Problemi di gestione delle informazioni bibliografiche di area slava
di Gabriele Mazzitelli e Marco Tomassini


relazione presentata al seminario di studio
DA BABELE AD ALESSANDRIA? catalogazione e alfabeti non latini
Venezia, Palazzo Querini Stampalia, 2 ottobre 2003
 



1) Il contesto  
2) Le specificita' ed i punti critici nella gestione delle informazioni di area slava
3) Conclusioni: proposte e soluzioni


/ Tomassini:

Come suggerisce il titolo, questo intervento non circoscrive la sua analisi al problema della catalogazione dei materiali bibliografici di  area slava ma estende le sue analisi sino a tentare di fornire un quadro della gestione bibliografica tout court di questo ambito di studi.

D'altronde sono cosi' rare per i bibliotecari di slavistica le occasioni di incontro che spero non ce ne vogliate se cogliamo  questa opportunita' per tentare di fare il punto sullo stato dell'arte del trattamento dell'informazione slava in Italia, confidando che alcune delle soluzioni che verrano qui illustrate possano suggerire approcci metodologici   condivisibili anche da altre tipologie di  biblioteche, sia speciali sia di pubblica lettura, e da  aree disciplinari che presentano problemi linguistici affini.


Il contesto

Nella brossure di presentazione del seminario si afferma che, rispetto al passato, la gestione di collezioni bibliografiche in altri alfabeti, e conseguentemente il rapporto con utenti non-italofoni, non e'  piu' una dimensione riservata ad esclusive tipologie  di  biblioteche (grandi biblioteche di conservazione, universitarie e specialistiche) ma e' un fenomeno di crescente diffusione nell'intero sistema bibliotecario italiano, coinvolgendo finanche biblioteche di pubblica lettura di dimensioni medio-piccole.
Pertanto sara' piu' corretto estendere la ns indagine  dalle biblioteche di slavistica alle collezioni bibliografiche di slavistica, realta' queste che possono essere ospitate anche presso biblioteche che documentano ambiti disciplinari piu' ampi. I sistemi bibliotecari urbani e territoriali piu' attenti hanno saputo cogliere la sfida lanciata da un mutamento del panorama etnico-culturale del ns paese, contrassegnato oggi piu' che in passato dalla presenza di forti flussi migratori dall'esterno del paese,  provenienti in modo consistente da paesi con rilevanti e specifiche diversita'  linguistiche e culturali rispetto alla ns tradizione culturale. 
Non piu' di un anno fa, per esempio,  in veste di bibliotecario della Biblioteca di slavistica dell'ateneo padovano, sono stato contattato da un collega della Biblioteca civica di Roccastrada, un piccolo comune del territorio maremmano dove si e' recentemente insediata, a scopi lavorativi, una comunita' di immigrati provenienti dall'area danubiana; egli mi chiedeva alcuni consigli (in primis, i canali di reperimento di testi in lingua serba e macedone) perche'
la loro biblioteca stava pianificando la creazione di un fondo bibliografico di testi nelle lingue natie di questa comunita', nella convinzione  che i processi di integrazione inter-razziali non passano da un azzeramento delle identita' di origine ma, innanzitutto, da buoni livelli di accoglienza e di conoscenza  delle reciproche specificita' culturali.
E' questo un caso certo non isolato ma che, si puo' presumere,  conoscera' negli anni a venire una crescente diffusione.




Le specificita' ed i punti critici  nella gestione delle informazioni di area slava

In questo ambito non possiamo che fare riferimento alla ns esperienza, maturata nell'arco di oltre 4 anni presso la Biblioteca di slavistica dell'Universita' di Padova. Inoltre, poiche' sono approdato a questa struttura senza alcuna specifica competenza linguistico-culturale in quest'ambito di studi, la mia esperienza  puo' meglio rispecchiare forse le problematiche tipiche di un utente generico di biblioteca che si avvicina a quest'ambito scientifico-culturale.
Secondo la ns esperienza, la gestione di una collezione di slavistica pone una serie di problemi che potremmo ascrivere a tre diversi livelli del sistema complessivo chiamato alla gestione delle risorse informative:
  1. il livello della comunicazione 
  2. il livello della formazione dei bibliotecari
  3. il livello tecnico: l a mediazione tecnico-biblioteconomica ( cataloghi ed altri strumenti di accesso all'informazione)

