/ Tomassini:
Come suggerisce il titolo, questo intervento
non circoscrive la sua analisi al problema della catalogazione dei materiali
bibliografici di area slava ma estende le sue analisi sino a tentare
di fornire un quadro della gestione bibliografica tout court
di questo ambito di studi.
D'altronde sono cosi' rare per i bibliotecari
di slavistica le occasioni di incontro che spero non ce ne vogliate
se cogliamo questa opportunita' per tentare di fare il
punto sullo stato dell'arte del trattamento dell'informazione slava
in Italia, confidando che alcune delle soluzioni che verrano qui illustrate
possano suggerire approcci metodologici condivisibili
anche da altre tipologie di biblioteche, sia speciali sia di
pubblica lettura, e da aree disciplinari che presentano problemi
linguistici affini.
Nella brossure di
presentazione del seminario si afferma che, rispetto al passato,
la gestione di collezioni bibliografiche in altri alfabeti, e
conseguentemente il rapporto con utenti non-italofoni, non e'
piu' una dimensione riservata ad esclusive tipologie di
biblioteche (grandi biblioteche di conservazione, universitarie e
specialistiche) ma e' un fenomeno di crescente diffusione nell'intero sistema
bibliotecario italiano, coinvolgendo finanche biblioteche di pubblica
lettura di dimensioni medio-piccole.
Pertanto sara' piu'
corretto estendere la ns indagine dalle biblioteche di
slavistica alle collezioni bibliografiche di slavistica, realta'
queste che possono essere ospitate anche presso biblioteche che
documentano ambiti disciplinari piu' ampi.
I sistemi bibliotecari urbani e territoriali piu' attenti
hanno saputo cogliere la sfida lanciata da un mutamento del panorama
etnico-culturale del ns paese, contrassegnato oggi piu' che in passato
dalla presenza di forti flussi migratori dall'esterno del paese,
provenienti in modo consistente da paesi con rilevanti e specifiche
diversita' linguistiche e culturali rispetto alla ns tradizione
culturale.
Non piu' di un anno fa, per esempio, in
veste di bibliotecario della Biblioteca di slavistica dell'ateneo
padovano, sono stato contattato da un collega della Biblioteca
civica di Roccastrada, un piccolo comune del territorio maremmano
dove si e' recentemente insediata, a scopi lavorativi, una comunita'
di immigrati provenienti dall'area danubiana; egli mi chiedeva alcuni
consigli (in primis, i canali di reperimento di testi in lingua serba
e macedone) perche'
la loro biblioteca stava
pianificando la creazione di un fondo bibliografico di
testi nelle lingue natie di questa comunita', nella convinzione
che i processi di integrazione inter-razziali non passano
da un azzeramento delle identita' di origine ma, innanzitutto, da
buoni livelli di accoglienza e di conoscenza delle reciproche
specificita' culturali.
E' questo un caso certo
non isolato ma che, si puo' presumere, conoscera' negli
anni a venire una crescente diffusione.
Le specificita'
ed i punti critici
nella gestione delle informazioni di area slava
In questo ambito non possiamo
che fare riferimento alla ns esperienza, maturata nell'arco
di oltre 4 anni presso la Biblioteca di slavistica dell'Universita'
di Padova. Inoltre, poiche' sono approdato a questa struttura senza
alcuna specifica competenza linguistico-culturale in quest'ambito
di studi, la mia esperienza puo' meglio rispecchiare forse
le problematiche tipiche di un utente generico di biblioteca che
si avvicina a quest'ambito scientifico-culturale.
Secondo la ns esperienza, la gestione di una
collezione di slavistica pone una serie di problemi che potremmo
ascrivere a tre diversi livelli del sistema complessivo chiamato alla
gestione delle risorse informative:
- il livello della comunicazione
- il livello della formazione
dei bibliotecari
- il livello
tecnico: l
a mediazione tecnico-biblioteconomica (
cataloghi ed altri strumenti
di accesso all'informazione)
-
Il livello della comunicazione
La ns tesi e' che gli studi
slavi, e conseguentemente le biblioteche di slavistica, soffrono
di un difetto di comunicazione, sia interno alla comunita' scientifica
a questi studi dedita, sia interno all'ambito proprio delle strutture
chiamate a veicolare e gestire le informazioni che detta comunita'
produce (il mondo editoriale, le biblioteche, i centri di documentazione).
Cerchiamo di individuare le cause di questo fenomeno:
- una prima causa e' forse
da individuare nel carattere di forte specificita' dell'universo
linguistico slavo contraddistinto da:
-
un alfabeto diverso da quello latino, cioe' il cirillico (che tra l'altro
non e' impiegato in tutte le lingue slave; il croato, il ceco,
lo slovacco ed il polacco utilizzano un alfabeto basato sul latino con
alcune modifiche --> eterogeneita' del sistema dei segni linguistici
delle lingue slave);
-
una ricchezza foneticai, e conseguentemente di grafemi, inusitata
nelle lingue occidentali, salvo rare eccezioni .
Probabilmente questi
elementi sono la causa di una scarsa diffusione delle lingue e della
cultura slava fuori dai confini slavi e della percezione diffusa delle
lingue slave intese come barriere linguistiche insormontabili per chi
non vi si voglia dedicare con metodo, unitamente ad altri fattori
di ordine storico-geografico facilmente intuibili.
- conseguentemente, la
comunita' scientifica dedita agli studi slavi, sia a livello nazionale
che internazionale, e' numericamente abbastanza esigua
rispetto ad altre comunita' scientifiche.
Prova di cio' sia il numero dei dipartimenti e dei centri
di ricerca, cosi' come il numero dei laureati, che gravitano intorno
a quest'area disciplinare, di gran lunga inferiore, per esempio,
rispetto agli studi delle lingue e culture anglosassoni o neo-romanze.
Ne consegue una certa debolezza, sia sul piano delle
risorse che in termini di attenzione da parte dei soggetti in cui
si articola la c.detta societa' dell'informazione.
- il ritardo economico
di ampie parti del mondo slavo che a sua volta determina
un gap tecnologico rispetto ai paesi tecnologicamente
avanzati. Benche' negli ultimi anni si assista ad un
a crescente diffusione delle nuove tecnologie
da parte dei soggetti in cui si articola la societa' dell'informazione
di alcuni paesi slavi (in primis Slovenia, Polonia, Rep. ceca,
Bulgaria e Russia europea)
non possiamo ignorare che, per fare un esempio, a tutt'oggi
le principali banche dati bibliografiche di spoglio che coprono
gli studi slavi sono prodotte nei paesi occidentali (es. l'American
Bibliography of Slavic and East European Studies, l'European
Bibliography of Slavic and East European Studies
, la banca dati linguistico-letteraria Modern Language
Association database).
