità, percorsi professionali completamente alternativi alla propria formazione in comunicazione.

Così, guardando alle esigenze di organizzazione delle conoscenze e di recupero delle informazioni che questi professionisti palesano quotidianamente, emerge un panorama altrettanto diversificato.

Da questo veloce excursus si evince come qualunque tentativo di render conto di tale complessità in termini formali non possa prescindere da un approccio di tipo interdisciplinare, una volta appurata la varietà e la diversità dei fenomeni coinvolti e affrontati. Il dominio della comunicazione non è infatti riducibile ad una singola disciplina o ad un singolo campo di studio né circoscrivibile ad un particolare ambito professionale.

Il dominio della comunicazione si configura quindi come una sorta di meta-disciplina che abbraccia molti aspetti della realtà, molte discipline accademiche e molti settori professionali.

È semmai possibile circoscrivere il dominio della comunicazione in termini di una comunità di discorso, intesa alla Birger Hjørland, anche se questa finora sembra essere solo un auspicio scarsamente realizzato.

Uno schema di classificazione speciale, oltre che non appropriato per la natura del dominio in questione, sarebbe di difficile definizione, applicazione e gestione. Infatti ogni schema speciale si trova a coprire più della sua specifica parte di conoscenza e la semplice aggregazione di diversi schemi speciali in uno schema generale comporterebbe enormi e visibili duplicazioni e sprechi oltre a probabili incongruenze [Foskett 1970].

In base a queste considerazioni, la classificazione a livelli di integrazione sembra poter affrontare a pieno titolo le difficoltà sopra individuate offrendo un framework generale ontologicamente fondato e allo stesso tempo dotato di un punto di vista interdisciplinare indispensabile per classificare i fenomeni della comunicazione.

Nell'utilizzare la ILC nascono, tuttavia, nuove difficoltà specifiche dovute al fatto che si tratta di uno schema ancora in fase di definizione e che l'impostazione naturalistico-ontologica potrebbe apparire poco affine alla natura molto astratta e poco quantificabile dei fenomeni di comunicazione.

Come fa notare Roberto Poli [2007], lo strato sociale, quello che insieme allo strato psicologico è maggiormente coinvolto nei fenomeni di comunicazione, è caratterizzato dalla presenza di una serie di domini tendenzialmente universali in interazione reciproca. La dimensione della (tendente) universalità allude al fatto che ognuno di questi domini cerca di vedere l'intero universo juxta propria principia.

Il mondo delle norme, dei valori, delle istituzioni legali, dell'arte, della comunicazione (ecc.), ad esempio, procede in accordo ai propri specifici principi interpretativi con cui tende a vedere la realtà da un particolare punto di vista. Ogni dominio ha la sua prospettiva categoriale distintiva. Nei termini della teoria dei livelli di realtà, significa che i vari domini al massimo livello sono connessi da relazioni di sovracostruzione e quindi ognuno di loro è un sottostrato dello strato sociale.

È poi diffusa l'opinione secondo cui l'approccio a livelli sarebbe più adatto a indicizzare letteratura scientifica (i livelli più bassi) ma non letteratura umanistica: secondo Austin [1976], in quest'ultima assume maggiore importanza la sequenza di combinazione tra le classi, il che farebbe propendere in favore di faccette predefinite.

D'altra parte l'approccio a livelli è cresciuto all'interno del CRG come una sorta di sviluppo logico di quello a faccette, ed è immaginabile che i due possano essere conciliati all'interno di un quadro più generale.

La freely faceted classification per fenomeni, teorie e metodi che l'ILC sta via via perfezionando, sembra essere un approccio in grado di registrare la complessità dei fenomeni di comunicazione.

 



La comunicazione nelle classificazioni esistenti

Un buon punto di inizio per la nostra ricerca è quello di osservare, anche solo sommariamente, come viene trattata la nozione di comunicazione in alcuni schemi di classificazione già esistenti.

Nella Classificazione Decimale Universale [Universal Decimal Classification 2003], lo schema di classificazione gerarchico-enumerativo attualmente più evoluto, il termine comunicazione appare in diversi punti all'interno della classe principale 0 (zero) relativa a "Generalità. Scienze e conoscenza. Organizzazione. Informazione. Documentazione. Biblioteconomia. Istituzioni. Pubblicazioni." E, più specificatamente, in alcune sue sottoclassi assume diverse accezioni.

Nella sottoclasse "Informatica e tecnologia. Computazione. Elaborazione dati" (004) troviamo:

004.7 Computer communication. Computer networks

Nella sottoclasse "Management" (005) troviamo:

005.57 Communication including: Interviewing. Consultation. Advice. Discussion. Debate. Brainstorming

Comunicazione appare poi anche in un'altra sottoclasse:

007 Activity and organizing. Communication and control theory generally (cybernetics) including: Automata. Robots

Ma comunicazione appare anche nella classe principale 6 relativa a "Scienze applicate. Medicina. Tecnologia" con le accezioni:

621.39 Telecommunication. including Telegraphy. Telephony. Broadcasting (radio, television). Video technology. Telecontrol

E nella sottoclasse 659 "Publicity. Public relations" incontriamo:

659.3 Mass communication. Informing, enlightening of the public at large

Se, poi, si allargasse la sfera semantica ai soggetti che, per esperienza, sappiamo essere in vario modo attinenti alla comunicazione, ci imbatteremmo, ad esempio, in:

004.5 Human-computer interaction. Man-machine interface. User interface. User environment. including Graphical user interfaces (GUIs). Wizards
004.55 Hypermedia. Hypertext
070 Newspapers. The Press. including Journalism

E sicuramente nella classe 7, relativa a "Arti. Svago. Intrattenimento. Sport", potremmo "pescare" alcune classi che riguardano molto da vicino la comunicazione come:

77 Photography and similar processes
791 Cinema. Films

Ciò che colpisce a prima vista, non è tanto lo "sparpagliamento" dei fenomeni di comunicazione tra tante classi distanti tra loro, naturale se si considerano le fondamenta disciplinari su cui lo schema poggia, quanto il loro rientrare, per lo più, nella classe 0, come se fosse una premessa generale applicabile ai veri ambiti disciplinari.