  1. Il livello della comunicazione 
La ns tesi e' che gli studi slavi, e conseguentemente le biblioteche di slavistica, soffrono di un difetto di comunicazione, sia interno alla comunita' scientifica a questi studi dedita, sia interno all'ambito proprio delle strutture chiamate a veicolare e gestire le informazioni che detta comunita' produce (il mondo editoriale, le biblioteche, i centri di documentazione).
Cerchiamo di individuare le cause di questo fenomeno:
Probabilmente questi elementi sono la causa di una scarsa diffusione delle lingue e della cultura slava fuori dai confini slavi e della percezione diffusa delle lingue slave intese come barriere linguistiche insormontabili per chi non vi si voglia dedicare con metodo, unitamente ad altri fattori di ordine storico-geografico facilmente intuibili.
L'insieme di questi elementi da luogo ad un fenomeno di isolamento che viene spesso percepito con disagio sia da parte dei bibliotecari che gestiscono le risorse informative di ambito slavo, sia da parte degli utenti che hanno a che fare con un universo di conoscenze che mediamente comunica poco e male con il resto della comunita' scientifica.
Questo difetto di comunicazione si trasferisce cosi', come nel caso italiano, da un livello collettivo ad un livello individuale e viceversa; il bibliotecario avverte spesso la sensazione di vivere in un contesto separato, o quantomeno distante, dalla restante parte della propria comunita' professionale e percepisce la scarsezza di strumenti utili a colmare questo distacco;
infine l'isolamento del "sistema biblioteca"  non puo' che ricadere sull l'utente.
Prova dell'isolamento e della scarsa comunicazione interna al mondo delle biblioteche e dei bibliotecari di slavistica in Italia, e' la scarsezza , o totale assenza in alcuni casi, di strumenti diffusi in altre aree disciplinari quali:
- liste di discussione specifiche che veicolano informazioni e problemi caratteristici di questo ambito disciplinare. 
- associazioni di subject librarian (bibliotecari di slavistica).
- repertori che censiscono le collezioni di slavistica presenti nel territorio italiano; questa carenza produce, conseguentemente, una scarsa conoscenza generale dell'offerta del patrimonio bibliografico complessivo italiano nel campo degli studi slavi.
- riviste e banche dati interamente dedicate alla gestione dell'informazione di area slava
- strumenti di orientamento per la gestione e fruizione dell'informazione di area slava, siano essi in rete o cartacei.
- politiche e progetti consortili tra biblioteche di slavistica.

 
 
2)
Il livello della formazione dei bibliotecari.
Va da se' che un panorama cosi' complesso e peculiare richiede competenze specifiche , in primis quelle che consentono di abbattere la barriera linguistica.
E' nostro convicimento che un bibliotecario che non conosca, almeno a livello elementare, una o piu' lingue slave, non sia in grado di assolvere efficacemente alla funzione cui egli e' chiamato,  quella cioe' di mediare tra le esigenze informative dell'utente ed il patrimonio informativo cui egli, per mezzo della biblioteca, puo' fornire l'accesso.
Come rileva anche Mazzitelli nelle parole che seguiranno, al bibliotecario non e' sufficiente maneggiare con perizia gli strumenti
tecnici   che la sua professione gli mette a disposizione; e' necessaria anche una conoscenza, seppure sommaria, dei contenuti peculiari del patrimonio di informazioni di cui la biblioteca dispone; egli deve potersi orientare tra gli scaffali e familiriazzare con repertori ed altri strumenti tipici della sua professione.
Inoltre, se viene meno la conoscenza linguistica, il bibliotecario non potra' dedicarsi con autonomia e consapevolezza ai processi di indicizzazione (soggettazione e classificazione) dei documenti posseduti.
Egli finira' per  percepire' la sua mission con un senso di disagio.
Non e' un caso che nella maggioranza dei paesi con forti tradizioni biblioteconomiche (Stati Uniti, Canada, Australia, Germania, paesi nord-europei) i bibliotecari di slavistica abbiano nel proprio
background culturale una conoscenza almeno di base delle lingue e delle culture slave. E' tempo che in Italia, anche nel settore degli studi slavi, si diffonda la figura del subject librarian --> slavic librarian.