L'insieme di questi elementi
da luogo ad un fenomeno di isolamento che viene spesso percepito
con disagio sia da parte dei bibliotecari che gestiscono le risorse
informative di ambito slavo, sia da parte degli utenti che hanno a
che fare con un universo di conoscenze che mediamente comunica poco
e male con il resto della comunita' scientifica.
Questo difetto di comunicazione si trasferisce
cosi', come nel caso italiano, da un livello collettivo ad un
livello individuale e viceversa; il bibliotecario avverte spesso
la sensazione di vivere in un contesto separato, o quantomeno distante,
dalla restante parte della propria comunita' professionale e percepisce
la scarsezza di strumenti utili a colmare questo distacco;
infine l'isolamento del
"sistema biblioteca" non puo' che ricadere sull l'utente.
Prova dell'isolamento e della scarsa comunicazione
interna al mondo delle biblioteche e dei bibliotecari di slavistica
in Italia, e' la scarsezza , o totale assenza in alcuni casi, di
strumenti diffusi in altre aree disciplinari quali:
- liste di discussione specifiche che veicolano
informazioni e problemi caratteristici di questo ambito disciplinare.
- associazioni di subject
librarian (bibliotecari di slavistica).
- repertori che censiscono le collezioni di slavistica
presenti nel territorio italiano; questa carenza produce, conseguentemente,
una scarsa conoscenza generale dell'offerta del patrimonio bibliografico
complessivo italiano nel campo degli studi slavi.
- riviste e banche dati interamente dedicate alla
gestione dell'informazione di area slava
- strumenti di orientamento per la gestione e fruizione
dell'informazione di area slava, siano essi in rete o cartacei.
- politiche e progetti consortili tra biblioteche
di slavistica.
2)
Il livello della formazione dei bibliotecari.
Va da se' che un panorama
cosi' complesso e peculiare richiede competenze specifiche
, in primis quelle che consentono di abbattere la barriera linguistica.
E' nostro convicimento che un bibliotecario che non
conosca, almeno a livello elementare, una o piu' lingue slave,
non sia in grado di assolvere efficacemente alla funzione cui egli
e' chiamato, quella cioe' di mediare tra le esigenze informative
dell'utente ed il patrimonio informativo cui egli, per mezzo della
biblioteca, puo' fornire l'accesso.
Come rileva anche Mazzitelli nelle parole che seguiranno,
al bibliotecario non e' sufficiente maneggiare con perizia gli
strumenti tecnici
che la sua professione gli mette a disposizione; e' necessaria
anche una conoscenza, seppure sommaria, dei contenuti peculiari
del patrimonio di informazioni di cui la biblioteca dispone; egli deve
potersi orientare tra gli scaffali e familiriazzare con repertori ed altri
strumenti tipici della sua professione.
Inoltre, se viene meno la conoscenza linguistica, il bibliotecario non
potra' dedicarsi con autonomia e consapevolezza ai processi di indicizzazione
(soggettazione e classificazione) dei documenti posseduti.
Egli finira' per percepire' la sua mission con un
senso di disagio.
Non e' un caso che nella maggioranza dei paesi con
forti tradizioni biblioteconomiche (Stati Uniti, Canada, Australia,
Germania, paesi nord-europei) i bibliotecari di slavistica abbiano
nel proprio
background culturale una conoscenza almeno di base delle
lingue e delle culture slave. E' tempo che in Italia, anche nel settore
degli studi slavi, si diffonda la figura del subject librarian
--> slavic librarian.
Naturalmente il background linguistico-culturale e' necessario
ma da se' non e' sufficiente perche', come vedremo ora, la gestione
dell'informazione bibliografica di area slava ci pone al cospetto
di una realta' cosi' complessa, disarticolata ed eterogenea (spec.
sotto il profilo degli standards tecnici), che e' necessario che la
biblioteca si adoperi a predisporre un sistema di orientamento
all'utente costruito ad hoc, con l'impiego degli strumenti messi a
disposizione dalle tecniche proprie della sua professione.
3)
Il livello della mediazione biblioteconomica
(
cataloghi ed altri strumenti
di accesso all'informazione)
La gestione di una collezione di studi slavi presenta
numerosi problemi di natura tecnico-biblioteconomica.
Innanzitutto bisogna accennare alle difficolta' che
si incontrano nella fornitura dei prodotti dell'industria editoriale
slava, dovute a
fattori di natura geografica ma anche al ritardo
del sistema economico-organizzativo di questi paesi, che
recentemente hanno vissuto profondi cambiamenti nel proprio assetto
politico-economico.
Il
problema principale pero' attiene ancora una volta all'ambito
linguistico.
I
nfatti, come come noto agli slavisti, molte lingue slave
(il russo, il serbo, l'ucraino, il bulgaro, il macedone)
utilizzano un alfabeto diverso da quello latino: il cirillico.
Se infatti nei paesi slavofoni di alfabeto cirillico, i
cataloghi, le banche dati e tutti gli altri apparati di recupero dell'informazione
sono consultabilili in cirillico, viceversa nei paesi extra-slavi
i medesimi strumenti bibliografici sono compilati in alfabeto latino.
Insorge dunque un problema: il passaggio da un codice di segni ad un
altro, cioe' da grafemi slavi a grafemi latini.
Questo processo di trascrizione prende il nome
di traslitterazione.
Ma sentiamo cosa ha da dirci al riguardo Gabriele Mazzitelli.
/ Mazzitelli
I problemi legati alla trascrizione assillano gli
slavisti da almeno ottanta anni. E' sulle pagine di “Russia”,
la rivista diretta da Ettore Lo Gatto dal 1920 al 1926 che si apre
un serrato dibattito che vede intervenire Evgenij Šmurlo, lo stesso
Lo Gatto e un altro padre della slavistica italiana, Giovanni Maver.
Allora il problema non era in realtà solo quello di trovare dei
caratteri che avessero una qualche possibile facilità d'uso per
un lettore italiano, ma anche quello di affrancarsi, per la prima volta
su basi scientifiche, da una complessiva influenza straniera, soprattutto
francese, che faceva sì che la maggior parte delle traduzioni
allora in commercio non venisse effettuata dall'originale, ma fosse la
traduzione di una traduzione.
Un grande contributo a questo dibattito venne negli
anni successivi da Enrico Damiani, slavista insigne ma anche bibliotecario.
Gli interventi di Damiani, oltre agli aspetti teorici, tengono
sempre in grande considerazione una specifica finalità pratica
della trascrizione, vale a dire la schedatura di materiale proveniente
da aree linguistiche che usano il cirillico allo scopo di creare un
catalogo o di redigere una bibliografia.
