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trimestrale - ISSN 1121-0095, e-ISSN 1594-2201

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Supplemento elettronico alla versione analogica del n. 1-2, a. 26, gennaio-giugno 2008

Pubblicazioni scientifiche, diritto d’autore e Open Access - Trento, 20 giugno 2008
Elena Giglia Elena Giglia
Università di Torino - elena.giglia@unito.it
Francesca Valentini Francesca Valentini
Università di Trento - francesca.valentini@amm.unitn.it
Coordina attualmente l'Ambito 6 "Scienze storiche e  filosofiche, pedagogiche e psicologiche" del Sistema Bibliotecario di Ateneo dell'Università di Torino. Fa parte della "Commissione Nazionale Università e Ricerca" dell'AIB. Ha lavorato presso la Divisione Biblioteche dell'Università di Milano, presso la Biblioteca Centrale di Economia e presso la Biblioteca Centralizzata di Medicina dell’Università di Torino. Si interessa - oltre che dei suoi tre bimbi - di Open Access, di strategie di ricerca dell’informazione biomedica e di integrazione fra risorse informative e sistemi avanzati di e-learning. Responsabile dell'Ufficio Anagrafe della Ricerca, Archivi istituzionali e Supporto attività editoriale del Sistema Bibliotecario di Ateneo dell'Università di Trento. Si occupa in particolare di valutazione della ricerca scientifica in relazione all'Open Access. Amministra l'archivio istituzionale Unitn-eprints e fa parte del gruppo Open Access CRUI.

Lo scorso 20 giugno si è tenuto a Trento il convegno Pubblicazioni scientifiche, diritto d’autore e Open Access, voluto e organizzato da Roberto Caso, docente del Dipartimento di studi giuridici.

Il suo approccio - altamente innovativo - al convegno, è stato di riunire intorno a un medesimo tavolo giuristi, ricercatori, bibliotecari e, fatto inedito, gli editori italiani, per parlare di accesso aperto (Open Access). È stata un'occasione unica e apprezzata da tutti i partecipanti proprio perché per la prima volta si è vissuta un'occasione di confronto e di dialogo aperto. Si è trattato di una rilettura a più voci dell'Open Access, a partire dalle sensibilità e gli interessi dei diversi attori coinvolti, che hanno presentato con grande passione le proprie ragioni e aspettative, lasciando aperti spunti e provocazioni che saranno da approfondire in un prossimo incontro: grandi assenti, a detta di tutti, sia gli esperti ICT sia gli economisti, e questa potrebbe essere una nuova stimolante sfida per il futuro.

La mattinata ha visto la relazione di apertura di
Roberto Caso, impostata - da cinefilo dichiarato - su un gioco delle parti con citazioni scoperte dalla saga di Guerre Stellari, e sulla premessa dovuta che non sono i nomi o le categorie a determinare i ruoli con fissità - "buoni" da un parte, "cattivi" dall'altra. L'episodio principale, ossia la nascita e l'affermazione dell'Open Access - movimento di ribelli -, è stato fatto precedere dai prequel, appunto, che hanno ricostruito in tre episodi la mai sopita dialettica fra sapere chiuso e sapere aperto, fra repubblica della scienza e impero delle tecnologie: in un quadro così definito, le tecnologie (l'invenzione della stampa prima, la rivoluzione del Web poi) hanno giocato il ruolo determinante di catalizzatore e moltiplicatore di percorsi possibili - per le diverse e sempre nuove possibilità, nei secoli, di produrre e diffondere conoscenza -, ma allo stesso tempo di rigido custode dell'accesso - si pensi alla complessa questione dei Digital Rights Management (DRM).
Su questa linea, Caso ha tracciato anche la storia del diritto d'autore, dai privilegi e dalle esclusive concesse agli stampatori alle licenze Creative Commons che tentano di mettere a contratto una norma non scritta in vigore da sempre nella comunità di ricerca; la storia delle riviste scientifiche - a partire dalle "Philosophical Transactions" - e del loro insostituibile valore di registro pubblico, di marchio di qualità, di strumento di diffusione e di conservazione nel tempo; la nascita delle consuetudini non scritte all'interno della comunità degli scienziati, che vedevano nella messa in comune dei risultati - il famoso Newton che vede lontano perché è salito sulle spalle dei giganti -, nell'universalismo, nel disinteresse e nella ricerca e certificazione di originalità le sue linee guida, nell'ottica di una scienza che ha natura incrementale e cumulativa.
Una volta definiti questi postulati, Caso ne ha ripercorso le trame fino a noi, intrecciando però sapientemente lo statuto della repubblica delle lettere con considerazioni di tipo economico: la peculiarità dell'informazione come "bene non rivale"e "non escludibile”, che determina il fallimento delle leggi del mercato; la natura stessa del mercato della conoscenza, con il suo essere mercato intermedio (per la mediazione delle biblioteche, l'utente finale non percepisce né subisce direttamente il costo delle riviste scientifiche) e inelastico, in quanto la concentrazione dell'interesse - per la logica "perversa" dell'Impact Factor - su pochi core journals fa sì che il prezzo si basi sul valore percepito e non sui costi reali.
Alla crisi dei prezzi delle riviste, come è noto, ha reagito il movimento dell'Open Access, i cui capisaldi sono poi stati tracciati nella sessione pomeridiana affidata ai bibliotecari: accesso aperto alla conoscenza, senza barriere, per tutti.
La relazione di 
Roberto Caso si è chiusa con una serie di "domande aperte" sulla sostenibilità, sulle garanzie, sull'opportunità di offrire servizi e non prodotti, sulla necessità di cambiamento - in questo è stato riconosciuto come le biblioteche siano già un passo avanti - e di sperimentazione, anche da parte dei grandi editori internazionali, come dimostrano gli sforzi di Springer.