Naturalmente il background linguistico-culturale e' necessario ma da se' non e' sufficiente perche', come vedremo ora, la gestione dell'informazione bibliografica di area slava ci pone al cospetto di una realta' cosi' complessa, disarticolata ed eterogenea  (spec. sotto il profilo degli standards tecnici), che e' necessario che la biblioteca si adoperi a predisporre un  sistema di orientamento all'utente costruito ad hoc, con l'impiego degli strumenti messi a disposizione dalle tecniche proprie della sua professione.

 
3)
Il livello della mediazione biblioteconomica ( cataloghi ed altri strumenti di accesso all'informazione)
La gestione di una collezione di studi slavi presenta numerosi problemi di natura tecnico-biblioteconomica.

Innanzitutto bisogna accennare alle difficolta' che si incontrano nella fornitura dei prodotti dell'industria editoriale slava, dovute a fattori di natura geografica ma anche  al ritardo del sistema economico-organizzativo  di questi paesi, che recentemente hanno vissuto profondi cambiamenti nel proprio assetto politico-economico.

Il
problema principale pero' attiene ancora una volta all'ambito linguistico.

I nfatti, come come noto agli slavisti, molte lingue slave (il russo, il serbo, l'ucraino, il bulgaro, il macedone) utilizzano un alfabeto diverso da quello latino: il cirillico.
Se infatti nei paesi slavofoni di alfabeto cirillico, i cataloghi, le banche dati e tutti gli altri apparati di recupero dell'informazione  sono consultabilili in cirillico, viceversa nei  paesi extra-slavi i medesimi  strumenti bibliografici sono compilati in alfabeto latino. Insorge dunque un problema: il passaggio da un codice di segni ad un altro, cioe' da grafemi slavi a grafemi latini.

Questo processo di trascrizione prende il nome di traslitterazione.


Ma sentiamo cosa ha da dirci al riguardo Gabriele Mazzitelli.