In effetti il problema che stiamo esaminando ha
almeno tre possibili ambiti di interesse: a) il mondo editoriale,
b) il mondo accademico; c) il mondo bibliotecario. Non a caso è
proprio dalla necessità di contrapporsi a abitudini
editoriali le più disparate che nasce la discussione sulla
rivista “Russia”, discussione che ovviamente tende a essere sostenuta
da un sostrato filologico, così come sarà anche nelle
successive prese di posizione “accademiche”, e che per altro parrebbe
non avere fini diversi da quelli perseguiti dal mondo bibliotecario:
trovare uno standard d'uso generalmente accettato. Ma nel corso del tempo
questa coincidenza di fini si è rivelata abbastanza problematica.
Va anche detto che nel caso delle lingue slave un’ulteriore suggestione
viene dal fatto che l'utilizzo dei segni diacritici, vale a dire di segni
grafici in aggiunta a un grafema già utilizzato per trascrivere
un altro segno, è ampiamente utilizzata nelle lingue slave scritte
con caratteri latini, quali il ceco, e nell'area linguistica serbocroata
ci troviamo di fronte a degli alfabeti che quanto meno originariamente
sono serviti proprio a definire varianti in caratteri cirillici o latini
di una stessa lingua.
A dire il vero le differenze fra le due traslitterazioni
più diffuse, vale a dire quella "scientifica" e quella riportata
nell’Appendice VI delle RICA, derivata dalle norme ISO R/9 e utilizzata
nel mondo bibliotecario, differisce in un numero molto limitato
di casi. Ma come è ovvio questo numero limitato di casi può
risultare già di per sé significativo quando si opera
una ricerca a catalogo. D'altra parte che la sensibilità nei confronti
di queste problematiche non sia troppo elevata lo dimostra anche la
lettura di alcuni brani dell'ultimo libro di Umberto Eco, dedicato
alla traduzione , in cui si legge: “il Codice Morse fornisce una regola
di “traslitterazione”, esattamente come accade quando si decide che
la lettera dell’alfabeto cirillico я vada traslitterata come ja. Questi
codici possono essere usati da un traslitteratore che, non conoscendo
il tedesco, traslitteri un messaggio tedesco in Morse, da un correttore
di bozze che, anche senza conoscere il russo, conosca le regole per l’uso
dei segni diacritici – e in definitiva i processi di traslitterazione
potrebbero essere affidati a un computer” .
Senz’altro accettabile l’idea che la traslitterazione
sia un codice, ma che a traslitterare possa essere chiunque è
meno vero in un contesto bibliotecario, dove per attribuire un
soggetto o una classificazione bisogna andare ben al di là
della semplice traslitterazione di un titolo o del nome di un autore.
Scrive ancora Eco: “Un editore può arrivare
a pretendere che nella traduzione di un romanzo poliziesco dal
russo si eliminino i segni diacritici per traslitterare i nomi dei
personaggi, onde permettere ai lettori di individuarli e ricordarli
più facilmente” , ma se questa licenza è consentita
perché non giustificare anche altri tipi di adattamenti che potrebbero
risultare non così indifferenti ai fini della ricerca catalografica,
quale ad esempio l’italianizzazione di un nome russo presente in
un titolo, che. E non mi pare che l’accenno specifico a un ‘romanzo
poliziesco’ possa rappresentare di per sé un’attenuante.
E allora non è forse un caso che nell’elenco
delle traduzioni citate in appendice al volume di Eco citi la
versione russa de Il nome della rosa, utilizzando l’”obbrobrio”
di una traslitterazione “inventata”, nel senso che non rispetta
nessun codice in uso e mescola suggestioni linguistiche e
fonetiche , tradendo quella che dovrebbe essere la funzione primaria
della traslitterazione, vale a dire consentire di ricostruire esattamente
il testo così come è scritto nella lingua di partenza.
Questo esempio può dare la misura di quanto
il mondo editoriale poco consideri il problema. Naturalmente gli
slavisti di professione hanno, al contrario una considerazione massima
della questione, ma sono molto restii ad accettare l’idea che in quanto
codice la traslitterazione non sia altro che una convenzione e, quindi,
il risultato di un compromesso: pertanto, insistono a sostenere traslitterazioni
diverse a seconda della lingua di partenza, sia essa il russo, l’ucraino
o il bulgaro, venendo meno a uno dei principi espressi dalla norma
ISO, vale a dire a un grafema cirillico corrisponda sempre lo stesso
grafema latino, indipendentemente appunto dalla lingua di partenza.
Tra questi due “fuochi” si trova il mondo bibliotecario,
incapace purtroppo per tanti motivi di imporre un comportamento
univoco e condannato pertanto a costringere l’utente a una perenne
incertezza.
/ Tomassini
La mia riflessione sulla gestione
biblioteconomica, e segnatamente catalografica, dei caratteri
cirillici non e' il frutto di una conoscenza specifica delle lingue
slave e non ha quindi il livello di erudizione di Mazzitelli; tuttavia
e' suffragata da alcuni anni di esperienza diretta.
I sistemi di gestione automatizzata delle attivita' biblioteconomiche
maggiormente diffusi in Italia (SBN, Aleph, Sebina, ISIS), utilizzano
un set di caratteri latini (non ci e' dato conoscere se qualche
biblioteca italiana utilizzi sw gestionali che consentono l'uso di caratteri
cirillici, ma lo riteniamo alquanto improbabile); per questo motivo
i catalogatori devono traslitterare in
alfabeto latino gli originali caratteri cirillici
in cui sono scritte le pubblicazioni edite nell'area
slava.
Ad esempio, il titolo cirillico
originale:
А. С. Пушкин : жизнь
и творчество
nei nostri cataloghi si trascrive,
impiegando la
traslitterazione
RICA/ISO R/9:
A. S. Puškin :
žizn' i tvorčestvo
.
Il primo problema che si pone nella catalogazione delle
pubblicazioni slave e' quindi la scelta del sistema di traslitterazione
.
Infatti, come accennato
da Mazzitelli, il problema della traslitterazione in se'
viene ulteriormente complicato dal fatto
che la comunita' scientifica internazionale
degli slavisti, e conseguentemente anche la c.detta
societa' dell'informazione (i soggetti cioe
' che compilano i cataloghi e le banche dati bibliografiche),
non e' unanime nell'adozione di un sistema di traslitterazione
univoco, non si e' data cioe' un criterio di codificazione standard.
E, come vedremo, la deroga da uno standard comune crea una disfunzione
nel sistema di gestione e di recupero dell'informazione: il medesimo
grafema cirillico puo' essere traslitterato in modo diverso,
in relazione al sistema di traslitterazione utilizzato.
I sistemi di traslitterazione impiegati nell'ambito
bibliografico, sono sostanzialamente tre:
- le tavole di
traslitterazione
RICA - ISO R/9
(tavole
di traslitterazione nate in ambito bibliografico
italiano) che recepiscono la norma ISO R/9 : e' il sistema di traslitterazione
che dovrebbe costituire lo standard nazionale, come suggerisce
la sua presenza
nell'appendice 9 alle Regole italiane di catalogazione
per autore
. Lo standard ISO R/9 stabilisce che uno stesso carattere
viene traslitterato sempre allo stesso modo, qualunque
sia la lingua del testo [vedi le
tavole RICA
].