Se, da una parte, questo ci conforta perché conferma il carattere di meta-disciplina che in questa sede riconosciamo alla comunicazione, dall'altra, dà una rappresentazione distorta di tutta quella parte di letteratura che tratta delle teorie della comunicazione come di un normale campo di studio disciplinare.

Simile approccio sembra condividere anche la seconda edizione della Classificazione bibliografica di Bliss (BC2) [Mills & Broughton 1977, BCA 1998, Broughton 2004], il cui ordine delle classi (sempre basate sulle discipline) è considerato da molti come l'ordine migliore e più conveniente fra tutti i sistemi di classificazione generali, basato com'è sia su principi filosofici (può essere considerato coerente anche con la teoria dei livelli di integrazione) sia sul consenso accademico (ossia la percezione delle relazioni tra discipline e tra soggetti dal punto di vista accademico, aderente alla ricerca universitaria).

Non bisogna dimenticare, però, che l'aspetto che contraddistingue la BC2 rispetto ai sistemi tradizionali di classificazione risiede nel fatto che l'ordine all'interno delle classi principali è determinato dall'applicazione di rigorose tecniche di analisi a faccette.

Il vocabolario del soggetto, come viene determinato raccogliendo termini tratti da documentazione corrente, è analizzato in una serie di faccette corrispondenti alle categorie dell'ordine di citazione standard. Il CRG, come abbiamo avuto modo di vedere nel Capitolo 2, ha espanso l'insieme di categorie fondamentali dalle originarie cinque di Ranganathan a un potenziale massimo di tredici.

Ad ogni modo, anche in questo caso, la comunicazione rientra tra le classi 4 e 9 dedicate alle "trattazioni multidisciplinari di particolari fenomeni". In particolare, le classi dalla 7 alla 9 sono dedicate a:

7 Universe of knowledge
	Methods of enquiry, research
	Innovation, discovery
	Disciplines (as subjects)
		Humanities
  Communication and information
	Communication theory
	Media of communication
		Semiotics, codes (Linguistics and language, see W)
		Aural (speaking, etc.) Visual (witing, etc.) Audiovisual
	Recorded information, information sciences and technologies
		Generation of information: sources, autorship
		Recording and reproduction
			Sound, reprography, photography, printing and typography
8 Data processing, computer science
  Records, documentation
		Types of records: physical forms, form of presentation, etc.
		Distribution: publishing, selling
		Collecting, listing, organising
			Bibliography, paleography, epigraphy
			Library and information science
				Organisation, acquisition
				Information work, dissemination
				Systems and users
			Archives and records management
			Museology, exhibition
9 Individual and mass communication
	Individual communication: signalling, postal, telegraphy, telephony
		(Telecommunication engineering) see BU
  Mass communication: meetings, conferences, press, broadcasting
  Publicity and propoaganda: public relations, advertising
  Public opinion: polls, user research

Nel loro precedere le discipline (classi A/Z), intese in senso classico, queste meta-classi risultano quindi come argomenti di particolare interesse solo o principalmente per la classificazione bibliografica, assumendo quasi un ruolo di strumenti metodologici. Questa collocazione tradisce, cioè, un'intrinseca difficoltà nel considerare questi fenomeni alla stregua del resto della conoscenza costringendo la loro trattazione "in separata sede". D'altro canto, emerge ancora una volta come i fenomeni di comunicazione rientrino a pieno titolo tra i fenomeni che necessitano di una trattazione multidisciplinare.

Infine, desidero prendere in considerazione il Broad System of Ordering (BSO) [Coates et al. 1979], un sistema di classificazione nato sul finire degli anni Settanta, come sviluppo del precedente progetto UNISIST, e concepito per ridurre la profondità dell'indicizzazione così da agevolare il trasferimento di larghi blocchi informativi tra istituzioni scientifiche.

Si tratta di uno schema universale a faccette, in grado di abbracciare tutti i campi del sapere indipendentemente dalle lingue e dagli schemi utilizzati localmente e di rispondere così con agilità al rapido avanzamento delle conoscenze.

La sua preoccupazione è quella di essere una lingua franca e per riuscirvi definisce delle classi alquanto generiche, espresse da tre cifre che, all'occorrenza, possono aumentare il livello di specificazione con ulteriori sequenze di due cifre, separate da virgole.