/ Mazzitelli
 
I problemi legati alla trascrizione assillano gli slavisti da almeno ottanta anni. E' sulle pagine di “Russia”, la rivista diretta da Ettore Lo Gatto dal 1920 al 1926 che si apre un serrato dibattito che vede intervenire Evgenij Šmurlo, lo stesso Lo Gatto e un altro padre della slavistica italiana, Giovanni Maver. Allora il problema non era in realtà solo quello di trovare dei caratteri che avessero una qualche possibile facilità d'uso per un lettore italiano, ma anche quello di affrancarsi, per la prima volta su basi scientifiche, da una complessiva influenza straniera, soprattutto francese, che faceva sì che la maggior parte delle traduzioni allora in commercio non venisse effettuata dall'originale, ma fosse la traduzione di una traduzione.
Un grande contributo a questo dibattito venne negli anni successivi da Enrico Damiani, slavista insigne ma anche bibliotecario. Gli interventi di Damiani, oltre agli aspetti teorici, tengono sempre in grande considerazione una specifica finalità pratica della trascrizione, vale a dire la schedatura di materiale proveniente da aree linguistiche che usano il cirillico allo scopo di creare un catalogo o di redigere una bibliografia.
In effetti il problema che stiamo esaminando ha almeno tre possibili ambiti di interesse: a) il mondo editoriale, b) il mondo accademico; c) il mondo bibliotecario. Non a caso è proprio dalla necessità  di contrapporsi a abitudini editoriali le più disparate che nasce la discussione sulla rivista “Russia”, discussione che ovviamente tende a essere sostenuta da un sostrato filologico, così come sarà anche nelle successive prese di posizione “accademiche”,  e che per altro parrebbe non avere fini diversi da quelli perseguiti dal mondo bibliotecario: trovare uno standard d'uso generalmente accettato. Ma nel corso del tempo questa coincidenza di fini si è rivelata abbastanza problematica. Va anche detto che nel caso delle lingue slave un’ulteriore suggestione viene dal fatto che l'utilizzo dei segni diacritici, vale a dire di segni grafici in aggiunta a un grafema già utilizzato per trascrivere un altro segno, è ampiamente utilizzata nelle lingue slave scritte con caratteri latini, quali il ceco, e nell'area linguistica serbocroata ci troviamo di fronte a degli alfabeti che quanto meno originariamente sono serviti proprio a definire varianti in caratteri cirillici o latini di una stessa lingua.
A dire il vero le differenze fra le due traslitterazioni più diffuse, vale a dire quella "scientifica" e quella riportata nell’Appendice VI delle RICA, derivata dalle norme ISO R/9 e utilizzata nel mondo bibliotecario, differisce in un numero molto limitato di casi. Ma come è ovvio questo numero limitato di casi può risultare già di per sé significativo quando si opera una ricerca a catalogo. D'altra parte che la sensibilità nei confronti di queste problematiche non sia troppo elevata lo dimostra anche la lettura di alcuni brani dell'ultimo libro di Umberto Eco, dedicato alla traduzione , in cui si legge: “il Codice Morse fornisce una regola di “traslitterazione”, esattamente come accade quando si decide che la lettera dell’alfabeto cirillico я vada traslitterata come ja. Questi codici possono essere usati da un traslitteratore che, non conoscendo il tedesco, traslitteri un messaggio tedesco in Morse, da un correttore di bozze che, anche senza conoscere il russo, conosca le regole per l’uso dei segni diacritici – e in definitiva i processi di traslitterazione potrebbero essere affidati a un computer” .
Senz’altro accettabile l’idea che la traslitterazione sia un codice, ma che a traslitterare possa essere chiunque è meno vero in un contesto bibliotecario, dove per attribuire un soggetto o una classificazione bisogna andare ben al di là della semplice traslitterazione di un titolo o del nome di un autore.
Scrive ancora Eco: “Un editore può arrivare a pretendere che nella traduzione di un romanzo poliziesco dal russo si eliminino i segni diacritici per traslitterare i nomi dei personaggi, onde permettere ai lettori di individuarli e ricordarli più facilmente” , ma se questa licenza è consentita perché non giustificare anche altri tipi di adattamenti che potrebbero risultare non così indifferenti ai fini della ricerca catalografica, quale ad esempio l’italianizzazione di un nome russo presente in un titolo, che. E non mi pare che l’accenno specifico a un ‘romanzo poliziesco’ possa rappresentare di per sé un’attenuante.
E allora non è forse un caso che nell’elenco delle traduzioni citate in appendice al volume di Eco citi la versione russa de Il nome della rosa, utilizzando l’”obbrobrio” di una traslitterazione “inventata”, nel senso che non rispetta nessun codice in uso e  mescola suggestioni linguistiche e fonetiche , tradendo quella che dovrebbe essere la funzione primaria della traslitterazione, vale a dire consentire di ricostruire esattamente il testo così come è scritto nella lingua di partenza.
Questo esempio può dare la misura di quanto il mondo editoriale poco consideri il problema. Naturalmente gli slavisti di professione hanno, al contrario una considerazione massima della questione, ma sono molto restii ad accettare l’idea che in quanto codice la traslitterazione non sia altro che una convenzione e, quindi, il risultato di un compromesso: pertanto, insistono a sostenere traslitterazioni diverse a seconda della lingua di partenza, sia essa il russo, l’ucraino o il bulgaro, venendo meno a uno dei principi espressi dalla norma ISO, vale a dire a un grafema cirillico corrisponda sempre lo stesso grafema latino, indipendentemente appunto dalla lingua di partenza.
Tra questi due “fuochi” si trova il mondo bibliotecario, incapace purtroppo per tanti motivi di imporre un comportamento univoco e condannato pertanto a costringere l’utente a una perenne incertezza.


/ Tomassini
La mia riflessione sulla gestione biblioteconomica, e segnatamente catalografica, dei caratteri cirillici non e' il frutto di una conoscenza specifica delle lingue slave e non ha quindi il livello di erudizione di Mazzitelli; tuttavia e' suffragata da alcuni anni di esperienza diretta.


I sistemi di gestione automatizzata delle attivita' biblioteconomiche  maggiormente diffusi in Italia (SBN, Aleph, Sebina, ISIS), utilizzano un set di caratteri latini (non ci e' dato conoscere se qualche biblioteca italiana utilizzi sw gestionali che consentono l'uso di caratteri cirillici, ma lo riteniamo alquanto improbabile); per questo motivo i catalogatori devono traslitterare in alfabeto latino gli originali  caratteri cirillici in cui sono scritte le pubblicazioni edite nell'area slava.  
Ad esempio, il titolo cirillico originale:  А. С. Пушкин : жизнь и творчество nei nostri cataloghi si trascrive, impiegando la traslitterazione RICA/ISO R/9: A. S. Puškin : žizn' i tvorčestvo .

