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AIDA Informazioni
ISSN 1121-0095, trimestrale
anno 16, numero 3, luglio-settembre 1998

Opinioni
KM, Knowledge Management - 2/3
Domenico Bogliolo
Università degli studî di Roma "La Sapienza"
"Imagination is more important than knowledge"
Albert Einstein [1]
Sommario:
Terminologia del KM

1. Learning organizations

Possiamo seguire Yogesh Malhotra [2] nel suo comodo bignami sugli aspetti cognitivi delle organizzazioni, per meglio definire gli spazî d'intervento, anche linguistico, del "colletto d'oro ibrido".

Dal lato dei processi, noi apprendiamo che le organizzazioni (come gli esseri umani) hanno appreso (cioè completato un processo di apprendimento) quando il loro comportamento ci appare cambiato, presumibilmente in séguito a un'attività di scoperta e di correzione di un errore. Dal lato delle strutture, invece, può essere la stessa organizzazione ad avere cómpiti di apprendimento quando in essa è radicata (ancóra una volta, esattamente come gli esseri umani) una filosofia dell'anticipazione, della reazione e della risposta al cambiamento, alla complessità e all'incertezza, al punto da modificare costantemente la propria programmazione al mutare dello stato e del contenuto dell'informazione.

Proseguendo il parallelismo, a un apprendimento adattivo (single-loop learning, un po' come il copiare, basato sulla ripetizione di modelli consolidati) corrisponde, su un piano di maggiori complessità e fragilità organizzative, un apprendimento generativo (double-loop learning, un po' come il creare, con una maggiore capacità di negare il reale per affermare l'immaginario). Per mantenere le proprie capacità adattivo/generative, un'organizzazione deve allora operare su se stessa in modo costantemente sperimentale, auto-progettuale, cioè mantenendosi costantemente in uno stato di disponibilità al cambiamento delle strutture, dei processi, dei fini e degli scopi, per poter sopravvivere in una realtà fatta di cambiamenti rapidi e non prevedibili. Il governo delle persone si confonde con quelli delle informazioni e della conoscenza. È, detta in altro modo, la "vecchia" (1950-1956) teoria del sistema aperto di Bertalanffy.

Va da sé, a questo punto, che la tendenza generale dell'organizzazione del KM trovi il suo limite superiore nel configurarsi, quanto più è possibile, in un'organizzazione cognitiva. Il ruolo di leader di una consimile organizzazione coincide, tutto insieme, con quelli, tecnici, umanistici e politici, di un progettatore, di un insegnante, di un dispensiere (designer-teacher-steward) che crea e fa condividere modelli mentali dinamici e competitivi, e forza i collaboratori (e la stessa azienda) ad auto-valutarsi non su ciò che si sa ma su come si apprende.

È un flusso di parole continuo, parlato e scritto. Gran parte di queste nuove operazioni gestionali viene infatti spesa in attività cognitive: colloqui, riunioni di lavoro, aggiornamento sulla documentazione tecnica, navigazione sulla Rete, elaborazione di note e documenti, eccetera: è un continuo comunicare per apprendere e, specularmente, apprendere per comunicare. Il KM diventa un'attività gestionale formale.

2. Calepino del KM

Il ruolo delle discipline terminologiche nel definire, tassonomizzare, ampliare e ridefinire gli strumenti di questo flusso d'informazione e di comunicazione è strettamente correlato con i cambiamenti concettuali intervenuti nelle scienze gestionali, da un lato, e con quelli, tuttora in corso, nella tecnologia stessa dell'informazione e della comunicazione, dall'altro. Inoltre, poiché gli addetti aziendali al KM provengono da àmbiti culturali, disciplinari e lavorativi diversi, accade che aumenti il divario comunicativo tra i due gruppi, che utilizzano linguaggi differenti, il che crea e accentua la babele nel settore.