Nonostante questa "vocazione generalista", all'interno della classe 100 dedicata alla conoscenza in generale, troviamo la sottoclasse 150 interamente dedicata alle scienze della comunicazione in cui vengono raggruppati e affrontati molti fenomeni di comunicazione con relativi rimandi alle classi disciplinari:

150 COMMUNICATION SCIENCES
150,10 Communication & information theory
* For information, communication & control theory together in Cybernetics, see 160,45
150,20 Communication media science
* For linguistics, see 911
* For destination-directed communication, see 155
* For mass communication, see 156
150,21 Semiology & semiotics = Signs & symbols
150,22 Codes & notations
150,30 Aural communication media = Sound communication media
*For sound recording & reproduction, see 150,60
150,34 Verbal aural communication = Speech & speaking
* For spoken language, see 911,42
* For oratory in literature, see 915,27
150,40 Visual communication media
* For photography & photographic media, see 150,70
* For reprography & printing, see 152
150,42 Writing & scripts
* For written language, see 911,43
150,43 Typing & typescript
150,44,86 Microforms
150,45 Graphic communication media
* For graphic arts, see 945
150,46 Pictorial communication media
150,50 Audiovisual communication media
* For audiovisual materials in education, see 460,27
150,52 (Tactile systems)
**BSO 1978 notation & caption. Caption relocated to 150,80,52,70
150,53 Audiovisual recording & reproduction = Video recording & reproduction
**Relocated from BSO 1978 150,80
150,54 Electronic
150,58 Magnetic
150,59,51 Optical
150,60 Sound recording & reproduction media = Audio media
150,70 Photography
* For photography as art, see 947
150,70,23 Photographic chemistry
150,75 Motion photography = Cine-film
* For motion pictures as art, see 957
150,76 Sound films
150,80 (Audiovisual & other special recording & reproduction techniques)
**BSO 1978 notation & caption. Caption amended & relocated to 150,53
150,80,30 (Communication media for particular social groups)
* Expand 150,80,31 to 150,80,87 with meanings as at 528,31 to 528,87. The schedule immediately following gives examples of the expansion, together with some additional notations & captions for concepts special to the field of recording & reproduction media
150,80,32 Children
**Change of meaning from BSO 1978 150,80,32
150,80,32,75 Films for children
**Relocated from BSO 1978 150,80,32
150,80,52 Blind people
150,80,52,70 Tactile systems
**Relocated from BSO 1978 150,52
150,80,52,71 Braille
150,81 (Ethnic, linguistic & religious groups)
* Expand 150,81,10 to 150,81,79 with meanings as at 529,10 to 529,79
150,88 Non-verbal communication
152 (Reprography & printing)
* For documents, see 140,50
* For graphic fine arts, see 945
152,11 (Reprographic & printing equipment)
152,30 Reprography = Copying = Facsimile
152,33 Stencil copying = Duplicating = Mimeographing
152,36 Photocopying
* For photography, see 150,70
152,36,86 Microcopying
152,38 Electrostatic copying
152,39 Xerography
152,40 Printing
152,40,11 (Printing equipment)
152,42 Typography
152,42,30 Typesetting = Composing
152,42,38 Computer typesetting
152,43 Platemaking
152,43,70 Process photography
152,45 Presswork
152,45,99 (Printing systems)
152,46 Letterpress
152,47 Offset printing = Planography = Offset lithography
152,48 Gravure = Intaglio
152,48,80 Photogravure
152,50 Bookbinding
152,55 Casing
152,57 Adhesive binding = Unsewn binding
152,59,90 (Book & periodicals trade)
152,59,92 Book & periodical publishing
152,59,94 Desktop publishing
152,60 Book trade
* For books in information science, see 140,54
152,62 Book publishing
152,67 Bookselling
152,67,70 Antiquarian book trade
152,68 Periodicals trade
152,68,20 Periodical publishing
152,80 Intellectual property
* For patents, see 184,35
* For performance rights, use 950-152,80
152,83 Copyright
152,88 Public lending right
155 (Destination-directed communication)
* Media of destination-directed communication, their social aspects & operating techniques
155,20 Signalling
* For semiology & semiotics, see 150,21
155,40 Postal communication = Mail services
155,46 Postage stamps = Philately
155,50 Telegraphy & telex communication
* For telegraph & telex engineering, see 655,50
155,55 Telephony
* For telephone engineering, see 655,55
156 Mass communication
* Mass communication media, their social aspects and operating techniques
156,30 Press = Newspapers = Journalism
* For periodicals in information science, see 140,55
156,30,50 Press agencies
156,60 Broadcasting = Radio & television broadcasting
156,61 Radio broadcasting = Sound broadcasting
* For radio engineering, see 655,60
156,65 Television broadcasting = TV broadcasting
* For television engineering, see 655,65
158 (Publicity, public opinion & user research)
158,20 Publicity
* For commercial enterprise publicity, see 588,80
158,21 Propaganda
158,22 Public relations = P.R.
158,25 Advertising
* For commercial advertising, see 588,82
158,40 Public opinion
158,41 Public opinion surveys = Opinion polls
158,50 User research
158,54 Audience research
158,56 Reader research

Così, se le scienze della comunicazione acquisiscono una loro dignità potendo contare su una sottoclasse, ad occuparsi di fenomeni e di entità, da un punto di vista multi- o non-disciplinare, resta la classe 088.

 



Gli articoli di Undicom

Nato nel 1998 e tuttora online, Undicom [http://www.undicom.it] è un portale internet in lingua italiana dedicato alle tematiche della comunicazione.

Il progetto (che ho contribuito a fondare e gestione insieme ad altri colleghi di università) nasce in seno all'associazione universitaria di Trieste, Undiversità Comunicazione (di cui Undicom è l'abbreviazione), in cui si riuniscono studenti, docenti e professionisti che giornalmente "toccano con mano propria" le questioni della comunicazione, tanto da un punto di vista teorico quanto applicativo. Tale natura e composizione sono testimoniate dall'headline (inglese slogan) leggibile sulla homepage del sito: "il network della conoscenza dedicato ai comunicatori".

Il progetto nel corso degli anni ha visto allargare le proprie collaborazioni principalmente a studenti di altri corsi di laurea in Scienze della Comunicazione presenti in tutta Italia, diventando un'utile occasione di confronto e di esperienza sul campo per molti di loro.

