Obiettivo dell'incontro era far dialogare i rappresentanti di musei
archivi e biblioteche che hanno "aperto" i propri siti a pratiche
tipiche del "web 2.0" ed all'interazione diretta con l'utente.
Il taglio dell'incontro era quindi decisamente orientato alla
descrizione di buone pratiche: il dato che sembra emergere è che "web
2.0" è diventata un'espressione "scontata", o comunque pacificamente
condivisa nel mondo di biblioteche archivi e musei, che allude ad un
insieme di strumenti e strategie per "aprire" l'istituzione ad una
maggiore interazione con l'utente e promuovere servizi e collezioni.
La rassegna delle buone pratiche copriva in misura equilibrata
l'esperienza di biblioteche, musei e archivi (pubblici e privati).
Le esperienze delle biblioteche
Sul fronte delle biblioteche viene illustrata da Marco Fiorilla
l'esperienza della Biblioteca
Lancisiana, depositaria di 20.000 volumi, tra cui
375 manoscritti di storia della medicina. La biblioteca, fondata nel
1714 da Giovanni Maria Lancisi ha sede presso il complesso
storico-monumentale dell'Ospedale di Santo Spirito a Roma e dipende
dall'Azienda sanitaria locale.
L'adozione di strumenti web è stato un modo per rendere comunque
fruibili i manoscritti (la biblioteca non è attualmente accessibile al
pubblico per lavori di restauro). In una sezione dell'archivio,
disponibile online, c'è un forum,
dove l'utente (trattasi ovviamente di utenza specialistica), previa
registrazione, può inserire suoi contributi. Il Forum
è suddiviso in tre aree: "cantiere aperto", "bibliografia partecipata"
e il vero e proprio "forum". Mentre le prime due sezioni permettono di
pubblicare lavori o commenti concernenti i manoscritti della biblioteca
stessa, validati dallo staff, nel forum
è possibile inserire richieste di informazioni, osservazioni e
contributi diversi. Gli utenti registrati possono sapere chi è iscritto
e visualizzare tutti gli archivi del forum.
La biblioteca civica della Sala Borsa di
Bologna ha sviluppato alcune applicazioni che
permettono una interlocuzione diretta con l'utente: oltre al servizio online
"chiedilo al bibliotecario" (che è ormai un classico del reference
a distanza) vale la pena di menzionare la sezione "Sala
Borsa di tutti" dove gli utenti sono invitati a pubblicare
piccole storie brevi sul "prendersi cura" del patrimonio della
biblioteca. Alcuni dei testi inseriti dagli utenti sono davvero belli.
L'obiettivo è educare alla restituzione puntuale di libri e CD, ma la
strategia adottata, piuttosto inconsueta, è proporre un esercizio
collettivo/partecipato di "scrittura creativa".
Le esperienze dei musei, tra Facebook e laboratori web per ragazzi
Per quanto concerne i musei, l'esperienza del MART
(Museo di arte moderna di Trento e Rovereto) è incentrata su
un uso istituzionale piuttosto intensivo di Facebook, uno dei
più frequentati ed emergenti social network [1]. Luca Melchionna declina il senso dell'uso di Facebook da parte del
museo MART: portare il museo nel social network significa non solo
attivare uno strumento di promozione e marketing (attualmente gli
"amici del Mart" sono 1412, e superata quota 1000 è stato organizzato
un Facebook day al museo) ma anche mantenere il controllo sulla propria
autorevolezza: aprire spazi istituzionali su Facebook, come su Flickr e
su Youtube significa infatti portare il proprio logo "in prima persona"
sui social network. Favorire la pubblicazione di foto e video degli
utenti del museo, nel rispetto del copyright delle opere esposte,
significa non solo trovare nuovi pubblici, ma anche lasciare ai
visitatori una maggiore "quota di controllo" sull'esperienza museale.
La Fondazione Museo di fotografia contemporanea di Cinisello Balsamo è
presente al convegno genovese non solo con Diletta Zanelli, ma con un
folto gruppo di giovani del liceo artistico Boccioni di Milano, che il
museo ha "adottato" in un progetto di partenariato con la finalità di
far costruire ai ragazzi un sito web "giovani" di promozione del museo.