Il primo problema che si pone nella catalogazione delle pubblicazioni slave e' quindi la scelta del sistema di traslitterazione .
Infatti, come accennato da Mazzitelli, il problema della traslitterazione in se' viene ulteriormente complicato dal fatto che  la comunita' scientifica internazionale degli slavisti, e conseguentemente anche la c.detta societa' dell'informazione  (i soggetti cioe ' che compilano i cataloghi e le banche dati bibliografiche), non e' unanime nell'adozione di un sistema di traslitterazione univoco, non si e' data cioe' un criterio di codificazione standard. E, come vedremo, la deroga da uno standard comune crea una disfunzione nel sistema di gestione e di recupero dell'informazione: il medesimo grafema cirillico puo' essere traslitterato in modo diverso, in relazione al sistema di traslitterazione utilizzato. 

I sistemi di traslitterazione impiegati nell'ambito bibliografico, sono sostanzialamente tre:
In realta', queste tavole di traslitterazione non sono poi cosi' diverse tra loro, fatta eccezione per il sistema anglosassone che e' sensibilmente diverso, come mostra la mappatura delle diverse tavole di traslitterazione disponibile sul  sito della Biblioteca di slavistica dell'Universita' di Padova; la traslitterazione RICA e quella scientifica sostanzialmente coincidono, escluso il grafema cirillico X che:
Pertanto, per fare un esempio, l'autore russo A. П. ЧЕХОВ
Un bel rebus!

I segni diacritici
La questione della trascrizione dell'alfabeto cirillico e' ulteriormente complicata dal fenomeno dei segni diacritici.
Tutte le tavole di traslitterazione cirillico-latino prevedono infatti l'impiego dei segni diacritici, cioe' dei segni grafici che, sovrapposti,sottoposti, anteposti o posposti agli abituali caratteri latini, conferiscono al grafema originato una ulteriore definizione fonetica. Essi, in poche parole, definiscono meglio la corretta pronuncia dell'originale fonema cirillico nel sistema di codifica latinizzato.
Es.: il  digramma šč e' il corretto esito latino del cirillico Щ
o, ancora; analogamente
il titolo proprio cirillico По сунчаном сату si traslittera correttamente con Po sunčanom satu , e non con  Po suncanom satu .
Anche i problemi legati all''impiego dei diacritici nei sistemi di gestione dell'informazione, come vedremo, non sono del tutto risolti. 

Abbiamo dunque visto che  la comunita' biblioteconomia italiana ha giustamente fissato uno standard: le tavole di traslitterazione RICA ISO R/9.
Tuttavia dobbiamo registrare che questo standard non gode di un consenso unanime. Esso purtroppo non viene adottato da tutte le biblioteche italiane che possiedono collezioni bibliografiche di studi slavi.


Questa e' la mappa delle principali biblioteche italiane di slavistica rispetto all'adozione dei sistemi traslitteratori:
Adottano il sistema RICA le due Biblioteche nazionali centrali (Roma e  Firenze --> sw SBN) e tutte le biblioteche statali (quelle cioe' che afferiscono direttamente al Min. per i BBCCAA --> sw SBN)) nonche' i sistemi bibliotecari degli atenei di Padova, Bologna, Firenze, Trieste ( --> sw SBN) e Verona (--> sw Aleph).
Adottano il sistema scientifico (o italo-germanico) i sistemi bibliotecari dell'Universita' statale di Milano, Genova (  --> sw SBN) , Venezia (Ca' Foscari --> sw TinLib), Roma (Sapienza).

Assistiamo impotenti alla proliferazione, in ambito biblioteconomico, di tavole di traslitterazione diverse.
Quali sono i motivi di questo comportamento difforme da parte delle biblioteche italiane che documentano gli studi slavi? Quali elementi ostacolano l'adozione di uno standard, quello RICA,  preesistente e gia' ben definito?
Personalmente ritengo che se uno standard e' stato fissato, esso debba essere seguito. Non per mera osservanza della regola, ma perche' la mancata adozione di uno standard e' causa di isolamento e disfunzioni nel ns ambito professionale.