Gli oltre 500 articoli presenti sul sito spaziano dalle classiche recensioni di libri film dischi videogame e fumetti, alle segnalazioni o ai reportage di eventi di particolare interesse (convegni, incontri, festival, fiere di settore), ad inchieste su temi d'attualità, ad interviste con personaggi del mondo della comunicazione, fino all'esposizione di opinioni personali, sotto forma di inteventi blog o di veri e propri editoriali.

Sia che si tratti di marketing, di industria culturale, di comunicazione pubblica o politica, e di nuovi media, la linea editoriale seguita (o che perlomeno si è cercati di imprimere) è sempre stata quella di poter parlare di qualunque argomento a patto che avesse una rilevanza per la comunità dei comunicatori, sia da un punto di vista contenutistico sia di approccio. In quest'ultimo caso si è parlato spesso di punto di vista "comunicazionale" dove, cioè, si vuole porre l'attenzione sulle dinamiche comunicative sottese ai temi presi in esame.

Sebbene negli ultimi anni la frequenza di pubblicazione degli articoli si sia drasticamente ridotta per il sopraggiungere di dinamiche probabilmente congenite all'associazionismo studentesco, Undicom costituisce tuttora un ricco bacino di contenuti in grado di testimoniare l'estensione e la diversificazione sia degli autori sia delle tematiche affrontate.

Si può, anzi, arrivare a dire che Undicom e tipi di esperienza analoghi (solo per citare i casi più significativi del panorama italiano: scienzedellacomunicazione.com e comunitazione.it) sono realizzazioni molto vicine alle comunità del discorso indagate da Hjørland e, per questa loro configurazione, rappresentano un'importante fonte di riferimento per l'analisi del dominio della comunicazione.

Da un punto di vista metodologico, il loro carattere informale rispetto a risorse di tipo accademico non sembra costituire un problema e, semmai, risulta di grande attualità la questione di come trattare la conoscenza sparsa e informale di questo tipo, comprese email, mailing list [La Barre &  2002] e blog [Dal Porto & Marchitelli 2006].

Gli articoli ed altri contenuti di vario tipo (notizie, eventi, riferimenti bibliografici, ecc.) presenti nel sito Undicom sono quindi la fonte che ho passato in rassegna per definire i concetti e i fenomeni relativi al dominio della comunicazione.

I titoli di questi articoli presentano spesso un linguaggio ricco di metafore perché concepiti per catturare l'attenzione dei lettori. D'altra parte, i catenacci non sempre riescono ad esplicitare esaustivamente gli argomenti affrontati. Per questi motivi, spesso si è reso necessario prendere in considerazione anche il corpo stesso degli articoli così da poterne registrare con maggiore fedeltà la ricchezza semantica.

In questa sede mi limito a riportare l'analisi di alcuni articoli, a mio giudizio particolarmente significativi per l'attualità e la diversità degli argomenti trattati.

In primo luogo mi sono preoccupato di individuare i fenomeni a cui gli articoli di Undicom si riferiscono, siano essi di comunicazione o di altro tipo, annotandoli sotto forma di singole parole, locuzioni o semplici frasi e, qualora necessario, riportando anche una breve spiegazione. Per questa prima fase dell'analisi mi sono servito anche delle parole chiave che gli stessi autori o, più frequentemente, i responsabili editoriali del sito hanno attribuito ai contenuti in questione

A questo punto ho cercato di trovare la notazione più conveniente per i fenomeni individuati riferendomi allo schema di classificazione a livelli di integrazione presente sul sito di Isko Italia. A seconda dei casi, ho proposto la classificazione libera o la classificazione a faccette libere o entrambe. Visto lo stato ancora "in fieri" dello schema della ILC, molte delle sottoclassi di cui avrei bisogno non sono ancora definite e, pertanto, in via provvisoria sono sostituite dalla notazione della classe d'appartenenza già esistente aggiungendo la lettera "X" a mo' di segnaposto (in inglese "some").


Titolo: Creare dipendenza
Catenaccio: Esclusivo: soffrire di Grande Fratello
Fenomeni: dipendenza patologica generata da esposizione prolungata al medium TV, Grande fratello, formati televisivo, comunicazione di massa, audience, gradimento, fiction (l'articolo si basa su una testimonianza inventata per ingigantire gli effetti dell'esposizione mediatica)

p idee, mente, coscienza
60 disturbato da
o3i (istinti) condizionamento
860 disturbante
y3cs (conoscenza) tramite comunicazione di massa
y44st (conoscenza) per televisione
y49t (conoscenza) in forma di fiction
y76(90) audience
08i "fictional", tratto da aiUi "imaginary"

Classificazione libera: y44st y3cs y76(90) p60 o3i aiUi
"televisione: comunicazione di massa: audience: coscienza disturbata, condizionamento: immaginario"

Classificazione a faccette libere: y44st3cs76(90))860p86o(3i)08i
"televisione, di massa, audience, disturbante la coscienza, causante condizionamento, fittiziamente"

Oppure, qualora risulti più rilevante l'aspetto comportamentale-psicologico: o3i6y(44st3cs76(90))08i "condizionamento causato da televisione, di massa, audience, fittiziamente"


Titolo: Come si diventa giornalista?
Catenaccio: Considerazioni e spunti per gli aspiranti giornalisti con l'aiuto di una lettura un po' datata ma sempre attuale
Fenomeni: professione giornalista, libertà d'espressione, Ordine dei giornalisti, etica del giornalismo, pluralità dell'informazione, libro di Piero Morganti "Come si diventa giornalista"

y49n "(comunicazione in forma di) giornali"
s7 "(società tendente a) valori, morale, etica"
u5b "(economia con) lavoro"
u8 "economia nel settore di"
y44pb "(conoscenza in) libri"
39 "attraverso modo" = come
09j "istruzioni, guida"