Gli archivi integrati dagli utenti (e da Google maps)
Carla Sava racconta che l'Archivio di Stato di Udine riceve molte
richieste da cittadini dell'America latina, Stati uniti, Australia. E'
infatti noto che il Friuli, nella seconda metà dell'800, fu un
territorio toccato da fenomeni intensi di emigrazione economica: i
contadini poveri partivano cercando fortuna nelle Americhe, ed oggi i
loro pronipoti cercano attraverso l'archivio le loro "radici" venete e
contadine. Il progetto "Friul in prin (= Friuli dapprima), anagrafe
storica delle famiglie friulane", finanziato attraverso la legge 482/99
in materia di tutela delle minoranze storico-linguistiche, ha permesso
l'inserimento di dati relativi a 84.091 atti di matrimonio (1871-1900)
e 133.000 atti di leva (1846-90). Il sito dedicato al progetto permette
di accedere direttamente alla base dati, e fare ricerche, attraverso un
template semplice, su campi specifici (cognome, nome, luogo, anno di
nascita). L'output è una scheda che riporta gli estremi dell'atto di
riferimento (di nascita o di leva) ed informazioni proprie del record
archivistico: nome, cognome, eventuale soprannome, eventuali varianti
del nome, luogo, relazioni (coniugi).
Attraverso un email è possibile richiedere copia dei documenti
originali. Le istruzioni per recuperare i dati sono molto semplici ed
intuitive (pensate quindi per il grande pubblico e non per gli
specialisti). Oltre alla consultazione "aperta" dell'archivio, una
sezione di Friul in prin è "Storie di storia" nella quale sono
raccolte, e consultabili, alcune biografie familiari scritte
direttamente dagli utenti, spesso nipoti o figli, e spedite
all'archivio, autorizzandone la pubblicazione. Attualmente questa
sezione contiene 50 items, che sono vere e proprie testimonianze di
storia orale. Il sito, aperto nel maggio 2008, ha registrato fino al 30
settembre 133.000 accessi. Lo sviluppo del progetto prevede, oltre
all'estensione dei mandamenti e dell'arco temporale relativi
all'acquisizione dei documenti anagrafici, anche lo sviluppo di una
interfaccia in portoghese, spagnolo, francese e l'ampliamento della
parte in inglese.
L'Istituto piemontese per la storia della resistenza e della società
contemporanea Giorgio Agosti di Torino fa parte della rete degli
archivi sociali che testimoniano storicamente le vicende della
Resistenza italiana. Nello specifico, l'archivio torinese è articolato
in un numero molto ampio di fondi originari e di nuova accessione. Gli
archivi digitalizzati dell'Istituto sono consultabili in parte
attraverso database locali, in parte attraverso i database Isis/guida realizzati cumulativamente dall'INSMLI (Istituto nazionale per la
storia del movimento di liberazione in Italia) per tutta la rete degli
istituti resistenziali, ed infine attraverso il sistema integrato
Archos, oggetto dell'esposizione di Carlo Pischedda, responsabile
dell'archivio digitale.
L'archivio, indicizzato attraverso gli standard ISAD (G) e ISAR (CPF),
contiene attualmente 5787 schede ed è consultabile attraverso form di
ricerca semplici ed intuitivi o per punti di accesso in modalità
browse: biografie (persone od enti) e metaricerca, che permette di
navigare tutta la struttura gerarchica dell'archivio. Alcuni aspetti
interessanti di Archos sono: per ogni unità documentale dell'archivio
(testi, foto, video) c'è un numero piuttosto ampio ma controllato di
tag navigabili (754 soggetti, 1142 luoghi, 1890 enti) ed un modulo
"collabora con noi" in cui l'utente è invitato a integrare (in
modalità del tutto simili a quelle del post di un blog) le descrizioni
contenute nella scheda con sue personali osservazioni, aggiungere un
commento o proporre rettifiche a nomi o date. Attraverso il form è
sempre possibile contattare l'archivista. Questa funzione è stata usata
da figli o nipoti dei personaggi citati, per indicare inesattezze o
rettifiche.