- le tavole di
traslitterazione scientifica
, di matrice italo-germanica , diffuse
in Italia, Germania, Francia ed altri paesi europei, sono
pensate piu' per le esigenze di rigore filologico della comunita'
scientifica che per l'ambito biblioteconomico, in cui tuttavia di
fatto fanno una concorrenza spietata alle tavole RICA.
- le tavole di
traslitterazione anglosassone, diffuse
nei paesi di area anglosassone (Gran Bretagna,
Stati Uniti d'America, Australia ed altri paesi anglofoni)
[vedi le
tavole di traslitterazione
emanate dall'American Library Association
] rappresentano lo standard di riferimento per
la comunita' biblioteconomica anglosassone, questa si assolutamente
unanime nell'adottarle.
In realta', queste tavole
di traslitterazione non sono poi cosi' diverse
tra loro, fatta eccezione per il sistema anglosassone
che e' sensibilmente diverso, come mostra la
mappatura
delle diverse tavole di traslitterazione disponibile sul
sito della Biblioteca di
slavistica dell'Universita' di Padova; la traslitterazione RICA
e quella scientifica sostanzialmente coincidono,
escluso il grafema cirillico
X
che:
- il sistema di traslitterazione
scientifica traslittera con
il digramma CH
- il sistema di traslitterazione
RICA/ISO R/9 risolve con il monogramma
H .
Pertanto, per fare un esempio,
l'autore russo
A. П. ЧЕХОВ
- con il sistema scientifico
viene traslitterato con
A. P.
Cechov
- con il sistema RICA/ISO
R/9 viene traslitterato
con
A.
P. Cehov
- con il sistema anglosassone
viene traslitterato con
A. P. Chekhov
Un bel rebus!
I segni
diacritici
La questione della
trascrizione dell'alfabeto cirillico e' ulteriormente complicata
dal fenomeno dei segni diacritici.
Tutte le tavole di traslitterazione cirillico-latino prevedono infatti
l'impiego dei segni diacritici, cioe' dei segni grafici che, sovrapposti,sottoposti,
anteposti o posposti agli abituali caratteri latini, conferiscono
al grafema originato una ulteriore definizione fonetica. Essi, in
poche parole, definiscono meglio la corretta pronuncia dell'originale
fonema cirillico nel sistema di codifica latinizzato.
Es.:
il digramma
šč
e' il corretto
esito latino del cirillico
Щ
o, ancora; analogamente
il titolo proprio cirillico
По сунчаном сату si traslittera
correttamente con
Po sunčanom satu
, e non con Po suncanom satu
.
Anche i problemi legati all''impiego dei diacritici nei sistemi
di gestione dell'informazione, come vedremo, non sono del tutto risolti.
Abbiamo dunque visto che la comunita' biblioteconomia italiana
ha giustamente fissato uno standard: le tavole di traslitterazione RICA
ISO R/9.
Tuttavia dobbiamo registrare che questo standard non
gode di un consenso unanime. Esso purtroppo non viene adottato da
tutte le biblioteche italiane che possiedono collezioni bibliografiche
di studi slavi.
Questa e' la mappa delle principali biblioteche italiane
di slavistica rispetto all'adozione dei sistemi traslitteratori:
Adottano il sistema RICA
le due Biblioteche
nazionali centrali (Roma e Firenze --> sw
SBN) e tutte le biblioteche statali (quelle cioe' che afferiscono direttamente
al Min. per i BBCCAA
--> sw SBN)) nonche'
i sistemi bibliotecari degli atenei di Padova, Bologna,
Firenze, Trieste (
--> sw SBN)
e Verona (--> sw Aleph).
Adottano il sistema scientifico
(o italo-germanico)
i sistemi bibliotecari dell'Universita' statale
di Milano, Genova (
--> sw SBN)
, Venezia (Ca' Foscari --> sw TinLib), Roma
(Sapienza).
Assistiamo impotenti
alla proliferazione, in ambito biblioteconomico, di tavole di traslitterazione
diverse.
Quali sono i motivi
di questo comportamento difforme da parte delle biblioteche italiane
che documentano gli studi slavi? Quali elementi ostacolano l'adozione
di uno standard, quello RICA, preesistente e gia' ben definito?
Personalmente ritengo che se uno standard e' stato fissato,
esso debba essere seguito. Non per mera osservanza della regola, ma
perche' la mancata adozione di uno standard e' causa di isolamento e disfunzioni
nel ns ambito professionale.
Tuttavia, se cosi' tante biblioteche e sistemi bibliotecari
hanno operato una scelta diversa, e' giusto interrogarci sulle cause.
Non sono uno slavista e non entro quindi nel merito della
validita' scientifica delle tavole RICA ma non posso astenermi dal
formulare le seguenti considerazioni:
- si ha l'impressione che la scelta di non adottare
le tavole RICA, laddove non state adottate in favore della traslitterazione
scientifica, sia dettata dalle pressioni di una comunita' scientifica
locale (e quindi, in ambito SBN, dei vari Poli in cui si articola
il sistema nazionale) che non riconosce alle RICA una piena
validita' scientifica. Non si tratterebbe quindi di una scelta autonoma
partorita dal ns ambito professionale quanto piuttosto di una scelta
caduta dall'alto.
- le tavole RICA sono nate in ambito tecnico-biblioteconomico,
recependo uno standard riconosciuto a livello internazionale (lo
standard ISO 9) e l'ambito biblioteconomico, non altri, e ' quello
che gli pertiene; la funzione dei cataloghi, per la compilazione dei
quali queste tavole sono state pensate, non e' quella di fare scienza
linguistica ma di fornire un accesso all'informazione omogeneo e coerente.
- le Regole italiane di catalogazione costituiscono un
complesso di norme per la catalogazione
(almeno rispetto ai meccanismi di intestazione dei records bibliografici,
finanche con l'avvento dell'automazione)
che nessun bibliotecario italiano, tanto meno coloro che lavorano
in SBN, si sognerebbe mai di ignorare , fintanto che non vengono aggiornate.
Rappresentano uno standard al quale conviene adeguarsi. Perche' mai
allora, rispetto alla traslitterazione, si deroga dall'adozione di
uno standard esplicitamente suggerito dall'agenzia bibliografica nazionale?
Tutte considerazioni che spostano l'ago della bilancia
a favore dell'adozione dello standard RICA, tanto piu' se si vogliono
creare basi dati omogenee, obiettivo che non possiamo non condividere.
Certo e' che bisogna riconoscere che da troppi anni si
sente parlare di una revisione delle tavole RICA e la questione
della traslitterazione e' cosi' controversa che l'Istituto
Centrale per il Catalogo Unico delle Biblioteche
Italiane ha istituito un
Gruppo di
lavoro per la revisione delle tavole di traslitterazione
in ambito SBN
, chiamato ad aggiornare lo standard anche
nell'ambito della trascrizione dell'alfabeto
cirillico.
