Per un codice deontologico delle pubblicazioni in Rete
di Luigi M. Reale
pubblicato il 2 Aprile 2004 in Italianistica Online: portale di studi italianistici » eBook» eBook e dintorni
Riflessioni e proposte per la definizione di un Codice deontologico delle pubblicazioni in Rete finalizzato ad un uso professionale di Internet da parte della comunità scientifica internazionale.
Questa rubrica, come dovrebbe essere chiaro dal titolo, non si occupa esclusivamente di libri elettronici, ma di tutto quanto ruota attorno a questi ultimi, riguardando insomma l’editoria digitale, le pubblicazioni in formato elettronico, con particolare riferimento alla loro distribuzione in rete. I tempi sembrano ormai maturi per intraprendere una serie di riflessioni organiche sul tema della pubblicazione elettronica, specialmente quella diffusa in modalità telematica.
Il lavoro che da ormai quattro anni conduco per "Italianistica Online" sul libro elettronico e l’editoria digitale umanistica in Italia, confluito in eBook Italia Dossier (versione 3.0, 01 settembre 2003) e nella conferenza omonima, eBook Italia Forum (seconda edizione 30 novembre 2003-29 febbraio 2004, in collaborazione con 365 Giorni in Fiera Internazionale del Libro di Torino), fornisce una documentazione esaustiva e aggiornata.
Questo articolo à stato scritto per l'Istrice di Luciano Simonelli editore, in cui puoi leggere anche:
Italianistica Online propone anche una riflessione articolata sull’apporto di Internet agli studi italiani, con particolare attenzione alle nuove metodologie di ricerca che derivano dall’apporto di Internet, ma anche alla nuova modalità di comunicazione e condivisione in Rete dei progetti e dei risultati delle ricerche stesse.
L’uso del computer nell’ambito degli studi di letteratura e lingua italiana non è una novità, ma risale ad almeno quaranta anni fa. L’informatica umanistica, disciplina nata appunto dall’applicazione del calcolatore ai testi letterari, è ormai affermata a livello internazionale. D’altronde, l’utilizzo di programmi automatici per la generazione di concordanze, la disponibilità di testi in formato digitale interrogabili, la costituzione di banche dati testuali, facilita le ricerche, con grande vantaggio di tutti gli studiosi.
Altrettanto si può dire per la frequenza dei siti internet specializzati, che contengono importanti e qualificate biblioteche digitali (dalla Banca Dati Nuovo Rinascimento di Danilo Romei al Cibit di Pisa/Roma), o delle riviste online (da Bollettino ‘900 a Griselda OnLine, entrambe realizzate nell’ambito dell’ateneo bolognese).
Entrare in Rete significa uscire dal proprio guscio. Per questo in alcuni casi è difficile superare quella barriera di gelosia che alcuni alzano davanti al proprio lavoro, per proteggerlo da sguardi indiscreti, per tutelarne i diritti. È una forma di comportamento anche istintivo molto resistente, che però impedisce la partecipazione delle risorse, la messa in comune delle ricerche, la loro libera condivisione collaborativa, la creazione del laboratorio virtuale. La pubblicazione in Rete favorisce e promuove lo scambio delle conoscenze, permette a chiunque ne sia interessato di accedere ai risultati delle ricerche e alle fonti con relativa immediatezza e facilità
I tempi sembrano ormai maturi per intraprendere una serie diconsiderazioni organiche sul tema della pubblicazione elettronica,specialmente quella diffusa in modalità telematica, verso la quale sussiste una buona quota di diffidenza, non immotivata se è vero che manca uno statuto effettivo di regolamentazione dell’editoria online (la legislazione italiana in materia non à ancora esauriente).
Avanzo qui una proposta per la definizione di un Codice deontologico delle pubblicazioni in Rete finalizzato ad un uso professionale di Internet da parte della comunità scientifica internazionale, condensata per il momento in sei punti:
L’affidabilità è un requisito primario dell’informazione. Bisogna garantire che i contenuti delle pubblicazioni elettroniche siano originali, validi, affidabili. Per questo è necessaria, a monte, la costituzione di iniziative no-profit per la pubblicazione in Rete, che acquistino una certa autorevolezza e diano garanzie effettive sulla qualità delle proprie pubblicazioni, come già avviene per le riviste e per le collane editoriali trazionali.
Un modello istituzionale che terrei presente è quello della biblioteca digitale di Reti medievali, consorzio interuniversitario italiano per le discipline storiche. Un comitato scientifico formato da studiosi di rilievo internazionale vaglia in tempo ragionevole le proposte di pubblicazione, le approva, garantisce che le pubblicazioni rispondano a standard di qualità ormai largamente condivisi. Ovviamente, l’iniziativa non deve avere carattere commerciale e l’opportunità della pubblicazione deve essere aperta a chiunque presenti lavori originali, in modo indipendente dalle “scuole di pensiero".
La pubblicazione elettronica non è il semplice equivalente di una pubblicazione cartacea riversata in formato digitale. La lettura di un testo sullo schermo implica situazioni diverse da quella del testo stampato. Com’è ovvio il testo elettronico può essere stampato, se la stampa è consentita, ma questa opzione (che peraltro aumenta il costo dalla parte dell’utente) deve rimanere soltanto tale, un’opzione appunto, una possibilità e non una condizione. Dunque, l’organizzazione dei contenuti e lo stile del testo dovranno progressivamente adeguarsi a questo tipo di fruizione.