Nelle schede dell'archivio il campo "luogo" è linkato a Google maps, e
quando si tratta di un luogo molto specifico (una via, una piazza) è
stata aggiunta una "recensione" direttamente in Google maps, che
ricollega quel luogo (ad esempio il Poligono di tiro del Martinetto, a
Torino) ad un particolare evento resistenziale. L'archivio comprende
anche video che è possibile inserire in una pagina web con modalità
"embedded" attraverso il copia/incolla del link all'oggetto.
Il nuovo quaderno Minerva/MIBAC sull'interazione dell'utente nei siti
web culturali
La conclusione del dibattito è affidata a Maria Teresa Natale (MIBAC),
che ricorda come già nel manuale sulle linee guida sulla qualità dei
siti web culturali, pubblicato nel 2003 nell'ambito del progetto
Minerva del Mibac ed aggiornato nel 2005, ci fosse un orientamento
forte verso la centralità dell'utente. In questi ultimi anni emerge la
figura di un utente "ibrido" che contemporaneamente trasmette e riceve
(transceiver), ed è consumatore e produttore (prosumer) egli stesso di
contenuti culturali. Questo tema viene indagato in un quaderno Minerva
di recente pubblicazione (settembre 2008): Handbook on cultural web
user interaction in cui, tra l'altro, sono elencate numerose "buone
pratiche" nell'utilizzo dei social network (citati Myspace, Facebook,
Linkedin, Second life) e degli strumenti "web 2.0" (blog, wiki, forum).
Obiettivo del manuale è aiutare gli operatori dei beni culturali a
comprendere cosa vogliono e come si comportano gli utenti su web, quali
sono i servizi adeguati che una biblioteca o un museo possono attivare
a partire da bisogni concreti.
Beni culturali come beni comuni. "Prendersene cura" attraverso il web
2.0
Un tema che, evocato nell'introduzione da Paola De Ferrari, ha
attraversato sottotraccia tutti gli interventi, è che i beni culturali
sono essenzialmente "beni comuni", beni della comunità. Non a caso le
"buone pratiche" oggetto del dibattito illustrano sostanzialmente
strategie per una "riappropriazione dal basso" di questi beni da parte
dell'utente.
Intervenire per aggiungere un dettaglio in un archivio, inventare una
storia sul libro smarrito nella biblioteca Sala borsa, postare foto
sullo spazio Facebook del museo Mart, inserire una storia familiare
friulana sono tutte azioni che alludono ad una percezione del bene
culturale come bene comune, di cui ci si appropria e ci si "prende
cura" con un intervento personale accurato, mediato dalla tecnologia.
In questo senso, nel corso del dibattito, il concetto "web 2.0" ha
forse perso contorni definiti (se mai ne ha avuti) per diventare un
"termine ombrello" forse un po' vago, ma operativamente utile per
raccogliere e dare senso a pratiche diverse (vecchie e nuove),
orientate alla partecipazione dell'utente.
Un altro elemento emerso dal dibattito è che l'organizzazione di spazi
"web 2.0" da parte di archivisti, bibliotecari, operatori non si
improvvisa.
Far funzionare uno strumento "web 2.0" in una istituzione culturale
presuppone infatti una profonda conoscenza dell'utenza reale, di quella
potenziale che si vuole fidelizzare, ma anche avere un progetto chiaro
sul tipo di "conversazione" che si vuole facilitare e strutturare,
affinchè essa sia un'esperienza ricca utile e sensata per l'utente, ed
adeguata per l'Istituzione che la sollecita.
Ci pare questa una delle sfide più interessanti che l'utilizzo di
strategie "web 2.0" sollecita nell'ambito della nostra esperienza
professionale.
Note
[1] - Gli utenti di Facebook sono
attualmente più di 132 milioni nel mondo con un aumento in Italia degli
iscritti del 135% e dei visitatori del 961% su base annua. Fonte:
ZeusNews 20/10/2008 "Facebook esplode in Italia, più 961% in un anno"