Non conosciamo con precisione gli esiti dell'attivita'
della commissione ma certamente l'intervento della dottoressa Merola
potra' fornirci informazioni importanti al riguardo.
Resta che al momento i cataloghi italiani sono estremamente
disomogenei rispetto al problema della traslitterazione e, in previsione
di una crescente diffusione delle collezioni di slavistica anche
nei sistemi bibliotecari di pubblica lettura, sarebbe opportuno attrezzarsi
adeguatamente.
SBN e l'esperienza di automazione della Biblioteca
di Slavistica dell'Universita' di Padova
La Biblioteca inizio'
l'automazione del proprio catalogo nel 1991 con il sw CUBIS, una piattaforma
messa a punto dal professor Capaldo dell'Università
"La Sapienza" di Roma, che condusse alla creazione di
una base dati bibliografica locale
rappresentativa di una buona porzione del patrimonio
posseduto (15.000 dati, compresi i titoli di spoglio delle pubblicazioni
miscellanee).
Tuttavia CUBIS, che aveva il merito di consentire la creazione
di records bibliografici comprensivi di segni diacritici, perfettamente
visibili sia durante la procedura gestionale sia nell'interfaccia
di ricerca, era stato pensato con architettura off-line in modalita'
stand-alone; una scelta che, insieme alla sua scarsa diffusione, alla
nascita del WEB e alla crescita dei sistemi di catalogazione partecipata,
si rivelo' presto perdente e che condusse alla sua dismissione in favore
di SBN, introdotto a pieno regime nel 1996.
Pertanto dal lato gestionale
, lo strumento cui faro' riferimento e' il sw SBN, nella
versione 3.3. Adabas Natural in dotazione al Sistema Bibliotecario
dell'ateneo padovano, che venne introdotto nel 1996 nella ns biblioteca.
La catalogazione
in SBN del materiale slavo
teoricamente non dovrebbe presentare particolari problemi,
se non quelli caratteristici della catalogazione del materiale in
alfabeti non latini.
Il catalogatore traslittera gli originali grafemi cirillici
in alfabeto latino, coerentemente allo standard di traslitterazione
adottato.
Tuttavia, in realta' insorgono alcuni problemi:
1) l'assenza di uno standard traslitteratorio:
SBN, al pari di ogni ambiente di catalogazione partecipata al quale
partecipano migliaia di biblioteche e decine di sistemi bibliotecari,
si basa sull'adesione a standard comuni di catalogazione: l'intero
sistema cioe' dovrebbe essere soggetto alle stesse regole di comportamento
e quindi adottare, nel nostro caso specifico, le tavole di traslitterazione
RICA. Tuttavia cosi' non e', come abbiamo visto e conseguentemente nelle
attivita' di catalogazione si verificano i seguenti punti critici:
- lo standard di traslitterazione
: il catalogatore, che gia' e' impegnato in una onerosa attivita'
di trascrizione, deve individuare se nelle fonti di informazione del
testo che sta catalogando e' presente o meno uno dei grafemi che viene
traslitterato in modi diversi dai diversi poli, in virtu' dell'adozione
di diverse tavole di traslitterazione (e quindi il grafema
X, che
puo' trovarsi anche in inizio di parola, ma anche i segni
Ь / ь
= " --> tuttavia alcuni Poli SBN sostituiscono ai segni deboli
uno spazio vuoto, che comunque il sistema interpreta come un preciso
segnale che opera nella ricerca); in particolare il catalogatore
deve prestare attenzione alla presenza di questi grafemi all'interno
di quelle stringhe di testo che una volta inserite nell'ISDB (i primi
50 caratteri) agiranno sui meccanismi di ricerca nell'ambito
della base dati nazionale.
- Per ovviare al problema
appena accennato la strategia catalografica che ho consolidato nel tempo
e' questa:, per ogni titolo proprio che contiene uno o piu' grafemi
cirillici che possono essere traslitterati diversamente da tavole RICA
e dalle tavole scientifiche, origino un titolo subordinato trascritto
con la traslitterazione che la ns biblioteca non ha adottato; si hanno
cosi' buone probabilita' che non vengano duplicati records bibliografici
riferiti alla medesima edizione.
Esempio:
- titolo proprio (traslitterazione RICA):
Georgij Novyj u vostocnyh slavjan
- titolo subordinato (traslitt. scientifica):
Georgij Novyj u vostocnych slavjan
Tuttavia questa
e' una strategia alquanto onerosa, in termini di economia di tempo .
Inoltre bisogna riconoscere che se essa e' funzionale sul lato gestionale
(rispetto cioe' alla
duplicazione delle notizie ed al mantenimento di una base dati non rumorosa),
non e' altrettanto efficace sul lato utente e su quello dei meccanismi di
recupero dell'informazione perche' p
urtroppo alcuni OPAC non recuperano i titoli subordinati (si
pensi a certi OPAC remoti alquanto domestici connessi ai meta-OPAC).
- il problema dell'
autorithy file: soprassediamo sull'inevitabile disomogeneita'
degli accessi negli storici cataloghi cartacei per autori e titoli, conseguenza
diretta della mancanza di standard di riferimento rispetto alla gestione
delle intestazioni in archi temporali puiuttosto dilatati (la ns biblioteca
per es. e' nata negli anni 20), limitiamoci qui ad analizzare la gestione
automatizzata dell'autorithy file di slavistica nella base dati di
Indice SBN, che non e' certo indenne da disfunzioni ed errori.
Come possiamo avere delle forme accettate di autori se non esiste un
sistema accettato di trascrizione? In effetti per gli autori piu' noti
si puo' ovviare con il buon senso alla mancanza di uno standard accettato
da tutti (es. se dobbiamo intestare un documento all'autore russo
A. П. ЧЕХОВ
, che
RICA traslittera con
Cehov,
Anton
Pavlovic
ma le tavole scientifiche con
Checov,
Anton Pavlovic
, e' ovvio che se all'intestazione
Checov
risultano legate poche edizioni il catalogatore deve insospettirsi e
ritenere che questa non sia la forma accettata; essa verosimilmente, intestera'
centinaia o migliaia di edizioni (tuttavia nella base dati si trova
anche la forma accettata
Checov (trascriz. scientifica
), che periodicamente viene modificata in forma variante e puntualmente
rinasce a nuova vita come forma accettata). Il problema si complica
quando si ha a che fare con autori meno noti: si crea la forma accettata
(o si cattura se gia' esiste) traslitterata con RICA, e contestualmente
dobbiamo sincerarci che non esista una forma accettata concorrente (traslitterata
cioe' con il sistema scientifico) ed eventualmente trasformare quest'ultima
in una forma variante (operazione complessa perche' il sistema non permette
di cambiare il codice: e' necessario fonderla su quella corretta e creare
una nuova forma variante). Pertanto una corretta gestione dell'autorithy
file impone al catalogatore di lavorare su due binari ed impegnarsi in
un'onerosa attivita' di fusione delle notizie autore e di creazione di
forme varianti. Per Cehov, nella base dati Indice, ne esistono ben 8
:
Tschechow, Anton
Cechov, Anton P.
