AIDA Informazioni |
ISSN 1121-0095, trimestrale
anno 18, numero 3-4, luglio-dicembre 2000 |
Quando un autore crea un documento, la sua conoscenza tacita vi viene parzialmente esplicitata. Ne consegue che il documento appartiene a un grado ontologico inferiore rispetto a quello della conoscenza tacita presente nella mente dell'autore. Inoltre, il documento contiene un complesso più o meno integrato di dati e di informazioni che, a volte, fa intuire la conoscenza posseduta dall'autore. Questo grado di pienezza d'essere emanata dall'autore e inerente a un documento è, ovviamente, maggiore in una poesia o in un'opera d'arte figurativa o musicale, e inferiore, per esempio, in un rapporto tecnico, nel quale la spiritualità dell'autore sarebbe d'impaccio agli scopi del documento: trasmettere dati e informazione, non conoscenza. Solo artisti della qualità di J. S. Bach, per esempio, sanno trasmettere conoscenza creando documenti tecnici come i preludî e le fughe del Clavicembalo ben temperato.
Quando il documento viene in contatto con il lettore (o, comunque: fruitore o utente o cliente), i dati e l'informazione che l'autore vi ha incorporato entrano in contatto con la conoscenza tacita del lettore/fruitore/utente/cliente, contribuendo ad accrescere (o a diminuire...), per vie poco note, la sua conoscenza.
Fra l'autore e il lettore non c'è contatto diretto: è il documento a costituire l'unico punto di contatto. Ed è un contatto, a sua volta, mediato dal mercato delle idee o dalle organizzazioni di deposto delle idee: librerie e biblioteche, nel caso del libro, per il quale apparati mediatici editoriali e bibliotecarî s'incaricano di organizzare - al di qua e al di là del mercato - questo rapporto conoscitivo fra autore e lettore, appoggiandosi, per necessità, sulla conoscenza esplicitata, per quanto possibile, nel documento, e dunque sui dati e sull'informazione che vi sono contenuti. È il lavoro tipico dello specialista dell'informazione, variamente archivista o bibliotecario o documentalista o knowledge worker: estrarre il massimo possibile dell'informazione contenuta in un documento, organizzarla in forme sistematiche e intuitive, corredarla di apporti critici, storici, tecnici e descrittivi. Sono tutti cómpiti degli apparati mediatici che intendono facilitare al lettore l'assimilazione dei dati e dell'informazione presenti nel documento, con la speranza di facilitare la reattività della sua conoscenza tacita, per la creazione, a sua volta, di nuova conoscenza tacita che, forse, porterà in futuro il lettore a diventare, a sua volta, autore... Abbiamo descritto un sistema informativo.
Se fosse possibile all'autore mettersi in contatto diretto con il lettore per trasmettergli direttamente la sua conoscenza tacita, così come avviene, per esempio, nella trasmissione di conoscenza esoterica, iniziatica, fra maestro e discepolo (comunicazione da bocca a orecchio), o anche soltanto in un rapporto di lavoro da apprendista in una bottega artigiana, la "caduta" ontologica rappresentata dalla creazione del documento potrebbe (e di solito lo è) essere evitata. Questo rapporto a uno ad uno non ha bisogno d'intermediarî né d'intermediazioni: accomunati nella medesima ontologia [1], autore e lettore si scambiano vicendevolmente le proprie conoscenze tacite. Il knowledge management realizza, in una situazione ordinariamente business oriented, questo tipo di trasferimento di conoscenza. Questo è un sistema cognitivo.
Se un sistema di trasmissione serve per trasferire dati fra (almeno) due nodi di una rete, un sistema informativo fa la medesima cosa con l'informazione, e un sistema cognitivo lo fa con la conoscenza. Dati, informazione e conoscenza (e saggezza) non sono però equivalenti [2]. Parallelamente, un DBMS, sistema di gestione di una base di dati (usato, ordinariamente, per elaborare e trasmettere dati e informazione) non è equivalente a un KBMS, sistema di gestione di una base di conoscenza.
Se un sistema informativo si pone l'obiettivo di assicurare il trasferimento ottimale dellíinformazione, la sua incidenza sulla creazione della conoscenza avviene soltanto in un dominio derivato (non: secondario) di realtà (prima le cose, poi le idee, poi le cose che nascono dalle idee): la creazione e lo sviluppo della conoscenza si avvantaggiano, senza dubbio, di una circolazione dellíinformazione efficace e pervasiva, ma le stesse creazione e sviluppo della conoscenza costituiscono un che di diverso rispetto alla circolazione dellíinformazione - e, solo in definitiva, della stessa conoscenza.