Diventa perciò fondamentale un accurato lavoro di chiarificazione terminologica, come quello, parziale ma utile filo d'arianna, presentato da Philip C. Murray [3] che, cercando le origini profonde di tale confusione terminologica, ritiene di averne evidenziato una possibile struttura nascosta (o una delle tante possibili), osservando - sostanzialmente, nella medesima direzione di Sveiby - come i manager della conoscenza (e i loro consulenti per il KM) tendano ad adottare un punto di vista top-down circa il KM, stante l'enfasi, a loro connaturata, sull'uso della conoscenza come strumento di governo (e quindi tendendo a creare parole nuove o usare parole vecchie attribuendo loro nuovi significati) mentre, al contrario, i tecnologi della conoscenza (che abbisognano di maggiori certezza e precisione semantiche) tendano a focalizzarsi sugli aspetti bottom-up che riguardano la sua diffusione, disseminazione e utilizzo, a vantaggio di tutti i membri dell'organizzazione.

  1. A un nucleo concettuale di base (knowledge, knowledge management [4], knowledge transfer, tacit vs. explicit knowledge - ai quali abbiamo già in parte accennato nella prima parte di questo scritto)
  2. si aggiunge un insieme più ampio di termini utilizzati con significati meno rigidi e spesso non sufficientemente definiti (competency modeling [5], corporate memory / institutional memory [6], distance learning [7], information economics [8], information mining / knowledge mining [9], intellectual assets / intellectual capital [10], knowledge acquisition [11], knowledge base, knowledge maps / knowledge mapping / information maps [12], learning organization / knowledge-creating organization [13]).
  3. Altro settore nel quale il KM ha innovato è stato quello della definizione e ridefinizione dei ruoli e del mansionario - e quindi della loro nominazione - delle unità lavorative in esso impegnate nell'àmbito delle aziende. Nuovi nomi di professioni dall'acronimo ermetico e forse un po' inquietante, con tutte quelle k, come CIO, CKO, CLO, KO, KME e KTE saranno esaminati nella terza parte di questo scritto.
  4. Un'ultima quarta area terminologica, più esterna, che non elencheremo, perché derivata da termini appartenenti a discipline preesistenti, è costituita da termini reinventati (e riscoperti) dalla gestione aziendale nel suo approccio con l'informatica, l'intelligenza artificiale e, globalmente, con le scienze dell'informazione e della comunicazione (tra cui bibliografia e, seppur in versione elettronica, biblioteconomia - e bibliometria, infometria e bibliotecometria [14] compresi).
Network KM

Tutta questa diversità, tutto questo coacervo di sistemi di comunicazione non standardizzati, tutto questo flusso d'informazioni e di conoscenza non strutturata creano non pochi problemi gestionali, specialmente per quelle aziende che hanno copiosamente investito in ingegneri che disegnassero e realizzassero sistemi informativi tradizionali, solidi, razionali e operabili. È un modello lineare di innovazione (dalla R&D al prodotto e al mercato) che è entrato in crisi, insieme con strutturazioni aziendali gerarchiche.

Ramakrishnan V. Tenkasi e Richard J. Boland Jr. [15] rilevano come il KM giochi un ruolo non secondario né indifferente nel mutare le basi stesse dei sistemi informativi aziendali tradizionali, i quali non sanno riconoscere che i "lavoratori della conoscenza" costituiscono una comuntà socializzata all'interno di veri e proprî (alla Wittgenstein) "giochi linguistici" (o teorie di mediazione semantica) speciali. È come se questi sistemi informativi tradizionali tendessero al moto rettilineo uniforme: il messaggio è trattato in modalità monodimensionale, non problematica, presupponendo che parole, informazioni e dati posseggano significati univoci per tutti gli attori della comunicazione e trascurando, in più, gli aspetti simbolici o interpretativi di un messaggio.

Si tratta, allora, di elaborare sistemi differenziali di significato che siano di base per un'integrazione dinamica agíta su piani e livelli pluridimensionali. Michael W. Stebbins e A. B. (Rami) Shani [16] esplorano le possibilità di sistemi informativi non-routinarî (STS: socio-technical systems) che sappiano far fronte a un alto numero di eccezioni comunicative senza bloccarsi dichiarando la presenza di "errore" o di eccessivo "rumore", integrando tra loro i tre sistemi (diversi nelle regole come nel contenuto) sottostanti:

