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trimestrale
- ISSN 1121-0095, e-ISSN 1594-2201
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Manifestazioni dopo
Supplemento
elettronico
alla versione analogica del n. 3-4, a. 26, luglio-dicembre 2008
Facciamo
silenzio per tornare a pensare
Intervento
alla presentazione della rivista "Il Bibliotecario". Roma, Sala
Crociera, via del Collegio Romano, 28 ottobre 2008
Dirigente
Bibliotecario presso il Ministero per i Beni Culturali e Ambientali,
oggi Direttore della Biblioteca di Archeologia e Storia dell'Arte di
Roma, è membro della Commissione “Indici e Cataloghi delle Biblioteche
Italiane”e di altre commissioni scientifiche. Ha ricoperto il ruolo di
Ricercatore di Bibliografia e Biblioteconomia presso la Facoltà di
Conservazione dei Beni Culturali dell'Università della Tuscia a
Viterbo, ricoprendo la cattedra di Bibliologia negli anni
1996-2007. È autrice di numerose pubblicazioni sulla storia
del libro, delle biblioteche, dell' illustrazione libraria, della
bibliofilia e del collezionismo librario
«Quelli
che non sanno ricordare il passato
sono condannati a ripeterlo».
George
Santayana, La vita
della ragione
Sono
particolarmente lieta di dare il benvenuto agli illustri relatori, ai
colleghi e agli amici che sono convenuti oggi per celebrare insieme il
primo anno della rivista Il
Bibliotecario, legata inseparabilmente al nome di Alfredo
Serrai, che ringrazio con tutto il cuore per averci onorato con la sua
presenza.
Lascerò
ad altri il compito di presentare qualche riflessione sull'importanza
di questa testata, che ha certamente lasciato un segno nell'universo
bibliotecario; mi limiterò a qualche considerazione personale, che
riguarda soprattutto il mio rapporto con la Rivista e il suo animatore,
che è stato il mio riferimento negli studi alla Scuola Speciale per
Archivisti e Bibliotecari e poi nella carriera accademica e ancora oggi
nella nuova veste di Direttore di una biblioteca statale.
Il
primo numero della rivista, uscita nel settembre
1984, suggeriva
considerazioni che vanno ben oltre i testi stessi, intorno a temi che
sembrano diventati "esuli" dalla realtà professionale contemporanea.
Argomenti delicati, contributi di pensiero, non solo e non più sul
piano strettamente disciplinare, ma sul piano epistemologico e
gnoseologico, vero sistema di coordinate entro cui muovere l'attività
bibliografica. Oggi più di ieri l'universo bibliotecario sembra deciso
a evadere la natura e l'incisività di questi problemi, arroccandosi da
un lato su tecnicismi impropri - e la digitalizzazione può ahimè
diventarne l'ultima frontiera - dall'altro su formule che con parole
nuove ripropongono fantasiosi quanto vani schemi di funzionalità - più
compatibili forse con il mondo archivistico che con quello
biblioteconomico.
«Viviamo in un'epoca di stolida sordità a
qualsiasi richiamo. Giudichiamo il passato morto e sepolto»: sono
parole di Marc Fumaroli, storico della letteratura, dell'arte e della
civiltà europea, particolarmente sensibile al valore della memoria, più
di altri consapevole che l'indebolimento della memoria e della
coscienza autobiografica rappresenti la più seria minaccia allo
sviluppo culturale della nostra civiltà.
Il rischio più grande è
una comunicazione incessante, invadente e rumorosa che ci aggredisce
con il pretesto di informarci: in realtà per annullarci, non per
metterci in grado di ricordare, di decidere, di progettare, di agire.
Ritengo che uno dei temi sui quali riflettere sia proprio il concetto
di informazione, parola abusata e onnipresente, chiave di volta e passepartout
di ogni "discorso intorno al libro e alla biblioteca", tanto da perdere
e far perdere legittimità e validità ai principi e alle norme stesse
che dovrebbero regolare i comportamenti e il funzionamento
degli
istituti bibliotecari. Quanto l'idea del "consumo" ha interferito e
interferisce con il concetto di informazione? In che misura la
"memoria" trasferita sul "web" tramanda idee e conoscenze per
formare più che informare; non sarà che la preoccupazione
principale è legata alle tecniche di trasferimento più che
agli
oggetti e poco o nulla si pensi alla salvaguardia della loro specifica
natura - libri, disegni, quadri, etc.
- al contrario elaborando rappresentazioni codificate che omologhino il
più possibile le descrizioni dei documenti, minimizzando o sfumando
proprio le caratteristiche "fisiche" e la "diversità materiale"?