Viceversa, un sistema cognitivo ha l'obiettivo di fornire mezzi e strumenti (logici e tecnologici) per generare interpretazioni di primo livello del mondo reale. Una struttura cognitiva non può quindi esimersi dall'incidere sullo stesso oggetto che costituisce la fonte primaria - e anche la giustificazione - della sua esistenza, arricchendo la realtà, mentre una struttura informativa accetta la realtà (di solito, dei documenti) e, bibliotecario e lettore insieme - nel caso dei libri - l'arricchisce non di nuova realtà, ma portando alla luce l'informazione che in essa è già, come nascosta nel contenuto, in questa o in quella piega del linguaggio, dellíicona, del simbolo. L'analisi concettuale del bibliotecario-documentalista è il mestiere della levatrice, la madre di Socrate, insomma: portare alla luce quanto è implicito, dalla potenza all'atto, avrebbero detto i Tomisti. Diverso è il cómpito di un sistema cognitivo: gestire il corto-circuito fra autore (knowledge manager) e lettore (cliente o utente, ma anche altro knowledge manager), mediante un'organizzazione del lavoro che integra fra loro le attività dell'autore e quelle degli in termediarî, bibliotecario-documentalista da un lato e ingegnere responsabile del sistema elettronico dall'altro. La relazione rimane triadica come nello schema di Choo Chun Wei [3] che abbiamo più volte illustrato [4].
Quanto sopra è nel disegno che segue.
Qui la conoscenza tacita posseduta dall'autore viene esplicitata (di fatto, banalizzata) in un documento che, per vie diverse (freccia nera), entra in contatto con la conoscenza tacita del lettore. Un eventuale sistema informativo della, per esempio, biblioteca (freccia grigia spezzata) s'incarica o di facilitare al lettore l'accesso a informazioni non evidenti riguardanti il documento o di estrarre dal documento informazioni implicite (documentazione scientifica), in entrambi i casi per meglio e più facilmente consentire l'arricchimento della conoscenza tacita del lettore. Viceversa, il sistema cognitivo, per esempio, aziendale (KM) realizza, attraverso una tecnologia idonea, un corto-circuito fra le conoscenze tacite di autore e di lettore, senza passare per la banalizzazione (e caduta ontologica) operata dall'esplicitazione della conoscenza tipica di un documento. Questa sorta di proactive documentation (se possiamo chiamarla così) vede un'intermediazione occulta dell'intermediario (shadow librarian), che partecipa, insieme con l'ingegnere del caso, alla stessa creazione della conoscenza insieme con il knowledge manager e con l'utente/cliente.
Ma come avviene il corto-circuito in una situazione organizzativa e tecnologica complessa? Daremo per ora solo un paio di stimoli, come cenni della complessità e della delicatezza (e del fascino) dell'operazione: uno più centrato sulla funzione della creazione e della trasmissione di conoscenza tacita, e l'altro più interessato a determinare i rapporti strutturali della tecnologia per il KM come supporto di quelle funzioni.
Un altro modo, più complesso ma anche più operativo, di
raccontare la favoletta di cui sopra, ci è fornito da Carayannis
[5], che introduce un modello ciclico della "spirale
cognitiva dell'organizzazione", combinato disponendo in matrice la presenza
e l'assenza di conoscenza e di meta-conoscenza (cioè, conoscenza
della conoscenza): semplificando la sua esposizione, se K e
MK
indicano la presenza di, rispettivamente, conoscenza e meta-conoscenza,
e se k e mk ne indicano, rispettivamente, l'assenza,
abbiamo:
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(i) |
(ii) |
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(iii) |
(iv) |
dove (i) vale "sai che cosa sai", cioè il risultato delle ricerche, delle scoperte, dell'apprendimento; (ii) "non sai che cosa sai", cioè il risultato delle routines e della conoscenza tacita; (iii) "sai che cosa non sai"; e (iv) "non sai che cosa non sai". Le organizzazioni possono esistere in ciascuno di questi quattro stati, e il KM può essere visto come il processo di governare la transizione attraverso questi quattro stati. Carayannis descrive i processi di trasformazione che portano, per esempio, da (iv) a (ii) e da (ii) a (i) come "percorso della connettività", valido per l'eccesso di tecnologia dell'informazione (sistema informativo) che abbisogna di input e di output soprattutto tangibili centrati sulla macchina, sbilanciato sull'enfasi data all'efficienza del sistema; oppure, i percorsi da (iv) a (iii) e da (iii) a (i), "percorsi dell'interattività", caratterizzato dalla presenza di sistemi socio-tecnici, un po' ciò che Stebbins e Shani chiamano "sistemi informativi non-routinarî" [6], dove l'enfasi è posta piuttosto sull'efficacia e su input e output taciti umano-centrici. Attribuendo a ciascuno di questi stati e transizioni i relativi contenuti (processi in opera) e tecnologie che li caratterizzano, è possibile "fotografare" l'esatto stato sincronico del sistema e prevedere (o divinare) l'equilibrio finale che sarà raggiunto.