Chekhov, Anton
Cechov, Anton Pavlovic
Cechov, Anton
Tchekhov, Anton
Cechov, A. P.
Cecov, Anton Pavlovic
Personalmente
creo una forma variante variante di ogni autore che puo' essere diversamente
traslitterato ma l'efficacia di questa attivita' e' limitata all'ambiente
gestionale di SBN perche' purtroppo alcuni OPAC non sono sufficientemente
raffinati e non consentono una ricerca intelligente sulle forme varianti
(per esempio se nell'OPAC web di Padova si lancia la ricerca digitando
la forma variante "autore =
Cechov" il sistema
di IR recupera solo i records legati a quella intestazione ignorando
i records legati alla vera forma accettata
Cehov ; SBN On-Line
ed OPAC Indice SBN prevedono invece questa possibilita'; il meta-OPAC
Azalai naturalmente non esegue che gli input che provengono dai singoli
OPAC connessi, le cui logiche di IR possono essere le piu' disparate).
2)
l'inserimento
dei segni diacritici: la mappa caratteri di
SBN dispone di un set di caratteri speciali che consente
di introdurre i segni diacritici sia nel tracciato bibliografico
(ISBD), sia nelle altre notizie legate (notizie autore e notizie bibliografiche).
Tuttavia dobbiamo rilevare
che, al momento, l'inserimento dei caratteri speciali, che gia'
di per se' ruba tempo prezioso all'attivita' catalografica, non presenta
alcun vantaggio, almeno nella versione 3.3 di Adabas Natural SBN perche':
- le schedine cartacee
prodotte da SBN non recano i segni diacritici inseriti con la mappa
dei caratteri speciali nel records bibliografico generato con SBN.
Il catalogo cartaceo locale della biblioteca non trae quindi nessun
vantaggio dall'utilizzo dei caratteri speciali; nel ns caso,
i segni diacritici vengono apposti manualmente da esperti della materia
sulle schede cartacee prodotte da SBN.
Vi domanderete perche' la ns biblioteca continui ad alimentare il
catalogo cartaceo. Non si tratta del catalogo per autori e titoli ma
del c. topografico che , mancando nella ns biblioteca una efficace
e completa attivita' di catalogazione semantica (perche' i bibliotecari,
che non sono slavisti, non sono in grado di analizzare autonomamente i
documenti), costituisce l'unico strumento di accesso classificatorio ai
documenti.
- purtroppo i segni
diacritici introdotti nei records SBN sono visualizzati solo nell'ambiente
gestionale e non nell'interfaccia utente; il ns OPAC web di ateneo,
cosi' come OPAC Indice e SBN On-Line ignorano questi segni grafici
e la visualizzazione dei dati e' identica, nel caso in cui si inseriscono
i diacritici o meno. In attesa di una nuova versione di OPAC Indice 2,
che magari consenta una corretta visualizzazione dei diacritici, la ns
biblioteca, diversamente dalle biblioteche statali ed altre biblioteche
che cooperano ad SBN, ha quindi deliberatamente scelto di non utilizzare
i caratteri speciali per l'inserimento di questi segni grafici che, va
detto, non impattano sulla fase di ricerca sul lato gestionale di SBN; la
macchina stabilisce un'identita tra il grafema latino completo di diacritico
ed il grafema semplice (
Ž =
Z ), con
indubbi vantaggi sulle attivita' di catalogazione.
3)
usi editoriali diversi dalle consuetudini occidentali: ambiguita'
nelle formulazioni di responsabilita'; tendenza a riportare i contributi
secondari non sul frontespizio ma sulle pagine preliminari e negli
apparati introduttivi al testo; disomogeneita' nella formulazione della
forma autore; tendenza a traslitterare i nomi degli autori occidentali
seguendo criteri di trascrizione fonetica che rendono poco identificabili
autori occidentali gia' presenti nell'archivio autori della base dati.
La fruizione dei cataloghi da parte dell'utente
Ricerche bibliografiche
sui cataloghi collettivi nazionali
L'assenza di una diffusa adesione a standard catalografici
non puo' che avere ricadute negative sulla tenuta e sulla coerenza
formale degli OPAC.
I dati bibliografici presenti nel meta-OPAC
MAISL
, nell'
OPAC
Indice SBN
e nel
meta-OPAC Azalai
(i principali cataloghi di riferimento) non sono "standardizzati"
rispetto ai meccanismi della traslitterazione.
La duplicazione di records bibliografici riferiti alla medesima
edizione provoca effetti di rumore informativo sul complesso degli strumenti
di recupero dell'informazione, un fenomeno, in queste condizioni, inevitabile.
All'utente non resta quindi altra soluzione che
consultare questi cataloghi lanciando la ricerca due
volte: prima utilizzando il sistema RICA e poi quello
scientifico (o viceversa). E' questa un'evidente ed inaccettabile disparita'
di trattamento rispetto ad utenti che afferiscono ad altri ambiti
di studio e bisogna porvi rimedio.
Segni diacritici
: come gia' detto, un buon numero di biblioteche italiane che
scaricano i propri dati bibliografici sull'OPAC di Indice
SBN o sul meta-OPAC Azalai, ed in particolare le biblioteche
nazionali e statali, adottano i segni diacritici, ma altre biblioteche
non li usano. Pertanto questi cataloghi presentano delle evidenti
difformita'. Infatti, in base ad un'analisi condotta personalmente,
si e' rilevato che lanciando la ricerca autore =
Puskin
sul meta-OPAC Azalai, il sistema
reperisce 1563 records bibliografici (schede); lanciando
invece la ricerca autore =
Puškin
(inserendo cioe' una stringa di ricerca
completa di segni diacritici) sullo stesso catalogo, il sistema
reperisce 2066 occorrenze.
E' evidente
che per ottenere la piu' efficace ricerca bibliografica,
sia conveniente inserire nella stringa di ricerca
i titoli o gli autori completi di diacritici ma in ogni
caso la ricerca piu' certa da consigliare agli utenti degli OPAC e'
quella di lanciare la ricerca sia inserendo i segni diacritici che
omettendoli.
Ricerche nei cataloghi di paesi stranieri
I cataloghi dei paesi europei adottano
sostanzialmente la traslitterazione scientifica
italo-germanica, con poche eccezioni che dovrebbero
essere esplicitate negli strumenti di aiuto all'uso dell'OPAC
o della banca dati che si sta interrogando.