«Le
discipline biblioteconomiche soffrono anzitutto di due difetti:
confusione concettuale e fumosità verbale»: è l'asserto con cui Serrai
concludeva l'editoriale del primo numero e rappresenta, a mio avviso,
ancora un modello di approccio a una tematica che oggi più che mai non
si può dire abbastanza sviscerata e "meditata".
A ben vedere
Serrai ci riconduce con metodo e rigore alle radici filosofiche
dell'atto conoscitivo; certo qualcuno avvertiva la necessità di
ragionare pacatamente sull'incidenza dei nuovi media sui processi
cognitivi e sulla comunicazione scritta, comprendendo i limiti
dell'informatizzazione scriteriata, in primis "la prolissità dei dati
informativi".
Ritornare a riconoscere la priorità dell'attività
bibliografica nella rappresentazione fisica di un documento significa
domandarsi se è ragionevole percepire una rappresentazione come un
assoluto che tende a far coincidere realtà con verità, dimenticando che
alla base c'è sempre una scelta operata consapevolmente dall'uomo. Lo
spazio della soggettività dell'uomo si è ridotto proprio intervenendo
sulla capacità selettiva o, se vogliamo, sul vaglio critico, da sempre
connotato ineludibile dell'attività bibliografica; il lato più doloroso
della questione è che si cerca di mascherare o di occultare questa
amara condizione con l'illusione di una "libertà" illimitata, purtroppo
solo virtuale, perché l'eccesso di "comunicazione" o di rumore provoca
un silenzio più simile al sonno della ragione che al raccoglimento
conoscitivo.
L'asciuttezza del lessico - vorrei ricordare solo
per inciso che è stato Serrai a introdurre il linguaggio medico nelle
scienze del libro, ricordo solo il termine AUTOPSIA che ormai è
unilateralmente diffuso parlando di libro antico -, il rigore
disciplinare, l'onestà intellettuale sono valori che molti qui riuniti
condividono e riconducono al magistero di Serrai.
Potrei parlare
a lungo del mio rapporto con la Rivista, il mio primo contributo
pubblicato nel 1986, le fondamentali lezioni di Piccarda Quilici sulla
storia della legatura, prolegomeni al catalogo della
Casanatense,
i brillanti oltre che precoci interventi di Maria Cochetti (ad esempio
quello sulla copia ideale del 1984) gli ultimi contributi di Francesco
Barberi così carichi di riflessioni, i testi di Valentino Romani
(ricordo particolarmente il saggio sulle edizioni della testina), ma
soprattutto le recensioni, asciutte, essenziali, istruttive talvolta
"distruttive" alla pari di un saggio. Vorrei ricordare a quanti oggi
discutono sull'utilità o meno delle recensioni con ingannevole
ipocrisia spesso accoppiata a falsità e menzogna che il filosofo non
incanta ma disincanta e il suo compito è quello di antidoto al rischio
di «adagiarsi nel sollievo della ripetitività automica».
° ° °
Il
luogo dove ci troviamo, lo splendido vaso della Crociera, è una scelta
dettata anche da motivi per così dire non solamente estetici: mi è
parsa la cornice più appropriata per annunciare un progetto che ambisce
a realizzare una monografia (che speriamo abbia il sostegno del
Ministero per i beni e le attività culturali) che in parte riprende un
antico pensiero del prof. Serrai, una storia soprattutto
funzionale-architettonica dell'antica Biblioteca del Collegio Romano,
della cui magnificenza questo ambiente è una eloquente testimonianza.
Ho invitato, e qui lo dico ufficialmente, il prof. Serrai a presiedere
un comitato scientifico che prepari il progetto editoriale e scandisca
tempi e modi della esecuzione delle ricerche in sinergia con tutti gli
istituti interessati. Questo mi pare il modo migliore per mettere in
pratica il suo insegnamento.
° ° °
È venuto il momento
di ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla buona riuscita
di questo incontro: in primo luogo Flavia Cristiano che ha voluto
testimoniare con la sua presenza qui il sostegno affettuoso a questa
presentazione inserita nel contesto di Ottobre piovono libri,
voglio ricordare Ida Barberio, responsabile della Sala della Crociera,
per la sollecitudine e la pazienza che non ha fatto mai mancare, Andrea
De Pasquale e Giorgio Montecchi che hanno affrontato un viaggio per
essere qui oggi, Marina Panetta, che ha voluto sin dall'inizio
condividere con me il progetto di questa giornata e, in ultimo,
Fiammetta Sabba, sensibile, infaticabile ed entusiasta organizzatrice e
curatrice di tanti momenti importanti che ci hanno accomunato nel nome
del prof. Serrai.
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