La sessione del mattino dava voce ai giuristi. Il grande pregio della relazione di Federica Lorenzato, dottoranda del Dipartimento di Scienze giuridiche di Trento, è stata quella di mostrare da un lato la contraddittorietà della normativa italiana e comunitaria in merito alla titolarità dei diritti d'autore - nel caso di un rapporto di lavoro subordinato, nel caso di "opere utili”, con riferimento agli articoli 11 e 29 della 633/1941 - e dall'altro la peculiarità delle licenze d'uso rispetto ai contratti d'acquisto, che esaurivano la privativa del diritto d'autore: le licenze proprietarie e le rigide norme di DRM fanno sì che il materiale possa essere usato solo nei termini dettati dall'editore, spesso molto restrittivi.

Simonetta Vezzoso, ricercatrice, ha fornito una panoramica sulle recenti politiche istituzionali in favore dell'Open Access - National Institute of Health, Istituto Superiore di Sanità, Facoltà di Legge di Harvard - e sulle loro declinazioni del diritto d'autore, soffermandosi sull'accresciuta responsabilità dell'autore nell'ottemperare a queste politiche, che lo configura come contraente debole. Anche in questo caso l'accento finale è stato posto sull'attuale fase di transizione i cui ci si riconosce, con conseguente necessità di cambiamento e revisione anche a livello normativo.

Paolo Guarda, in una relazione accattivante, ha sottolineato invece un aspetto inedito dei DRM: quale prezzo si paga, in termini di privacy, per l'accesso alla conoscenza regolato da licenze proprietarie. Salvando log files e DOI degli articoli scaricati, si ottiene il profilo dell'utente, un vero e proprio database delle intenzioni, senza alcuna garanzia rispetto all'uso. Ma di più: impedendo con la tecnologia all'utente di "sbagliare" - se commetti un'azione non lecita la sanzione è immediata con l'accesso negato -, i DRM minerebbero le basi stesse del diritto, in cui il libero arbitrio è postulato fondante.

Anche Andrea Rossato, in una panoramica comparatistica con il diritto statunitense, ha sottolineato il rischio dei delegare alle ICT un potere pressoché assoluto. Con la dematerializzazione vanno ripensate le regole, a tutti i livelli, concentrandosi sui flussi dell'informazione e sulla loro corretta gestione.

Dal ricco e vivace dibattito che è seguito segnaleremmo la distinzione operata da Andrea Angiolini dell'editore "Il Mulino", che ha tenuto sia a ribadire il lavoro redazionale e di sperimentazione di nuovi servizi offerti dagli editori sia a rapportare - doverosamente - le dinamiche dell'Open Access e la crisi dei prezzi ai contesti nazionali e di mercato: non si può parlare nei medesimi termini di una rivista da 90 euro e di una che ne costa 10.000.
Nella replica, Caso ha stigmatizzato come negli ultimi anni si sia di fatto rotto il circolo virtuoso ricercatore-università-editore, e ha posto concretamente il problema del finanziamento della ricerca e della sua pubblicazione.

La sessione pomeridiana dava voce alle biblioteche.

Paola Galimberti, Università di Milano, ha ripercorso le tappe ed enucleato i principi dell'Open Access, partendo dal postulato espresso nel febbraio 2007 al convegno di Bruxelles Scientific publishing in the European Research Area: access, dissemination and preservation in the digital age, voluto dalla Commissione Europea: What you have found doesn't become knowledge until it has been shared. Ha presentato poi, fra gli altri, servizi innovativi utili ai ricercatori - oltre ai più noti RoMEO, Juliet, RoarMap, anche il Journal Info della Università di Lund, che lista circa 18.000 testate, e per ogni disciplina suggerisce l'alternativa Open alle riviste tradizionali; la licenza collegata all'Archivio Istituzionale della Ricerca dell'Ateneo milanese, che può offrire validi spunti in tema di diritto d'autore.