  1. il sotto-sistema sociale (quello umano, con il bagaglio di conoscenze, abilità e attitudini che a esso compete);
  2. il sotto-sistema tecnico (gli input, gli output e i processi di trasformazione dei prodotti);
  3. il sotto-sistema ambientale (come il mercato, il sistema politico e culturale e insomma qualsiasi altra forza esogena all'azienda).
Un sistema così complesso, nota Yogesh Malhotra [17], richiede controlli complessi e agili e duttili insieme, che sappiano integrare la costellazione dei sotto-sistemi indipendenti e quasi autonomi (e spesso letteralmente "dispersi" su un piano geografico mondiale) in un tutto unitario. Si tratta di programmare la "dispersione selettiva dell'informazione" (e della conoscenza), costruendo modelli organici, biologici, di organizzazione e di sistemi informativi che siano in grado di "evolversi", come accade per qualsiasi essere vivente. La tecnologia dell'informazione può quindi essere vista come una variabile indipendente che affetta le strutture organizzative e, al contrario, l'assetto dell'organizzazione aziendale (e lo stesso meccanismo di presa delle decisioni), come una variabile dipendente del sistema informativo.

La grande scoperta del KM è che lo standard SGML (standard generalized markup language) [18], può contribuire a costituire una realizzazione bertalanffyana ottimale, ed essere impiegato per gestire non solo documenti, ma anche organizzazione, sulla base di, almeno, due sue caratteristiche principali:

  1. la sua capacità di trattare dati e informazioni di qualsiasi genere senza l'obbligo di formalizzarli (testi, ma anche suoni, immagini statiche e in movimento, che in genere non sono interpretabili dal calcolatore ma solo dall'utente umano);
  2. la forte convergenza che vi si realizza fra le tecnologie informatiche con quelle della telecomunicazione.
Inoltre, come sostiene Kurt W. Conrad [19], a differenza di un monolitico sistema ingegnerizzato (o, d'altro lato, un'organizzazione aziendale burocratizzata), un sistema basato su SGML può essere costruito, e gradatamente, attorno all'individuo a passo a passo dell'evoluzione del "suo" privato sistema di conoscenza. Può anche costituire un'evoluzione a "sistema aperto" di sistemi tradizionali. Ancóra Conrad, presentando uno studio di più casi, evidenzia come esso abbia consentito di gestire ottimamente in formato elettronico (con un taglio dei costi fino al 90%), oltre al flusso delle informazioni, anche il contenuto dell'informazione, purché si disponga di:
  1. una ricca base di dati centrale;
  2. un editor il più possibile automatico;
  3. un efficace motore di ricerca;
  4. un'efficiente struttura di metadati per l'indicizzazione.
Secondo Martin Hensel [20], inoltre, solo il 10% dei documenti aziendali merita di essere trattato con SGML, ma il loro ciclo di vita si misura in anni, mentre quello degli altri non supera i quattro giorni. Ed è proprio il ricorso all'SGML che ha consentito di concretizzare, anche se in forma semplificata e non senza limitazioni strutturali, e di rendere di pubblico dominio, uno strumento potente, ma a lungo riservato solo ai chierici, come la tecnologia dell'ipertesto. L'ipertesto esce, così, dalle applicazioni tipiche della ricerca scientifica svolta nelle università e nei centri di ricerca, ed entra direttamente nel mercato dell'informazione.

È interessante seguire Marcus Herzog quando evidenzia, nel suo Diplomarbeit [21], alcune di queste citate difficoltà del web nel gestire informazioni, e dunque conoscenza: per esempio,

A queste difficoltà si ovvia, in genere, con aggiramenti d'ostacolo, furberie da webmaster, tanto più efficaci quanto più il sistema KM lavora in Intranet, anche se, tuttavia, le osservazioni di Herzog corrispondono a reali deficienze strutturali dell'SGML.

Ora, comunque sia, tutte queste trasformazioni del sistema informativo inducono cambiamenti radicali sulla stessa realtà aziendale "profonda". Nota Malhotra [22], intervistato da Sacha Cohen, che all'organizzazione materiale dell'azienda se ne affianca, così, una virtuale, tutta nuova e tutta da esplorare; così come la "virtual corporation" prende gradatamente il posto di quella reale, s'instaura un processo di progressiva democratizzazione e policentricità delle decisioni; insomma: una nuova divisione del potere aziendale. La tecnologia Internet/Intranet consente, infatti, di affidare maggiori responsabilità decisionali a impiegati dei quadri inferiori: "use your best judgments under all situation" è la nuova parola d'ordine che molte compagnie dànno ai loro impiegati. Anche il controllo, ovviamente, cambia natura: da centralizzato e pervasivo diviene diffuso ed esercitato dal gruppo dei pari (clan control). Rischi di stress da telelavoro, infine, vengono bilanciati da una rete più fitta di comunicazioni (virtuali!) interpersonali e interaziendali.