Altro caso e' invece quello dei
cataloghi di
paesi anglofoni
(isole britanniche, USA,
Australia, Nuova Zelanda, ecc.).
L'utente deve avere ben presente il
sistema di traslitterazione
anglo-sassone
(mai utilizzato dai catalogatori che
operano nelle biblioteche italiane e quindi assente
negli OPAC italiani) quando deve consultare i cataloghi
presenti nei paesi anglofoni (come ad esempio l'
OPAC della British Library
o quello della
Library of Congress di Washington
) ma anche quando deve consultare banche dati prodotte
in paesi anglofoni (come, per esempio,
MLA
[Modern Language Association Database]) disponibili anche
presso le biblioteche italiane.
Il
sistema di traslitterazione anglosassone e' sensibilmente
diverso dagli altri due sistemi di traslitterazione.
Per
fare un esempio,
la forma cirillica
A. П. ЧЕХОВ
, traslitterata con il sistema
anglosassone, diventa
Chekhov.
L'utente deve essere
reso edotto che passando dalla consultazione di strumenti per il
recupero dell'informazione (OPAC e cataloghi cartacei, cataloghi a stampa
di biblioteche, cataloghi editoriali, bibliografie, banche dati e repertori
in genere) italiani od europei alla consultazione di analoghi strumenti
prodotti nell'area anglosassone, deve saper interpretare un nuovo codice
grafico, parlare un'altra lingua.
Conclusioni:
proposte e soluzioni
Le incongruenze del
sistema di gestione dell'informazione di area slava provocano effetti
che non sono solo di tipo formale (disomogeneita' e rumore della base
dati) ma anche sostanziali; alludo all
a difficolta' di recupero dell'informazione desiderata ed il conseguente
senso di disorientamento dell'utente che non conosca gia' questi specifici
problemi.
Proposte e soluzioni: esperienze italiane e straniere
Riferiamo
quindi le nostre ipotesi per tentare soluzioni operative, riferendoci
ancora ai tre diversi livelli in cui si e' articolata l'analisi dei punti
critici, consapevoli che esistono dei problemi fisiologici per quest'area
di studi, di carattere geografico ed economico, la cui soluzione esula
certamente dalle nostre comnpetenze.
-
Il livello della comunicazione
- le nuove modalita'
di comunicazione offerte dalle nuove tecnologie consentono di elaborare
soluzioni in precedenza impensabili e che sarebbe opportuno prendere in
considerazione:
- adoperarsi per
la nascita di un portale italiano di studi slavi che potrebbe ospitare
i seguenti servizi e strumenti:
- una lista di
discussione per bibliotecari e professionisti dell'informazione specializzati
nell'area slava, nell'ambito della quale veicolare le novita' editoriali,
recensioni, nuovi progetti, problemi individuali e generali attinenti
al trattamento bibliografico delle fonti slave. Possiamo infatti garantire,
per esperienza diretta, che molti bibliotecari italiani che operano
all'interno di biblioteche di slavistica non sono iscritti alla lista AIB-CUR
e che quindi questa non e' un veicolo ideale per un ambito cosi' ristretto.
- un repository
che ospiti materiali digitali pertinenti alla biblioteconomia slava, la
Bibliografia della slavistica e balto-slavistica italiana di Mazzitelli
(attualmente ospitata sui server dell'Universita' Tor Vergata di Roma e
dell' Assoc. Italiana
degli Slavisti
), i lavori dei membri della comunita' scientifica e/o europea che
desiderino collaborare ad un progetto (questo sarebbe certo un importante
veicolo pubblicitario).
- un manuale
di catalogazione delle pubblicazioni slave, che fornisca indicazioni autorevoli
sull'interpretazione delle specificita' editoriali e linguistiche cui
abbiamo accennato, sull'esempio di Slavic Manual Cataloguing, utile risorsa
pubblicata di rete <
http://www.indiana.edu/%7Elibslav/slavcatman/
> redatta
da un esperto slavic librarian dell'Indiana University
conformemente agli standard catalografici anglosassoni AACR2.
- un repertorio
delle collezioni di slavistica nelle biblioteche italiane; un simile strumento,
che ci risultava inedito nel panorama editoriale italiano, e' gia' stato
elaborato dalla Biblioteca di slavistica dell'ateneo di Padova, che lo
ospita sul proprio server all'indirizzo di rete <
http://www.maldura.unipd.it/slavo/biblio/opac-italiani-slavi.htm
>
. Esso fornisce un ampio
numero di informazioni sulle collezioni: l'ambito disciplinare e linguistico
documentato dalla singola collezione, la URL dell'OPAC, i servizi erogati
dalla biblioteca che ospita la collezione, il referente, la presenza di
fondi speciali, ecc.
Tuttavia sarebbe opportuno che questo e strumenti analoghi
(repertori di biblioteche slave in Europa e nei paesi extra-slavi
per es. --> URL <
http://www.maldura.unipd.it/slavo/biblio/cataloghi_slavi_in_occidente.html
> fossero
resi disponibili da un unico punto di accesso della rete.
- una lista (magari
aggiornabile in remoto) delle pubblicazioni rese disponibili per lo
scambio . Anche in questo caso la ns biblioteca ha creato una pagina
specifica <
http://www.maldura.unipd.it/slavo/biblio/scambio_pubblicazioni.html
> ma rappresenta
una risorsa troppo isolta e con scarsa visibilita'.
- un periodico
in forma di Newsletter che ospiti autorevoli contributi internazionali
di slavic librarians, recensioni di pubblicazioni straniere specializzate
negli studi slavi, ecc.
- istituire un'associazione
di bibliotecari di slavistica
- sollecitare e
promuovere politiche di aggregazione e di tipo consortile tra le biblioteche
di slavistica, comprese le biblioteche afferenti a fondazioni ed istituti
privati, per far fronte in modo cooperativo ai crescenti costi di
alcune tipologie di pubblicazioni (periodici e banche dati).
- infine: pubblicizzare
il portale specialistico su AIB-CUR, i periodici italiani di biblioteconomia
e di slavistica, ecc.
2.
Il livello della formazione dei bibliotecari.
-
sensibilizzare i soggetti coinvolti nelle politiche di selezione del
personale di biblioteca, a bandire concorsi mirati all'assunzione di
persone che, oltre ad avere un adeguato background tecnico-biblioteconomico,
abbiano conoscenze di base di una o piu lingue slave.
Forse e' difficile
introdurre la figura dello slavic librarian presso quelle biblioteche
di pubblica lettura nelle quali le collezioni in alfabeti latini rappresentano
ancora un segmento esiguo dell'intero patrimonio documentale posseduto
(per il quale mal si giustificherebbe l'impegno in organico di una
bibliotecario ad essa specificamente dedicato), ma non si puo' rinunciare
a questa figura nelle biblioteche specialistiche.