Tuttavia, se cosi' tante biblioteche e sistemi bibliotecari hanno operato una scelta diversa, e' giusto interrogarci sulle cause.
Non sono uno slavista e non entro quindi nel merito della validita' scientifica delle tavole RICA ma non posso astenermi dal formulare le seguenti considerazioni:
- si ha l'impressione che  la scelta di non adottare le tavole RICA, laddove non state adottate in favore della traslitterazione scientifica, sia dettata dalle pressioni di una comunita' scientifica locale (e quindi, in ambito SBN,  dei vari Poli in cui si articola il sistema nazionale) che non  riconosce alle RICA una piena  validita' scientifica. Non si tratterebbe quindi di una scelta autonoma partorita dal ns  ambito professionale quanto piuttosto di una scelta caduta dall'alto.
- le tavole RICA sono nate in ambito tecnico-biblioteconomico, recependo uno standard riconosciuto a livello internazionale (lo standard ISO 9) e l'ambito biblioteconomico, non altri, e ' quello che gli pertiene; la funzione dei cataloghi, per la compilazione dei quali queste tavole sono state pensate, non e' quella di fare scienza linguistica ma di fornire un accesso all'informazione omogeneo e coerente.  
- le Regole italiane di catalogazione costituiscono un complesso di norme per la catalogazione
(almeno rispetto ai meccanismi di intestazione dei records bibliografici, finanche con l'avvento dell'automazione) che nessun bibliotecario italiano, tanto meno coloro che lavorano in SBN, si sognerebbe mai di ignorare , fintanto che non vengono aggiornate. Rappresentano uno standard al quale conviene adeguarsi. Perche' mai allora, rispetto alla traslitterazione, si deroga dall'adozione di uno standard esplicitamente suggerito dall'agenzia bibliografica nazionale?   
 
Tutte considerazioni che spostano l'ago della bilancia a favore dell'adozione dello standard RICA, tanto piu' se si vogliono creare basi dati omogenee, obiettivo che non possiamo non condividere. 
Certo e' che bisogna riconoscere che da troppi anni si sente parlare di una revisione delle tavole RICA e la questione della traslitterazione e' cosi' controversa che l'Istituto Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche Italiane ha istituito un Gruppo di lavoro per la revisione delle tavole di traslitterazione in ambito SBN , chiamato ad aggiornare lo standard  anche nell'ambito della trascrizione dell'alfabeto cirillico.
Non conosciamo con precisione gli esiti dell'attivita' della commissione ma certamente l'intervento della dottoressa Merola potra' fornirci informazioni importanti al riguardo.


Resta che al momento i cataloghi italiani sono estremamente disomogenei rispetto al problema della traslitterazione e, in previsione di una crescente diffusione delle collezioni di slavistica anche nei sistemi bibliotecari di pubblica lettura, sarebbe opportuno attrezzarsi adeguatamente.


SBN  e l'esperienza di automazione della Biblioteca di Slavistica dell'Universita' di Padova

La Biblioteca inizio' l'automazione del proprio catalogo nel 1991 con il sw CUBIS, una piattaforma messa a punto dal professor Capaldo dell'Università "La Sapienza" di Roma, che condusse  alla creazione di una base dati bibliografica locale  rappresentativa di una buona porzione del patrimonio posseduto (15.000 dati, compresi i titoli di spoglio delle pubblicazioni miscellanee).
Tuttavia CUBIS, che aveva il merito di consentire la creazione di records bibliografici comprensivi di segni diacritici, perfettamente visibili sia durante la procedura gestionale sia nell'interfaccia di ricerca, era stato pensato con architettura off-line in modalita' stand-alone; una scelta che, insieme alla sua scarsa diffusione, alla nascita del WEB e alla crescita dei sistemi di catalogazione partecipata,  si rivelo' presto perdente e che condusse alla sua dismissione in favore di SBN, introdotto a pieno regime nel 1996.

Pertanto
dal lato gestionale , lo strumento cui faro' riferimento e' il sw SBN, nella versione 3.3. Adabas Natural in dotazione al Sistema Bibliotecario dell'ateneo padovano, che venne introdotto nel 1996 nella ns biblioteca.
La catalogazione in SBN del materiale slavo teoricamente non dovrebbe presentare particolari problemi, se non quelli caratteristici della catalogazione del materiale in alfabeti non latini.
Il catalogatore traslittera gli originali grafemi cirillici in alfabeto latino, coerentemente allo standard di traslitterazione adottato.