Dall'IR al KM

Un knowledge networking ben indicizzato è dunque assai di più di uno strumento di accesso all'informazione perché esso consente di penetrare nell'oscuro, nello sconosciuto, nel non-predefinito: la storica sfida a scacchi fra Kasparov e Deep Blue [23] è stata il trionfo di quella funzione che in AI (o IA, intelligenza artificiale) è utilizzata per rendere visibili e oggettive (e quindi operabili) le conoscenze sepolte nella mente dell'esperto della conoscenza, e che l'ingegnere della conoscenza sapientemente estrae da una serie apparentemente interminabile di interviste nel corso di un vero e proprio "assedio" del depositario di quella specifica conoscenza che si deve trasferire nel sistema esperto.

Sostiene infatti Philip C. Murray [24] che sistemi esperti e intelligenza artificiale, benchè appartenenti, in un certo senso, alla tecnologia della conoscenza "di ieri" (intendendo con ciò quella basata sul DBMS, data base management system) possono contribuire anche a quella "di oggi" (per KBMS, knowledge base management system) in quanto acquisiscono, rappresentano, gestiscono non più solo dati e informazioni, ma conoscenza [25].

Il punto chiave, come ricorda altrove Philip C. Murray [26], sta, come sempre, nell'information retrieval (IR) e nel suo contraltare istituzionale: l'indicizzazione e la costruzione di sommarî. Anche qui l'AI è chiamata in causa: poiché l'IR funziona per similarità della cosa cercata e di quella trovata, la possibilità del riconoscimento di ontologie [27] (tassonomie formali, sistemi anche individuali di classificazione di idee) simili fonda l'esistenza e l'attività ottimale dei gruppi di lavoro che collaborano via computer (groupware).

Il fatto nuovo è che sono enormemente cresciuti il numero e la complessità dei documenti che debbono essere gestiti da sistemi KM: troppa informazione da leggere, indicizzare, utilizzare. Sistemi come Excalibur o Xsoft, per citarne un paio [28], applicano tecniche AI di pattern recognition per il recupero, rispettivamente, di immagini e di documenti, con produzione automatica (o semi-automatica) di indici del contenuto e sommarî ad hoc. Che la tecnologia "dia una mano" è indubitabile; il problema vero dei rapporti IR-KM, continua Murray, è però un altro: è quello di disporre di risorse permanenti di conoscenza, atteso che:

  1. ci sono limiti oggettivi all'analisi statistica dei dati e delle informazioni, che è opportuno integrare con l'analisi qualitativa;
  2. l'analisi da sola non migliora la base di dati, a meno che anche il risultato delle interrogazioni non venga riapplicato alla base di dati stessa in modo da stabilire la rilevanza dell'informazione che vi è contenuta e da aumentarne così il valore;
  3. da quando esiste la scrittura una memoria da elefante non è strettamente necessaria... anche perché un'analisi efficace della conoscenza esima dal dover continuamente aggiungere valore ai documenti.
Il nuovo cómpito dell'AI nel mondo del KM risulta allora essere quello di creare (e al più presto, invoca Murray) e sviluppare prodotti commerciali per l'IR e il DB/KB-MS per consentire alle imprese di analizzare grandi quantità d'informazione (lettura, indicizzazione e riassunto, per quanto possibile, automatici) e reintrodurre nelle basi di dati l'esito delle interrogazioni e delle interpretazioni, per estrarne la conoscenza reale, persistente e generalizzabile che in esse è contenuta.