Considerato quanto detto al punto 1, è naturale che la pubblicazione abbia un autore dichiarato e che le sue fonti siano citate e reperibili. Tuttavia, quello delle case editrici virtuali è uno scenario ancora non sviluppato; dunque le indicazioni valgono altrettanto per le pubblicazioni in Rete gestite direttamente dagli autori. Anzitutto il nome dell’autore (o degli autori) deve essere esplicitato in maniera che figuri anche su tutte le pagine eventualmente stampate. L’autore quindi deve essere identificato con sicurezza e rintracciabile con relativa immediatezza (ad esempio, mediante un link ad una pagina web personale di cui si assicuri la permanenza online per un tempo abbastanza lungo dopo la pubblicazione stessa).
La pubblicazione deve fare riferimento diretto, chiaro e inequivocabile, alle proprie fonti, cioè contenere quelli che nelle pubblicazioni tradizionali sono i riferimenti bibliografici o le referenze in generale (nel caso delle illustrazioni). Il problema della reperibilità dei contenuti digitali telematici è ben noto, tanto che si stanno attivando iniziative come quella DOI (Digital Object Identifier), a partire dal novembre 2003 gestita da MEDRA (Multilingua European Doi Registration Agency). Il DOI - creato nel 1996 nell’ambito di un progetto della American Association of Publishers (AAP) e dal 1998 gestito dalla International DOI Foundation (IDF) - è un sistema di identificazione persistente per i contenuti digitali in Internet, che serve non sono ad assicurarne la rintracciabilità nel tempo ma anche a garantirne la protezione nell’ambiente elettronico. Si tratta di un codice che identifica permanentemente l’identità di proprietà intellettuale dell’opera digitale. Ciascun DOI è un unico numero (formato da un prefisso e da un suffisso, separati dal simbolo “/"), assegnato per identificare una sola entità.
Nelle pagine web sarà indispensabile l’inserimento dei metadati, che ne descrivano analiticamente il contenuto. Lo standard internazionale DC, elaborato dal consorzio Dublin Core Metadata Initiative (trad. it. a cura dell’ICCU). L’adozione di questo standard (utilizzato anche dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze) agevola la catalogazione delle pagine da parte dei bibliotecari impegnati nella schedatura delle risorse digitali telematiche, quindi, in prospettiva, dovrebbe facilitare l’acquisizione delle pubblicazioni telematiche da parte delle istituzioni bibliotecarie.
Comunque, nelle citazioni di pubblicazioni elettroniche è indispensabile, insieme all’indirizzo presso il quale in quel dato momento la risorsa era presente, indicare la data esatta di consultazione (cosa che si fa solitamente ponendo un’unica avvertenza generale valida per tutte le citazioni). [Vedi anche al punto seguente]
Il documento deve contenere un’indicazione del modo in cui può essere citato. In questo senso, mi sembra paradigmatica la soluzione proposta nel sito ABI (Associazione Biblioteche Italiane): nel colpohon di ogni pagina viene indicato espressamente il modo esatto in cui citarla.
Tuttavia i criteri per la citazione dei documenti digitali in Internet sono ancora sub iudice. Per favorire gli utenti, la pubblicazione telematica dovrebbe contenere un’indicazione del modo in cui puಠessere citata. Nel colophon di ogni pagina dovrebbe essere pertanto riportata la scheda relativa alla citazione della pagina medesima; suggerisco la seguente forma di base: Autore, Titolo della pagina, Titolo del sito, data di creazione del documento (data dell’ultima modifica), URL. Si dovrà garantire la stabile permanenza in Rete del documento (cfr. al punto precedente) e, in caso di trasferimento della pagina ad un nuovo indirizzo, provvedere ad un avviso di notifica.
La pubblicazione elettronica deve essere consultata in maniera agevole, quindi fornita di un sistema di interrogazione esauriente, che svolga la funzione dei tradizionali indici analitici (per cui vedi al punto successivo). D’altronde à ormai un obbligo (almeno morale) favorire l’accesso al documento elettronico al maggior numero possibile di utenti, in maniera indipendente dalle piattaforme, dai sistemi operativi, dalla condizioni individuali. A tale scopo sono già tracciate le linee-guida: si tratta dello standard WAI (Web Accessibility Initiative); il documento originale à reperibile nel sito del Consorzio W3C, la traduzione italiana nel sito AIB.
La scelta della codifica à il punto cruciale della pubblicazione elettronica. Usare la codifica migliore significa favorire l’indicizzazione e l’estrazione di informazioni dai documenti, quindi avere maggiori opportunità di diffusione. Allo stato attuale, il linguaggio di marcatura piú idoneo a tale scopo sembra XML, il cui standard (ai vari livelli stabiliti dal Consorzio W3C nelle specifiche sinora rilasciate: l’ultima in data 04 febbraio 2004, XML 1.1) è destinato ad avere un ruolo importante nella costruzione di quello che si conviene designare come web semantico, in altri termini “la rete dei contenuti".
Non ho la pretesa di aver definito il problema entro uno schema valido; credo soltanto di aver dato alcuni suggerimenti (magari con una buona dose di approssimazione), avanzando una serie di proposte (su cui rifletto da qualche tempo) che in futuro sarà bene sviluppare attraverso un gruppo di discussione e distribuire in un documento pubblico ufficiale. Intanto, mi è sembrato importante aprire la strada e spero di raccogliere via via altre idee, apporti nuovi, consensi e dissensi, recependo tutto in modo costruttivo.
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