Tuttavia, in realta'  insorgono alcuni problemi:
1) l'assenza di uno standard traslitteratorio:  SBN, al pari di ogni ambiente di catalogazione partecipata al quale partecipano migliaia di biblioteche e decine di sistemi bibliotecari, si basa sull'adesione a standard comuni di catalogazione:  l'intero sistema cioe' dovrebbe essere soggetto alle stesse regole di comportamento e quindi adottare, nel nostro caso specifico, le tavole di traslitterazione RICA. Tuttavia cosi' non e', come abbiamo visto e conseguentemente nelle attivita' di catalogazione si verificano i seguenti punti critici:
Esempio:
- titolo proprio (traslitterazione RICA):
Georgij Novyj u vostocnyh slavjan
- titolo subordinato (traslitt. scientifica): Georgij Novyj u vostocnych slavjan

Tuttavia questa e' una strategia alquanto onerosa, in termini di economia di tempo . Inoltre bisogna riconoscere che se essa e' funzionale sul lato gestionale (rispetto cioe' alla duplicazione delle notizie ed al mantenimento di una base dati non rumorosa), non e' altrettanto efficace sul lato utente e su quello dei meccanismi di recupero dell'informazione perche' p urtroppo alcuni OPAC non  recuperano i titoli subordinati (si pensi a certi OPAC remoti alquanto domestici connessi ai meta-OPAC).
Personalmente creo una forma variante variante di ogni autore che puo' essere diversamente traslitterato ma l'efficacia di questa attivita' e' limitata all'ambiente gestionale di SBN perche' purtroppo alcuni OPAC non sono sufficientemente raffinati e non consentono una ricerca intelligente sulle forme varianti (per esempio se nell'OPAC web di Padova si lancia la ricerca digitando la forma variante "autore = Cechov" il sistema di IR  recupera solo i records legati a quella intestazione ignorando   i records legati alla vera forma accettata  Cehov ; SBN On-Line ed OPAC Indice SBN prevedono invece questa possibilita'; il meta-OPAC Azalai naturalmente non esegue che gli input che provengono dai singoli OPAC  connessi, le cui logiche di IR possono essere le piu' disparate).

2) l'inserimento dei segni diacritici: la mappa caratteri di SBN dispone di un set di caratteri speciali che consente di introdurre i segni diacritici sia nel tracciato bibliografico (ISBD), sia nelle altre notizie legate (notizie autore e notizie bibliografiche).
Tuttavia dobbiamo rilevare che, al momento, l'inserimento dei caratteri speciali, che gia' di per se' ruba tempo prezioso all'attivita' catalografica, non presenta alcun vantaggio, almeno nella versione 3.3 di Adabas Natural SBN perche':
3) usi editoriali diversi dalle consuetudini occidentali: ambiguita' nelle formulazioni di responsabilita'; tendenza a riportare i contributi secondari non sul frontespizio ma sulle pagine preliminari e negli apparati introduttivi al testo; disomogeneita' nella formulazione della forma autore; tendenza a traslitterare i nomi degli autori occidentali seguendo criteri di trascrizione fonetica che rendono poco identificabili autori occidentali gia' presenti nell'archivio autori della base dati.


La fruizione dei cataloghi da parte dell'utente


Ricerche bibliografiche sui cataloghi collettivi nazionali

L'assenza di una diffusa adesione a standard catalografici  non puo' che avere ricadute negative sulla tenuta e sulla coerenza formale degli OPAC.
I dati bibliografici presenti nel meta-OPAC MAISL , nell' OPAC Indice SBN e nel meta-OPAC Azalai (i principali cataloghi di riferimento) non sono "standardizzati" rispetto ai meccanismi della traslitterazione.
La duplicazione di records bibliografici riferiti alla medesima edizione provoca effetti di rumore informativo sul complesso degli strumenti di recupero dell'informazione, un fenomeno, in queste condizioni, inevitabile.
All'utente non resta quindi altra soluzione che consultare questi cataloghi lanciando la ricerca due volte: prima utilizzando il sistema RICA e poi quello scientifico (o viceversa). E' questa un'evidente ed inaccettabile disparita' di trattamento rispetto ad  utenti che afferiscono ad altri ambiti di studio e bisogna porvi rimedio.