KM e documentazione

Questo mare di lavoro per convertire l'informazione in conoscenza e fornire adeguata formazione agli operatori aziendali sembra essere una delle nuove "frontiere" dei documentalisti. Si tratta qui di saper ottimizzare, al meno, l'IR, l'indicizzazione e l'elaborazione di sommarî; e, al più, di migliorare le abilità delle persone e delle imprese messe a contatto con questa forma di nuova tecnologia. La documentazione, nel mondo KM, dovrebbe costituire una componente di base in ogni ambiente di networked computing di grandi aziende, fino a permeare ogni aspetto (organizzativo, funzionale, gestionale) di un'impresa. La domanda che sorge spontanea, allora, è: di quale KM hanno bisogno i documentalisti per lavorare nel KM?

Ron Miskie [29] sostiene la mutua centralità della documentazione e del KM, al punto da considerarli praticamente la medesima cosa. Miskie presenta tuttavia il vizio di fondo - comune nel nuovo mondo - di vedere la documentazione, riduttivamente, soprattutto come una sorta di manualistica avanzata (forse perché è questo l'àmbito principale degli affari nel settore?). Possiamo però seguire con profitto il suo ragionamento, perché si adatta benissimo lo stesso a una concezione, diciamo così, "europea" della documentazione, come possiamo vedere da questo suo elenco dei cómpiti della documentazione e della formazione, viste come un'attività che deve consentire al cliente/utente:

Miskie non sembra avvertire che queste stesse sono le "mansioni" di un documentalista quando alla parola "cliente" sostituisce se stesso... Ecco, infatti, il suo ragionamento sui rapporti fra documentazione-formazione e KM:
  1. La conoscenza è un'abilità personale quando è messa in atto, ed è una ricchezza aziendale quando è disseminata. A differenza dei dati e dell'informazione, che ci dicono del presente e del passato in modo statico, la conoscenza ci dice del presente e del futuro in modo dinamico. La conoscenza è: "l'informazione e i dati resi utili e produttivi".
  2. KM è un approccio strategico, un modo di pensare (insieme, scienza ed arte) che produce un incremento nelle capacità d'azione di una persona o di un'organizzazione.
  3. Il trasferimento della conoscenza esplicitata è un insieme di azioni imprenditoriali che può essere applicato a migliorare le capacità e l'efficacia di un'organizzazione, ed è costruita sulle fondamenta della documentazione (come dicevo: soprattutto il costruire l'informazione sull'uso di varî strumenti e procedure) e della formazione (trasferire questa informazione al cliente).
Questa definizione in itinere della documentazione coincide, sostanzialmente, con ciò che David Skyrme chiama "Market Intelligence Systems (MkIS)" [30] per coloro che definisce "business intelligence professionals": un sistema che raccoglie e processa l'informazione aziendale critica trasformandola in "intelligenza" gestionale agibile per le decisioni di marketing, dove con "intelligenza" si connota la capacità di un organismo (siamo sempre nel modello biologico) a percepire gli stimoli dell'ambiente e a rispondervi di conseguenza, comportandosi come una "learning organization". Lo schema a swastika costruito da Skyrme e riprodotto qui sotto può essere utilizzato anche in contesti differenti dal marketing, e mi sembra che possa ben rappresentare il ciclo di vita della documentazione e della biblioteconomia speciale:

Il ciclo del MkIS

 

continua, KM 3/3


Note [ultima verifica degli indirizzi: 8 marzo 1999]