Classificazione libera: y49n u5b s7 09j y44pb
"giornali: lavoro: valori: guida: libri"

Classificazione a faccette libere: y49n)88u(s7)5b39X09j04pb
"giornali, oggetto di economia, in relazione con l'etica, con lavoro, modo, istruzioni, in libri"


Titolo: Giornalismo scientifico: comunicare scienza e cultura al pubblico

Catenaccio: Gli scienziati scoprono, gli inventori creano, gli studiosi approfondiscono, ma chi fa sapere tutto ciò al pubblico? E soprattutto in che modo? A questi e ad altri quesiti hanno tentato di rispondere i relatori della seconda sessione del convegno "Giornalismi"

Fenomeni: scienza, ruolo dei media nella divulgazione scientifica, comunicazione scientifica, giornalismo, teoria operazionale, teoria normativa, ruolo del giornalista scientifico, visione politica della scienza, le decisioni sulla scienza prese in compartecipazione con il pubblico

y49n "giornali"
yn "scienza"
y3cs "comunicazione di massa"
t3 "politiche"
t8yn "istituzioni occupantisi di scienza"

Classificazione mista, libera e a faccette libere: t8yn3 y8yn49n3cs
"istituzioni, occupantisi di scienza, politiche: conoscenza, sulla scienza, in forma di giornali, attraverso comunicazione di massa"

Da notare come la faccetta 8 prenda contenuti da classi completamente diverse (istituzioni, scienza), caratteristica questa propria della classificazione a faccette libere rispetto a quelle disciplinari.


Titolo: Comunicare per tradizione
Catenaccio: In giro per la facoltà di Scienze della Comunicazione a Barcellona
Fenomeni: istituzione università, giornalismo, comunicazione audiovisiva, relazioni pubbliche, Barcellona, studenti
y3eu "università"
y3c "comunicazione della conoscenza"
y49n "giornali" (se come oggetto di studio sono y8y(49n), se come formato di documento sono 049n)
y76X "studenti"
t3u "relazioni pubbliche"? (sarebbe da creare)
tnUdX "Barcellona" da tnUd "Spagna"

Classificazione a faccette libere: y8y(49n)76X3eu3c2dX
"conoscenza, riguardo ai giornali [o la com. o altro], destinata a studenti, in università, comunicazione, in Spagna"


Titolo: Il nuovo museo della pubblicità al Louvre di Parigi
Catenaccio: Visita guidata attraverso la storia di spot e affiches
Fenomeni: museo, affiches, spot pubblicitari, annunci per la stampa, packaging, oggetti promozionali, mediateca, esposizioni, evoluzione del gusto estetico, web advertising

y6m "museo"
u3k "pubblicità" (advertising)
s1 "in un periodo di storia della società"
{Louvre} "Louvre"
tnUcf "Île de France", Parigi sarebbe tnUcfX
y44st "televisione" come opere d'arte nella forma di televisione
y44pp "affiches" come opere d'arte nella forma di carta stampata

Classificazione a faccette libere: y6m{Louvre}8u(3k1X0044ppWAst)2cfX
"museo del Louvre, riguardo la pubblicità nel tempo, in forma di poster e spot televisivi, a Parigi"


Titolo: Hip hip... ultrà!
Catenaccio: Alla scoperta dello stretto nesso tra televisione e tifoseria estrema
Fenomeni: indagine sociologica, esportazione televisiva, sottocultura degli hooligan inglesi, penetrazione della tv nel tessuto sociale, apparire, politicizzazione, anticorpi sociali, morte, linguaggio gergale

s3sts "calcio"
t8 "istituzioni occupantisi di"
y44st "televisione"
y3cs "comunicazione di massa

Classificazione a faccette libere: t8s(3sts)70X65y(44st3cs)
"associazioni dedicate al calcio, in relazione con crminalità, influenzati da televisione, comunicazione di massa"


Titolo: Il maxincendio di Buncefield scatena i cittadini-cronisti
Catenaccio: In pochi giorni sono arrivate alla Bbc 6.500 email con foto o video dell'incendio di Buncefield, 5.500 in più di quelle arrivate dopo l'attacco terroristitico di Londra del 7 luglio -- I freelance, preoccupati, si interrogano sul citizen journalism
Fenomeni: citizen journalism, rischi e responsabilità professionali,

y6a49n "citizen journalism"
u5bl "freelance"
y44we "email"
1U "evento tipico"
tnUaX "Buncefield" da tnUa "Regno Unito"

Classificazione a faccette libere: y6a49n860u(5bl)44we1U
"citizen journalism, a sfavore dei freelance attraverso le email: attuale"


Titolo: Quando il consumo diventa "contagioso"
Catenaccio: Arrivano dagli States per contagiare il Vecchio Continente. Sono le virus-idee, una nuova straordinaria arma al servizio del marketing. I consumatori sono avvertiti: nessun vaccino è efficace contro la febbre del consumo. Viaggio alla scoperta della nuova frontiera del marketing relazionale: il virus marketing.
Fenomeni: consumo, marketing virale (vs clutter/bombardamento mediatico), comunicazione relazionale (vs di massa),

lr "virus"
u3o "consumo"
sX "comunicazione relazionale"

Classificazione mista, a faccette libere e libera: u3o34(lr) sX
"consumo, tramite virus : comunicazione relazionale"