- il problema della
formazione di figure quali lo slavic librarian o del chinese librarian
dovrebbe prima o poi essere affrontata anche a livello di istruzione universitaria
per non trovarci del tutto sprovvisti, finanche a livello nazionale, di figure
professionali in grado di affrontare consapevolmente la gestione di questi
materiali (tra l'altro l'agenzia bibliografica nazionale presto potrebbe
trovarsi a dover fare i conti con una crescente diffusione di manufatti
editoriali in lingue non latine pubblicati in Italia). Ci pare di poter dire
che attualmente l'offerta di curricula accademici nella gestione dell'informazione
e' tale che si possono prevedere due alternative, entrambe articolate in
due fasi (Laurea + Master): Corso di laurea in conservazione dei beni
culturali (indirizzo beni archiv.-librari) + Master in gestione di collezioni
in alfabeti non latini (con insegnamenti di una o piu' lingue straniere "non
latine"), da istituire ; oppure: Corso di laurea in lingue straniere + Master
in biblioteconomia (generale) o la Scuola speciale per archivisti e bibliotecari
(Roma Sapienza). E' questo, allo stato, l'unico percorso formativo gia' disponibile.
Fintanto che l'universita'
non e' in grado di offrire questi percorsi su tutto il territorio nazionale,
per il personale gia' in servizio presso biblioteche di slavistica
si dovrebbero prevedere
percorsi mirati, orientati cioe' alla gestione degli specifici problemi
di quest'ambito di studi, oltre che sui necessari processi di aggiornamento
biblioteconomico
generale.
3.
Il livello
dell'organizzazione dell'informazione:
da un sistema disarticolato ad un un sistema complessivo
di facile fruizione
e di orientamento per l'utente
- Obiettivi per
il raggiungimento di uno livello
complessivo di servizio
efficace e fruibile dovrebbero essere:
- cataloghi
in caratteri alfabetici originali, coerentemente al dettato IFLA che
promuove ed incoraggia interfacce utente per il recupero dell'informazionee
records bibliografici disponibili in alfabeto originale : esistono
in commercio sw gestionali orientati in tal senso (prodotti per es. da OCLC),
ma nel ns paese non sono ancora diffusi.
in assenza di
questi, di la' da venire:
- cataloghi
locali, collettivi, e meta-cataloghi coerenti a standards bibliografici
; per far cio' e' necessario:
- adoperarsi
affinche' tutte le biblioteche del sistema nazionale si adeguino ad un
unico standard di traslitterazione (dialogare costruttivamente con l'ICCU
ma anche con le altre biblioteche).
- inserire
nei requisiti tecnici indicati nei capitolati per la fornitura di nuove
piattaforme gestionali ed interfaccia utente (OPAC) la visualizzazione
dei segni diacritici.
- fintanto
che questi obiettivi non vengono raggiunti, le strategie catalografiche
dovrebbero prevedere:
- la creazione
di un archivio autori coerente o comunque tale che sia sempre possibile
il recupero dell'informazione da parte dell'utente e pertanto:
- sul lato
gestionale: inserimento
di forme varianti delle intestazioni e di titoli subordinati con
la traslitterazione non adottata.
- sul lato
interfaccia utente: strumenti di IR che garantiscano il recupero di questi
dati in modo organizzato.
- fornire adeguati
strumenti di orientamento all'utente:
dobbiamo essere consapevoli che l'utente che si accinge a fare
ricerche su sistemi di recupero dell'informazione bibliografica
(siano esse cartacee o elettroniche, banche dati o cataloghi,
bibliografie o repertori) non sa a priopri quale sistema traslitteratorio
e' stato utilizzato dai catalogatori e cosi', parlando un
altro "linguaggio" rischia di non trovare le informazioni utili,
quindi:
- dichiarare
sempre il sistema di codifica nel punto di acccesso alla risorsa informativa;
esempi:
- "questo
catalogo cartaceo utilizza il sistema di traslitterazione scientifico per
tutti i documenti acquisiti sino al .... ; per acquisizioni successive,
fare riferimento alle tavole RICA" (esporre le diverse tavole a
fianco dei cataloghi)
- predisporre
guide online che illustrino le peculiarita' e le strategie da seguire
nell'interrogazione della collezione slava sull'OPAC locale o altri OPAC
collettivi di riferimento (es. uso della wildcard
?, carattere
universale che puo' sostituire i grafemi di equivoca "traslitterazione");
si veda la guida della Biblioteca di slavistica dell'Univ. di Padova
all'URL <
http://www.maldura.unipd.it/slavo/biblio/guida_OPAC_PD.html#peculiarita
>.
- predisporre
guide online all'interrogazione delle risorse di rete quali banche dati
bibliografiche, corpora linguistici, che la biblioteca possiede o a cui
fornisce l'accesso; si veda la guida della B. di dello stesso ente
all'URL <
http://www.maldura.unipd.it/slavo/biblio/contenuti_risorse_elettr.html
>
- rendere
disponibili informazioni e strumenti relativi alla vexata quaestio
della traslitterazione <
http://www.maldura.unipd.it/slavo/biblio/strumenti_generale.html#traslitterazione
>
o, meglio ancora, rendere disponibile una mappatura di comparazione delle
varie tavole di traslitterazione adottate dalla comunita' internaizonale
dell'informazione, come la risorsa di rete sul ns sito web all'URL <
http://www.maldura.unipd.it/slavo/biblio/guida_OPAC_PD.html#mappatura
>, affinche l'utente disponga di una bussola di orientamento grafico-linguistico
per la consultazione di uno specifico contenitore di informazioni.
- dare sempre
ampia visibilita' alle risorse di area, locali (nel catalogo) e remote (sulle
pagine web della biblioteca)
- sviluppare,
gestire, consolidare diffondere la conoscenza di strumenti di
recupero dell'informazione specializzati in quest'area disciplinare; e'
il caso del neo-nato
MAISL
, il Meta-opac italiano della slavistica dal quale sono interrogabili
cumulativamente 17 collezioni di slavistica italiane (ma presto saranno
connessi anche gli OPAC relativi alle 59 collezioni di slavistica gia'
censite nel su esposto repertorio online e alcuni importanti OPAC slavi,
con interfaccia cirillici). Il MAISL e' un progetto nato dalla collaborazione
di AIS, AIB e CILEA, che ne cura la gestione tecnica.
Concludendo: qualche passo e' stato gia' fatto per migliorare l'offerta del
servizio bibliografico nazionale nel campo degli studi slavi ma e' ancora
insufficente ed e ' necessario proseguire su questa strada ed ottimizzare
due aspetti per rispondere adeguatamente al mutamento del contesto etnico-culturale
che va disegnandosi nel ns paese: comunicare e darsi degli standards
condivisi da tutti, facendo tesoro anche delle sperimentazioni avviate dalle
biblioteche di pubblica lettura, rese possibili per il momento dall'esiguita'
numerica delle nascenti collezioni bibliografiche in alfabeti non latini.