Segni diacritici : come gia' detto, un buon numero di biblioteche italiane che scaricano i propri dati bibliografici   sull'OPAC di Indice SBN o sul meta-OPAC Azalai, ed in particolare le biblioteche nazionali e statali, adottano i segni diacritici, ma altre biblioteche non li usano. Pertanto questi cataloghi presentano delle evidenti difformita'. Infatti, in base ad un'analisi condotta personalmente, si e' rilevato che lanciando la ricerca autore = Puskin sul meta-OPAC Azalai, il sistema reperisce 1563 records bibliografici (schede); lanciando invece la ricerca autore =  Puškin (inserendo cioe' una stringa di ricerca completa di segni diacritici) sullo stesso catalogo, il sistema reperisce 2066 occorrenze.
E' evidente che per ottenere la piu' efficace ricerca bibliografica, sia conveniente inserire nella stringa di ricerca i titoli o gli autori completi di diacritici ma in ogni caso la ricerca piu' certa da consigliare agli utenti degli OPAC e' quella di lanciare la ricerca sia inserendo i segni diacritici che omettendoli.

Ricerche nei cataloghi di paesi stranieri
I cataloghi dei paesi europei adottano sostanzialmente la traslitterazione scientifica italo-germanica, con poche eccezioni che dovrebbero essere esplicitate negli strumenti di aiuto all'uso dell'OPAC o della banca dati che si sta interrogando.


Altro caso e' invece quello dei cataloghi di
paesi anglofoni (isole britanniche, USA, Australia, Nuova Zelanda, ecc.).
L'utente deve avere ben presente il
sistema di traslitterazione anglo-sassone (mai utilizzato dai catalogatori che operano nelle biblioteche italiane e quindi assente negli OPAC italiani) quando deve consultare i cataloghi presenti nei paesi anglofoni (come ad esempio l' OPAC della British Library o quello della Library of Congress di Washington ) ma anche quando deve consultare banche dati prodotte in paesi anglofoni (come, per esempio, MLA [Modern Language Association Database]) disponibili anche presso le biblioteche italiane.
Il sistema di traslitterazione anglosassone e' sensibilmente diverso dagli altri due sistemi di traslitterazione.
Per fare un esempio,
la forma cirillica A. П. ЧЕХОВ , traslitterata con il sistema anglosassone, diventa Chekhov.
L'utente deve essere reso edotto che passando dalla consultazione di strumenti per il  recupero dell'informazione (OPAC e cataloghi cartacei, cataloghi a stampa di biblioteche, cataloghi editoriali, bibliografie, banche dati e repertori in genere) italiani od europei alla consultazione di analoghi strumenti prodotti nell'area anglosassone, deve saper interpretare un nuovo codice grafico, parlare un'altra lingua.





Conclusioni: proposte e soluzioni
 
Le incongruenze del sistema di gestione dell'informazione di area slava provocano effetti che non sono solo di tipo formale (disomogeneita' e rumore della base dati) ma anche sostanziali; alludo all a difficolta' di recupero dell'informazione desiderata ed il conseguente senso di disorientamento dell'utente che non conosca gia' questi specifici problemi.

Proposte e soluzioni: esperienze italiane e straniere

Riferiamo quindi le nostre ipotesi per tentare soluzioni operative, riferendoci ancora ai tre diversi livelli in cui si e' articolata l'analisi dei punti critici, consapevoli che esistono dei problemi fisiologici per quest'area di studi, di carattere geografico ed economico, la cui soluzione esula certamente dalle nostre comnpetenze.
  1. Il livello della comunicazione 

2. Il livello della formazione dei bibliotecari.

3. Il livello  dell'organizzazione dell'informazione: da un sistema disarticolato ad un un sistema complessivo di facile fruizione e di orientamento per l'utente
 in assenza di questi, di la' da venire:

Concludendo: qualche passo e' stato gia' fatto per migliorare l'offerta del servizio bibliografico nazionale nel campo degli studi slavi ma e' ancora insufficente ed e ' necessario proseguire su questa strada ed ottimizzare due aspetti per rispondere adeguatamente al mutamento del contesto etnico-culturale che va disegnandosi nel ns paese: comunicare e darsi degli standards condivisi da tutti, facendo tesoro anche delle sperimentazioni avviate dalle biblioteche di pubblica lettura, rese possibili  per il momento dall'esiguita' numerica delle nascenti collezioni bibliografiche in alfabeti non latini.