Titolo: Blogosfera: il fenomeno che trasforma la comunicazione
Catenaccio: Il punto sull'universo Blog, caratterizzato da molte luci e qualche ombra.
Fenomeni: blog o web log, blogger, abbassamento della soglia di ingresso per la pubblicazione di contenuti, information overload (sovraccarico informativo), questione dell'autorevolezza dei dati pubblicati dagli autori dei blog

q5(y44t) "comunicazione mediata dal computer"
y44wso "blog"

Classificazione libera: q5(y44t)65(y44wso)
"comunicazione mediata dal computer, inflenzata dai blog"


Titolo: Cinema: funzione di finzione?
Catenaccio: La fantasia si impone nel grande schermo
Fenomeni: funziona di finzione del cinema per il pubblico, tendenza al "fantastico" delle produzioni cinematografiche del nuovo millennio, storie di supereroi, progresso degli effetti speciali (tecnica di postproduzione video), filone dell'evasione

xs "cinema"
aiUi "finzione"

Classificazione a faccette libere: xs7(aiUi)
"cinema, con funzione di finzione"


Titolo: Il giornalismo di guerra: Il rischio della notizia
Catenaccio: L'informazione è sempre vittima nei conflitti? Le testimonianze dei reporter
Fenomeni: libertà di stampa, giornalista unilateral (indipendente che rischia di suo) o embedded (incorporato nelle truppe), diritto dell'informazione, illusione dell'informazione globale (Non è possibile sapere tutto di tutto, il giornalista può sapere solo quello che vede in maniera diretta e se è onesto scrive solo di questo, o comunque ciò di cui è certo perché l'ha verificato.)

y8t(33w)49n "informazione sulla guerra in forma di giornalismo"
y49n46a "giornalista"
t8y4X "diritto della conoscenza"

Classificazione libera: y8t(33w)49n46a m60 t8y4X
"Giornalismo di guerra: organismo minacciato: diritto della conoscenza"


Il campione di articoli preso in considerazione vuole essere rappresentativo degli argomenti maggiormente trattati dagli autori di Undicom, quindi giornalismo, scenari mediatici ed effetti dell'uso di nuove tecnologie, influenza dei media sul comportamento sociale, strategie di marketing, ecc. D'altra parte, la ILC permette di analizzare questi articoli in termini di specifici fenomeni della comunicazione senza per questo sacrificare il contesto culturale in cui sono inseriti o altri fenomeni connessi ma provenienti da differenti domini della conoscenza: una dimostrazione, quindi, delle capacità di analisi interdisciplinare della ILC.

A seguito di questa analisi, benché limitata, possiamo così individuare diversi fenomeni di comunicazione, più o meno materiali. Ma emergono, anche, le diverse concezioni teoriche e metodologiche della comunicazione.

La storia delle teorie della comunicazione è, infatti, una storia ormai ricca ed articolata e diversi sono i tentativi passati e presenti di raffigurarne i tratti salienti [Craig 1999 e 2007; Littlejohn & Foss 2005; Giangualano 2006].

Pur non rientrando negli intenti di questo studio intraprendere analisi di questo tipo, non possiamo tralasciare l'indubbia utilità di questi tentativi e non tenerne quindi conto al momento di collocare i fenomeni di comunicazione nello schema dell'ILC.

Possiamo quindi affermare che i livelli di integrazione principalmente coinvolti sono:

a3 Comunicazione come trasmissione di informazioni (approccio matematico-cibernetico).
o Comunicazione come interazione (approccio pragmatico relazionale)(Watzlavick).
p Comunicazione come risultato della somma di intenzionalità informativa più intenzionalità comunicativa (approccio semio-pragmatico).
p(s) Comunicazione come definizione della propria identità rispetto agli altri (approccio psicologico relazionale).
q Comunicazione come processo di significazione (approccio semiotico).
r Comunicazione come processo linguistico (approccio pragmatico):
r3 (linguaggio trasmesso attraverso un processo di comunicazione) e r7 (funzione linguistica, livello linguistico) possono assumere l'accezione di ars retorica
s relazioni sociali e di mutua assistenza tra i membri di comunità, generalmente umane; Comunicazione come trasmissione di significato tra uomini (basata su scambio di simboli): la comunicazione mediata è sempre un fenomeno sociale contestualizzato. I mezzi tecnici determinano un certo grado di fissazione delle forme simboliche, la riproduzione e la distanziazione spazio-temporale (approccio sociologico)
u Comunicazione come merce di scambio (corrente postmoderna)
y "knowledge", quando la comunicazione è innanzitutto un processo di trasmissione di informazioni e di conoscenza.

L'affinamento o la creazione stessa di nuove classi dello schema ILC sui fenomeni della comunicazione sarebbe possibile sia aumentando sia diversificando le fonti analizzate: ad esempio potrebbero essere presi in considerazione i programmi didattici dei corsi di insegnamento di Scienze della Comunicazione o le collane di libri dedicate ai temi della comunicazione.

Purtroppo il tempo è tiranno.

Si perdoni l'autoreferenzialità del seguente esempio ma il titolo del presente studio si presta bene a mettere in evidenza, ancora una volta, le capacità di analisi interdisciplinare della ILC: "Classificare il dominio della comunicazione: analisi di un corpus di fenomeni secondo la teoria dei livelli di integrazione"

y3c "comunicazione"
03x "studiato attraverso la classificazione"
y49xs(3f) "analisi del soggetto a faccette"
y49xs(3l) "analisi del soggetto a livelli"

Classificazione a faccette libere:
y3c03x
oppure:
y3c03(y49xs(3f3l))

 



Conclusioni

Mai come in quest'epoca l'Uomo si è trovato a gestire contemporaneamente una quantità di informazioni così vasta e così multiforme.