Firestone, dal canto suo [7], complica maggiormente la situazione, dedicandosi ad enfatizzare la "pesante invisibilità" del sistema cognitivo (shadow librarian) che deve realizzare sul piano tecnologico il famoso corto-circuito, analizzando in dettaglio le mutue relazioni tra modelli e sistemi possibili, distinguendo, nella realtà della networked organization, un modello di KM aziendale "naturale" (EKM), spontaneamente emergente dalle dinamiche attivate dai processi d'interazione fra organizzazione e operatori umani, da un sistema di KM "artificiale" (AKMS), che dev'essere integralmente predisposto, e dunque deterministico, base indispensabile di un'architettura distribuita funzionante su rete (DKMS), a sua volta risultato finale (ma anche presupposto) dell'interazione dei primi due, e dove il modello "naturale" funziona come motore e «intelligenza nascosta» dietro il sistema architetturale.
Sia Carayannis sia Firestone, infine, forniscono ciascuno una lunga tabella descrittiva di processi e situazioni, tabelle utili per capire meglio ciò di cui si sta parlando e forse impiegabili, al meglio, anche nella progettazione domestica e in laboratorio di un sistema cognitivo, come "lista della spesa" da spuntare per accertarsi di non aver dimenticato nulla.
Va' alla prossima Scheggia
Note:
[1] Domenico Bogliolo,
"Schegge. KM - Appunti. 2. Ontologie", in AIDA Informazioni, 2/2000,
pag. 13-16. Anche in html online per i soci AIDA su <http://www.aidainformazioni.it/pub/kmappunti22000.html>
[2] Domenico Bogliolo, "Schegge.
KM - Appunti. 1. Knowledge vs Information", in AIDA Informazioni,
1/2000, pag. 24-28. Anche in html online per i soci AIDA su <http://www.aidainformazioni.it/pub/kmappunti12000.html>
[3] Information management
for the intelligent organization: roles and implications for the information
profession, <http://128.100.159.139/FIS/ResPub/DLC95.html>
e altre pagine correlate
[4] Domenico Bogliolo, "KM,
Knowledge Management - 3/3", in AIDA Informazioni, 4/1998, pag.
16-24. Poiché l'immagine a stampa è risultata troppo piccola
per una buona comprensione dello schema, può essere più utile
vederlo online al paragrafo "Nuove professioni" di <http://www.aidainformazioni.it/pub/km3.html#nuove>.
Altro commento del medesimo schema, in Sistemi informativi e sistemi
cognitivi, mia comunicazione al IV Seminario "Sistema informativo nazionale
per la matematica. SINM 2000: un modello di sistema informativo nazionale
per aree disciplinari", Università di Lecce, 2-4 ottobre 2000
[5] Elias G. Carayannis, "Fostering
synergies between information technology and managerial and organizational
cognition: the role of knowledge management", in: Technovation,
19 (1999), pag. 219-231
[6] Michael W. Stebbins,
A. B. (Rami) Shani, Organization design and theknowledgeworker, <http://www.mcb.co.uk/journals/knowledge/issue1/article5.htm>.
Vedi anche il mio "KM, Knowledge Management -
2/3", in AIDA Informazioni, 3/1998, pag. 10, anche online su <http://www.aidainformazioni.it/pub/km2.html#network>
[7] Joseph M. Firestone, Enterprise
knowledge management modeling and distributed knowledge management systems,
<http://www.dkms.com/EKMDKMS.html>