Antonella De Robbio, Università di Padova, si è soffermata sulla gestione consapevole del diritto d'autore, e sulla necessità di un riallocazione dei diritti coinvolgendo nel dibattito tutti gli attori coinvolti, secondo il percorso aperto dai lavori del gruppo di Zwolle; dal punto di vista degli enti finanziatori, poi, ha sottolineato e documentato il ritorno sugli investimenti in caso di adozione di politiche Open.

Francesca Valentini, Università di Trento, ha toccato il delicato tema della valutazione della ricerca e lo ha letto in controluce con il deposito dei materiali negli archivi istituzionali, insistendo sulla cifra di "qualità" che dovrebbe caratterizzarli, e sul loro valore intrinseco in termini di efficacia ed efficienza, qualora diventassero il cuore dell'attività di gestione dell'intero ciclo della ricerca: garantirebbero infatti continuità, linearità nell'inserimento dei dati, monitoraggio costante dell'uso e dell'impatto. Ma perché questo sia possibile, devono cambiare le logiche di valutazione, appunto. Sono stati quindi evidenziati i limiti del paradigma imperante dell'Impact Factor - che rende il valore dell'intera rivista, non del singolo articolo; che è proprietario e governato da logiche di mercato e non neutre; che è indice solo quantitativo -, ed è stata offerta una panoramica sulle possibili alternative nate in area Open Access, che si configurano come complementari in una valutazione della ricerca più aderente alla mutata realtà dell'informazione in rete: innovativo da questo punto di vista il Research Assessment Exercice britannico, che prevede fra i materiali da sottoporre a valutazione, a pari peso, anche documenti Web. Si apre però la questione, tutta aperta, del versioning, supportato in modo diverso dai software di gestione degli archivi istituzionali, e che incide pesantemente nel momento in cui i materiali depositasti vengono accettati per la valutazione. Diversi progetti in corso - RIVER, VERSIONS, VIF - stano tentando approcci, studi e definizioni di una questione che investe il 59% degli autori, i quali sono soliti produrre diverse versioni dello stesso risultato della ricerca, sia esso un articolo, o un paper per convegno, o una presentazione, un poster, un estratto… Per questo sarebbero necessarie definizioni univoche delle diverse versioni e, inoltre, politiche di Ateneo che specifichino su quali di queste versioni si appunta la valutazione.

La seconda sessione del pomeriggio ha dato voce agli editori.

Fabio Gabrielli
(Zanichelli) ha tracciato i confini del mercato offrendo cifre e termini di paragone - per capire in che contesto si colloca l'editoria italiana - e ha segmentato il panorama editoriale in tre zone, editoria professionale, manualistica, editoria accademica, prevedendo solo per quest'ultima fattive applicazioni dei canoni Open Access, per il valore aggiunto dell'immediata disponibilità e della massima disseminazione che arricchisce il dibattito culturale e scientifico.

Giovanni Sica (Polimetrica) ha presentato, dati alla mano, una via sostenibile all'Open Access da parte della sua casa editrice, Polimetrica, che adotta diversi modelli di business per la vendita online ma che pone gratuitamente in rete i propri testi, liberamente scaricabili: una dimostrazione evidente della assoluta e piena compatibilità di una politica editoriale Open con le regole del mercato.

Piero Attanasio (Associazione Italiana Editori) ha evidenziato la distinzione tra gli archivi istituzionali aperti e l'editoria ad accesso aperto; quest'ultima può essere definita essenzialmente come un modello commerciale diverso, secondo il principio "authors pay”, di cui va provata la sostenibilità. Più in generale, secondo Attanasio, occorre fare chiarezza sui meccanismi che regolano la concorrenza tra pubblico e privato e sui costi delle iniziative editoriali pubbliche; l'auspicio di collaborazione tra i vari stakeholders consiste nel concordare modelli contrattuali e di valutazione dell'editoria pubblica ad accesso aperto.
Gli archivi istituzionali aperti costituiscono invece un rischio per gli editori, per un principio di competizione impropria. Gli editori, per Attanasio, non possono che prendere una posizione difensiva nei confronti degli AIA, mentre il danno può essere ridotto valutando tre variabili finalizzate alla concessione della licenza di pubblicazione (versione, tempo, denaro). Le parti in causa sono tenute a fornire informazioni sulle reciproche politiche e a concordare insieme modelli di azione (come, ad esempio, l'eventuale affidamento a esterni degli archivi istituzionali). L'intervento di Attanasio si configura come un "elogio della promiscuità e del meticciato”, una situazione di business model misti (carta e digitale, vendita di contenuti e accesso aperto) che preveda in taluni casi l'accesso ai contenuti, controllato ma gratuito, ad alcune categorie di utenti. L'invito è a superare la semplificazione tipica dei "tempi dei furori ideologici" a favore di un'analisi critica più "costosa" e difficile ma certamente più matura; in tal senso, assicura Attanasio, si sta muovendo il tavolo tecnico CRUI-SIAE-associazioni autori recentemente attivato per discutere proprio di queste problematiche.


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