Prima, con le comunicazioni di massa, è stato e continua ad essere esposto ad un incessante flusso di stimoli testuali e audiovisivi in una dinamica broadcasting, uno a molti. Poi con la digitalizzazione delle comunicazioni personali ogni individuo è divenuto il nodo di una immensa rete di scambio di conoscenze, riacquistando un ruolo di maggiore centralità.

Nella società delle informazioni che, a tratti, ci sovrastano perché troppo numerose e difficili da gestire e, a tratti, ci fanno sentire onnipotenti con il loro raggiungerci e conneterci sempre e ovunque, cerchiamo soluzioni semplici, spesso facili scorciatoie. D'altronde è umano, oltre che razionalmente ecologico, ricercare la semplicità, ridurre la quantità e la diversità ad un insieme manipolabile.

"Entia non sunt multiplicanda praeter necessitatem" raccomandava già nel '300 il filosofo Guglielmo di Ockham con il principio metodologico che porta appunto il nome di "Rasoio di Occam". Mi si conceda il raffronto azzardato ma sembra fargli eco il recente "less is more" dei designer ed esperti di "user experience" di 37signals, nota "softwarehouse" statunitense.

L'Uomo tende alla semplicità, intesa come essenzialità contrapposta alla ridondanza informativa: sia che si tratti di fenomeni da indagare o di pixel da (non) utilizzare su uno schermo, ciò che è semplice è cognitivamente meno impegnativo e pertanto più attraente. Karl Popper lo conferma per le teorie scientifiche: se una teoria è applicabile a più situazioni è anche più facilmente verificabile e quindi può essere sottoposta al criterio di falsificabilità.

L'esplosione di vecchie e nuove forme di comunicazione, però, ha contribuito all'infittirsi delle connessioni tra fenomeni un tempo considerati distanti e la realtà è, o per lo meno appare, più complessa. Così decidere che cosa sia superfluo, che cosa scartare dalla rappresentazione della realtà, si fa ancor più difficile.

La consapevolezza che "la mappa non è il territorio" [Korzybski 1933] non ci mette al riparo, infatti, dal rischio del riduzionismo. L'ontologo Roberto Poli, capovolgendo la massima del Rasoio di Occam, ci mette in guardia: "entia non sunt diminuenda praeter necessitatem".

Non va dimenticato, poi, che la classificazione rimane pur sempre una questione personale e soggettiva perché dipende dal punto di vista, dal contesto socioculturale, dalle finalità di chi osserva la realtà. Il "web 2.0", i "social media" e le relative "folksonomy" non fanno altro che confermare e rendere evidente ogni giorno di più quanto personale sia la visione che ogni individuo ha del mondo che lo circonda.

D'altra parte, queste nuove forme di comunicazione e di interazione permettono una costruzione dal basso, parola per parola, della rappresentazione della realtà. Così, sebbene in forma aggregata, permettono di capire meglio come gli individui categorizzano, associano idee, rappresentano fenomeni della realtà, sia essa fisica o virtuale. Non possiamo poi trascurare il fatto che le folksonomy sono assolutamente gratuite: in molte situazioni risultano essere l'unica l'alternativa alla totale mancanza di classificazione.

Le folksonomy restano però approssimative. Non rispettano infatti i requisiti di affidabilità, di precisione e di esaustività, fattori indispensabili in ricerche articolate come quelle di tipo accademico. Oltre alla mancanza di un vocabolario controllato, con tutte le ricadute sul piano verbale che questo comporta, i "tag" sono per loro stessa natura un sistema di organizzazione della conoscenza post-coordinato. Questo significa che i vari elementi del soggetto non sono connessi fra loro già al momento di indicizzare (come avverrebbe in un sistema pre-coordinato) ma concorrono a formare il soggetto solo a posteriori, quando l'utente li esamina. Viene cioè a mancare la fase di sintesi, in cui le relazioni semantiche si traducono nelle relazioni sintattiche della notazione.

La classificazione a livelli di integrazione, in questo senso, è un sistema di organizzazione della conoscenza tradizionale. Classificatori professionisti sono infatti chiamati a svolgere il proprio ruolo di garanti della terzietà e coerenza della classificazione. Eppure, nonostante sia utilizzabile dagli utenti finali solo in fase di consultazione, la ILC condivide con le nuove classificazioni sociali il medesimo impeto di registrare i fenomeni della realtà partendo dal basso, così come emergono e si manifestano nella realtà, cercando di preservare i differenti punti di vista.

Abbiamo infatti visto come la ILC presenti un solido ancoramento ontologico, perché nel suo essere uno schema generale di classificazione ordina i fenomeni della realtà in base al livello di organizzazione (ci sono casi in cui l'evoluzione avanza mentre la complessità diminuisce), riconoscendo "l'emergenza" di nuove entità quando si manifestano.

Allo stesso tempo, la ILC presenta anche grandi doti di flessibilità e di adattabilità: grazie alla sua struttura a ramificazione differenziata può svilupparsi solo quando e dove effettivamente necessario. La ILC è pur sempre una evoluzione dei sistemi di classificazione a faccette e come tale permette di specificare le relazioni interne o esterne dei fenomeni solo all'occorrenza.