[1] Citato da A. F. Osborn, Applied imagination: principles and procedures of creative problem-solving, Charles Scribner's Sons, Bombay, 1985
[2] Organizational learning and Learning organizations: an overview, http://www.brint.com/papers/orglrng.htm
[3] New language for new leverage: the terminology of knowledge management, http://www.ktic.com/topic6/13_TERM1.HTM
[4] Una buona rassegna di opinioni sul significato di questi primi termini può essere trovata seguendo gli interventi apparsi sul "Knowledge management forum", lista di discussione anche disponibile su web all'URL http://www.brint.com/wwwboard/
[5] Il termine è discusso da Ross Squire, What's hot and what's not - changing demands for technical communications skills,http://www.ktic.com/topic6/KMHOT.HTM
[6] I termini sono stati discussi nel seminario Corporate memory & enterprise modeling, KAW '96, Banff, Canada, 1996
[7] cfr Ross Squire, cit. alla nota 5
[8] Richard Mattessich, "On the nature of information and knowledge and the interpretation in the economic science", Library trends, Spring 1993, vol. 41, No 4, pag. 567-
[9] Su tutto il tema, assai ampio, ci limitiamo qui a rinviare, introduttivamente, a Cheryl Gerber, Excavate your data,http://www.datamation.com/Plugin/issues/1996/may1/05asoft3.html e a Vance McCarthy, Strike it rich!, http://www.datamation.com/Plugin/issues/1997/feb/02cust.html
[10] T. A. Stewart, Intellectual capital: your company's most valuable asset, http://mansci1.uwaterloo.ca/%7Ejema/StewartA.html
[11] Brian R. Gaines and Mildred L. G. Shaw, Eliciting knowledge and transferring it effectively to a knowledge-based system,http://ksi.cpsc.ucalgary.ca/articles/KBS/KSS0/
[12] "Information mapping" è marchio registrato della Information Mapping, Inc. Denham Grey, An approach to knowledge acquisition, transfer and application in landscape architecture, http://www.clr.utoronto.ca:1080/PAPERS/kmap.html
[13] Daniel H. Kim, The link between individual and organizational learning, http://www-sinapsis.mty.itesm.mx/universidades/MOTW96/readings96/Kim.html
[14] Sul vasto tema della "metrica" dell'informazione e dell'organizzazione, si rinvia alla lista di discussione ISSI, International society for infometrics and scientometrics, curata dal Centre de Recherche Rétrospective de Marseille, CRRM, http://crrm.univ-mrs.fr/issi/issi-home.html e agli organismi ad essa correlati
[15] Exploring knowledge diversity in knowledge intensive firms: a new role for information systems, http://www.mcb.co.uk/journals/knowledge/issue1/article4.htm
[16] Organization design and the knowledge worker,http://www.mcb.co.uk/journals/knowledge/issue1/article5.htm
[17] Role of information technology in managing organizational change and organizational interdependence, http://www.brint.com/papers/change/
[18] SGML DTD (document type definition) e non, direttamente, HTML: innanzitutto perché HTML non appare sufficientemente versatile (anzi, le ignora proprio, a meno di caterve di metatag) per rappresentare le relazioni strutturali molto complesse contenute nella maggior parte delle risorse informative, con il rischio di descrivere più l'apparenza che non la struttura significativa di un documento; secondariamente perché HTML appare essere uno standard non sufficientemente controllato: basta pensare alla pluralità di standard HTML esistenti come esito della competizione fra Netscape e MicroSoft, per esempio. Su questo tema, tutto il W3C, Word-wide web Consortium, http://www.w3.org
[19] SGML it's not just for documents anymore,http://www.ktic.com/topic6/KMSGML.HTM
[20] Martin Hensel Corp., http://www.hensel.com
[21] The use of intelligent hypermedia in architectural design environments - a conceptual framework, http://www.dbai.tuwien.at/staff/herzog/thesis/dip.html
[22] Virtual corporation, human issues & information technology, http://www.brint.com/interview/astdint.htm
[23] Garry Kasparov, The day that I sensed a new kind of intelligence, http://cgi.pathfinder.com/time/magazine/archive/1996/dom/960325/kasparov.html
[24] What to know before you select knowledge management technology, http://www.ktic.com/TOPIC7/14_TECH.HTM
[25] È atteso per la fine dell'anno un numero monografico di Decision support systems, dedicato a "From IR to KM: enabling technologies and best practices", http://ai.bpa.arizona.edu
[26] Hypertext and other well-kept secrets, http://www.ktic.com/topic6/KMHYPER.HTM
[27] Come parziale introduzione al tema si possono vedere: T. R. Gruber, Ontolingua: a mechanism to support portable ontologies,http://www-kls.stanford.edu/knowledge-sharing/papers/README.html#role-of-onto e A. Farquarhar, R. Fikes, W. Pratt, J. Rice, Collaborative ontology construction for information integration, httt://www-kls-svc.stanford.edu:5915
[28] Excalibur Technologies Corporation, http://www.excalib.com; Xsoft della Xerox, http://www.xsoft.com
[29] Documentation and training - the foundation of knowledge, http://www.ktic.topic6/12_KMDOC.HTM
[30] http://www.skyrme.com/insights/9mkis.htm



Created 1998 Jul 27; Last modified 1999-03-08 - © Domenico Bogliolo