Rappresentare la ILC come un reticolo in grado di accogliere e registrare dinamicamente connessioni sempre nuove è pertanto in sintonia con quanto Eugenio Gatto ha affermato qualche anno fa, utilizzando le metafore del quaderno a righe e a quadretti:

"Noi andiamo a righe. È il mio modo di ridire una frase che dice Ranganathan: che per la maggior parte di noi la classificazione è un funzionamento mentale. Noi funzioniamo a faccette -- molti di noi. E funzionare a faccette vuol dire andare a righe, e non andare a quadretti. Non c'entra niente l'incasellamento. È tutta una cosa fluidissima, libera; non di lunghezze fisse, sempre di lunghezze variabili; non di caselle predeterminate, sempre di caselle da determinare in base a quel che ci serve. È una cosa, come dico, a righe" [Gatto 2004].

Il principale elemento di innovazione dell'ILC resta, però, il suo essere un sistema per organizzare la conoscenza basato non più sulle discipline accademiche ma sui fenomeni della realtà, sulle teorie adottate e sui metodi utilizzati.

Questo suo essere così naturalmente "trasversale" favorisce la serendipità (inglese serendipity), ovvero quelle occasioni in cui è frequente scoprire cose che non si stanno cercando ma che, in modi inattesi, presentano delle connessioni con i fenomeni originariamente indagati. E questo è il fine ultimo dell'interdisciplinarità: permettere una condivisione contagiosa dei saperi.

Nel caso specifico preso in esame, ho avuto modo di constatare come il dominio della comunicazione risulti essere un candidato ideale per la sperimentazione di questo nuovo e promettente sistema di organizzazione della conoscenza.

Nonostante lo stato ancora provvisorio dello schema e l'esiguo numero di contenuti analizzati, possiamo comunque avanzare alcune considerazioni.

I fenomeni della comunicazione presentano una grande ricchezza di connessioni a causa delle origini accademiche e dei risvolti professionali tanto eterogenei, e perché si presentano, a seconda dei casi, come oggetti di studio, processi di interazione o approcci metodologici.

Nonostante tale complessità, è stato possibile registrare con un buon grado di fedeltà i fenomeni e le connessioni analizzati grazie alle tecniche di "classificazione libera" e di "classificazione a faccette libere" che la ILC incorpora. Il tutto si è tadotto poi in una notazione che offre un buon compromesso tra espressività e brevità.

I contenuti presi in considerazione afferiscono principalmente ad ambiti disciplinari umanistici e di scienze sociali, dimostrando così che l'ILC può essere utilizzata anche in domini della conoscenza non prettamente scientifici.

Infine e soprattutto, l'approccio per fenomeni, teorie e metodi, tipico dell'ILC, ha permesso di evidenziare e formalizzare alcuni tratti dei fenomeni della comunicazione e le loro relazioni interne ed esterne.

In base a questi risultati ci sentiamo quindi autorizzati ad ipotizzare come l'applicazione su larga scala dell'ILC permetterebbe di fare luce su molte dinamiche interne ed esterne al dominio della comunicazione, rendendole potenzialmente consultabili e comprensibili da un pubblico più vasto.

Questo studio aspira a non rimanere solo un esperimento dai tratti esoterici ma vorrebbe rappresentare l'anticamera di uno sviluppo successivo.

Come abbiamo avuto modo di constatare, la ILC consente un alto grado di espressione delle relazioni interne ed esterne dei fenomeni della realtà. Per riuscirvi può contare su una struttura generale condivisibile da domini della conoscenza specifici, come appunto quello della comunicazione, su un'analisi a faccette potente e flessibile in grado di registrare la ricchezza delle connessioni e dei punti di vista e, infine, su una notazione espressiva e sintetica in grado di preservare l'assortimento semantico.

Queste proprietà dischiudono nuove prospettive alla ricerca rendendo l'ILC in grado di esportare i propri dati verso una forma di rappresentazione della conoscenza ancor più articolata: le ontologie informatiche. In questo caso la formalizzazione delle relazioni si spinge a livelli tali da permettere ai computer di eseguire autonomamente delle inferenze logiche su contenuti non ancora analizzati. L'Uomo è sempre alla ricerca di soluzioni che gli semplifichino la vita e lo scenario che si prospetta è quello di avere, un giorno, degli assistenti digitali in grado di aiutarci nella ricerca e nella organizzazione della conoscenza. Per dirla in due locuzioni: intelligenza artificiale e web semantico.

Benché resti da fare ancora molta strada prima di poterci servire quotidianamente e in modo soddisfacente di tecnologie di questo tipo, già ora constatiamo l'affacciarsi sul web di diverse applicazioni, commerciali o meno, che ne fanno un uso sempre più massiccio. La ricerca è impegnata ormai da anni in questa direzione e perché si realizzi è solo una questione di tempo.

 



Ringraziamenti

Ringrazio la professoressa Anna Rosa Rugliano per avermi fatto appassionare alla Biblioteconomia e avermi accordato, sin da subito, grande fiducia e disponibilità.

Un ringraziamento particolare va a Claudo Gnoli che mi ha fatto conoscere le meraviglie della classificazione a faccette e dei livelli di integrazione, assistendomi nel loro studio con grande rigore scientifico e rara onestà intellettuale.

Ricordo con grande amore mia madre per avermi insegnato il valore della riflessione ed avermi inculcato il piacere allo studio.

Ringrazio mio padre per credere in me sempre e comunque, mia sorella per non farmi mai mancare il suo affetto, lo zio Piero per essere lo sparring partner intellettuale ogni volta che serve, Ainara per essere entrata nella mia vita come un fulmine che non smette di colpirmi.

Ringrazio, infine, tutti gli amici vicini e lontani. Tra loro vi sono sicuramente i colleghi di Noiza che hanno sopportano i miei malumori e le mie assenze durante tutto il periodo di stesura.

 



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/ EC, CG: 2008.05